giovedì 17 marzo 2016

Appendice e ripresa

29 giugno 2016

Le condizioni della mia vita hanno consentito un breve periodo di allontanamento dall'Eremo di Gaetano.

Dopo aver lasciato Il Nomade in cura nelle mani dei soliti medici della Franciacorta a partire dall'infausto rientro anticipato dalla Francia nella seconda metà del mese di agosto dell'anno avanti, ma soprattutto dopo averlo ripetutamente visitato dopo il mio rientro dal Burkina con l'idea di riportarmelo a casa, finalmente è giunto quel momento quando tutti gli specialisti si sono dichiarati soddisfatti del risultato ottenuto con le terapie praticate.

Mi sono quindi recato a P.F. lunedì scorso per sottoporre Il Nomade ad una pulizia straordinaria prima di dirigermi verso Pisogne con l'intento di visitare martedì The Floating Piers, Land Art di Christo e Janne-Claude in scadenza per il prossimo tre di luglio.

Avevo avuto dei suggerimenti da Cesare che, disponendo una casa sull'isola in mezzo al lago, aveva già sperimentato più di una volta il percorso.

Arrivato a Pisogne in orario quasi notturno mi sono presto deciso per un punto sosta di quelli predisposti per la manifestazione, ma molto diverso dagli altri: un po' defilato e tutto su prato io sono stato l'unico cliente a godere la pace del luogo.

Contrariamente a tutte le info diffuse circa le lunghe attese ed il Kaos persistente sul percorso allestito dall'artista, la mia è stata un'esperienza assai positiva.

Ho goduto a pieno l'opera sotto vari punti di vista, tanto da serbarne un ricordo indelebile, partendo abbastanza presto con il trenino della Valcamonica e raggiungendo Sulzano prima delle otto del mattino quando di gente sul percorso ce n'era già, ma assai ben distribuita nella mattinata ancora fresca.

Arrivato a Montisola l'istinto mi ha spinto fuori dal percorso aranciato: inerpicatomi sulle ripide stradelle che salgono dal lago sin verso una chiesa posta in posizione dominante, mi sono trovato in quota solitario ma attorniato da una natura affascinante che permetteva scorci continui sul lago e la lunga linea dal colore di un arancio maturo.

Preso dall'entusiasmo ho voluto fissarlo nelle molte immagini ritratte scambiando anche lungo il percorso qualche parola qua e là.

Ad un certo punto, quando ho visto che il mio da passo spinta stava divenendo un passo strascicato, ho capito che la mia carburazione stava entrando in sofferenza, anche a causa di quel solo che ho avuto costantemente addosso, per quanto la testa fosse riparata da un cappello.

Così ho riconquistato il trenino che verso le 16 mi ha depositato nello stesso punto nel quale era iniziata questa avventura.

Non domo, prima di raggiungere casa ho fatto spesa nell'unico grande supermarket della zona caricandomi di un peso superiore alle mie capacità del momento: ho stretto i denti creandomi la fantastica aspettativa mentale di una doccia con acqua a temperatura ambiente, quindi naturalmente calda.

Quando anche questo step è stato superato, dopo una breve pausa mi sono deciso a fare una di quelle cose che tante volte nella vita mi son detto di non voler ripetere: tornare a distanza di quasi quarantanni in quel di Montecampione, in realtà anche stimolato dalla possibilità di trascorrere una notte al fresco dei suoi 1.200 m.s.l.m..

Quando si è trattato di affrontare la salita non ricordavo i 14 tornanti e la pendenza media che mi è sembrata sostenuta, per quanto fosse palpabile la sensazione di fresco che ad ogni curva riusciva ad entrare dai finestrini aperti contemporaneamente percepivo anche una fastidiosa sensazione di caldo della quale non riuscivo a comprenderne il perché.

Ad un certo punto ho cominciato a vedere fumo entrare in cabina, ma il comandante ha mantenuto la barra al centro sino all'arrivo in un'area non più per me tanto riconoscibile, l'area dove per anni ho avuto casa.

Per quanto la temperatura dell'acqua non desse alcun segnale di preoccupazione, la mia attenzione si era incentrata sul fatto che potesse essersi rotto qualche tubicino dal quale probabilmente stava fuoriuscendo del liquido che, a contatto con l'immenso calore sviluppato dalla turbina, avrebbe potuto arrostire o farne colare altri generando un tilt generale. E' stato allora che ho dovuto sostare e precipitarmi ad aprire il vano motore dal quale si è propagato all'esterno un fumo chiaro ma dall'odore indecifrabile.

Intanto cercavo di identificare il punto di innesco di questa amabile situazione, ma l'unica cosa che sono riuscito a capire è che l'olio nel motore c'era, quello del liquido dell'idroguida pure, l'altro liquido da controllare non era a mia portata e quindi ho deciso di attendere.

Erano passate abbondantemente le otto di sera quando le braci hanno smesso di generare fumo ed io ho deciso che non sarebbe stato saggio proseguire il viaggio in quelle condizioni.

Mi sono fatto coraggio mentre i ricordi dei vari episodi di guida ad alto rischio vissuti in centro America si affacciavano alla mia mente. Se sono stato in grado di domare la bestia soffrendo i percorsi montuosi del Guatemala dove mi ero trovato senza freni su discese ardite, mi sono detto, saprò scendere a valle con tutte le precauzioni del caso.

Lungo la discesa ben presto ho sentito il pedale del freno andare a fondo sotto la pressione del mio piede senza riuscire a rallentare Il Nomade. Allora tutta l'esperienza accumulata anni fa mi è venuta in soccorso, così come l'assenza di traffico; arrivato in valle con la decisione presa di tornare indietro sino all'officina di Cesare, mi sono acquartierato in un posto notato il primo giorno e valido per una notte.

Quindi stamane mi sono precipitato verso Rovato potendo constatare che la situazione dei freni era tornata nella norma.

In officina Il Nomade è stato subito messo su una buca e un giovane ha iniziato ad operare sotto la guida di Cesare il quale era incredulo al mio racconto e smanioso di capire.

Ben presto è risultato che il fumo è dipeso dalla fusione di parte del coinbentante presente all'interno del vano motore: ma perché è successo ciò?

Esaminando l'ultimo lavoro eseguito in officina è però emerso una piccola perdita da un tubo che lavora ad alta pressione e, secondariamente, che le pastiglie dei freni erano quasi oltre alla frutta!

Allora posso dirmi fortunato, ho pensato: partiti dal problema A si è capito che ne esiste un altro B e pure uno C.

Certo che Il Nomade non riesce mai a riprendersi del tutto: l'anno scorso aveva tenuto per circa dieci giorni, ora solo ventiquattro ore!

Il consulto ha portato a questa decisione: circa il tubo, visto che non sarà facile trovarlo - potrebbe essere il pezzo sul quale si inserisce bisognoso di una rettifica da far effettuare da uno specialista esterno – l'intervento abbisogna di tempo. Quindi Il Nomade è stato messo in condizione di proseguire purché il giorno cinque di luglio torni in clinica!

Ho subito provveduto alla prenotazione di un treno in modo che anche questa volta Lui non tornerà a casa: vorrà dire qualcosa questo patimento continuo?

Quindi sono tornato a Pisogne ancora indeciso se tornare domani sul magico percorso aranciato, ma deciso a cercare di sostare nel parcheggio del supermarket utilizzato ieri.

Dopo essermi infilato in uno spazio ho notato l'indicazione che per questi giorni è consentita una sosta per un massimo di due ore; nell'abbandonare la posizione, a causa di una manovra effettuata molto, ma molto sullo stretto, una ruota posteriore è entrata in contatto con un cordolo ed io immediatamente ho capito che l'aria era defluita.

Attraversata la strada ho controllato: ruota completamente a terra e pizzicata in maniera tale da renderla inutilizzabile.

Ho provato con il mini compressore di bordo a rianimarla di quel tanto indispensabile per raggiungere un gommista: niente da fare.

Allora ho cercato un gommista che si è presentato sulla scena del fattaccio in quindici minuti; sono subito emerse delle difficoltà che un po' alla volta sono state superate.

Resta il fatto che le ultime 24 ore de Il Nomade sono risultate avventurose come in altri tempi, ma questa volta le avventure sono state generate da aspetti diversi che lasciano l'amaro in bocca come “sapore di mare”ed un senso diffuso di inaffidabilità proprio quando, secondo Cesare, con l'intervento alla scatola guida dello sterzo sembravano esauriti gli organi di questo veicolo che nel tempo si sono stressati.

Mi sono allora deciso ad effettuare una incursione alle spalle del lungo lago, dove mi è sembrata più palpabile la storia di questa località e di chi l'ha abitata negli ultimi secoli attraverso le strette strade ed i palazzi nobiliari.

Mentre rientravo ho notato un gruppo di germani starnazzare ammucchiati l'uno sull'altro sul telo di copertura di una barca: da vicino ho visto che una era la vittima e gli altri a turno, becchettandola sul collo, la stavano coprendo ignorando le grida della malcapitata.

Questa è la Natura:poi tutto è finito all'improvviso con uno sbattimento d'ali sia degli stupratori che della giovane, probabilmente alla prima esperienza del genere.

Quindi ognuno ha preso una strada diversa.

Ora sono in sosta in un posto prestigioso sul fronte lago del quale sto subendo l'altra faccia della medaglia: rumori, musica violenta, vicinanza troppo prossima con altri simili.

Domani sul presto non vedo l'ora di involarmi verso le incisioni rupestri camune patrimonio dell'Unesco che non dovrebbero deludermi; poi salirò sino a Ponte di legno evitando di scalare il Gavia in modo da mantenere vivo il ricordo preistorico del 1973.

Mi dirigerò con calma sul Tonale, terrò sotto controllo il vano motore, scollinerò nelle vali trentine prima di raggiungere la tappa di Arco: poi si vedrà.

30 giugno 2016

Mentre mi stavo mettendo in movimento ho sentito arrivare in stazione il trenino delle 6.30 e mentre mi apprestavo a lasciare il lago ho sentito il passaggio a livello aprirsi dopo il passaggio del trenino delle 7.04.

Ho iniziato l'itinerario fiducioso di trovare su strada i segnali dei parchi dedicati alle incisioni rupestri e quando ne ho notato uno mi sono messo nella direzione di Paspardo, piccola località sita all'interno del parco dell'Adamello. Avrei dovuto immaginare che la salita sarebbe stata ripida, ma non è stato poi questo particolare a crearmi dei problemi quanto l'attraversamento dei paesini perché lì la strada, oltre a diventare particolarmente tortuosa, era anche più stretta che altrove.

Giunto con fatica al luogo dei pascoli grami ho individuato all'ultimo momento una indicazione “campo sportivo e area camper” che ha comportato una istintuale svolta sulla dx che mi ha fatto entrare in un budello discendente che avrei preferito evitare.

Sotto finalmente il piano ed Il Nomade l'unico presente sul bel piazzale attrezzato.

Dopo un primo approccio con le incisioni non troppo visibili risalenti al IV/III secolo a.c., sono rimasto affascinato dal contesto indicato come itinerario dell'albero del pane, laddove l'albero è il castagno che i legionari Romani pensarono bene di piantare ovunque sui loro itinerari proprio con l'intento di sfamare le truppe in transito.

Da un dialogo spontaneo avvenuto con un locale + o – della mia età ho appreso di un altro sito, il più importante della zona, e quindi mi sono incamminato nella nuova direzione effettuando una camminata assai piacevole ma con dei tratti un po' fastidiosi per le mie ginocchia.

Ad un certo punto ho intercettato un capitello con un mosaico di una Madonna con bambino di buona fattura; lì a fianco ho trovato una didascalia inerente alle incisioni che stavo rincorrendo.

Peccato che essendo scolpite su una parete verticale non raggiungibile siano praticamente invisibili all'occhio dell'appassionato!

Ho continuato a camminare ancora per un po' per la bellezza del luogo, ma verso mezzogiorno è stato inevitabile invertire la marcia.

Mentre raggiungevo casa ho fatto delle rapide valutazioni sulla possibilità di riuscita dell'operazione di risalita sino al paese da parte de Il Nomade e ho pensato che se non ci sarà qualche imbecille che parcheggia sul percorso dotato di divieto di parcheggio a vita su entrambi i lati tutto sommato....anche se arrivati in cima c'è poi il problema di girare a dx o a sx infilandosi sulla stretta strada delimitata dalle case.

Ero assetato, non avevo stimoli di fame e mi sentivo in carenza di sonno; pertanto ho soddisfatto nell'ordine i bisogni primari.

Dopo un'oretta, pensando che l'imbecille dell'auto avesse tolto l'intralcio, ho effettuato il controllo del livello olio idroguida aggiungendone prima di dare motore.

Mi ero già reso conto che il freno di stazionamento era poco efficace nelle soste in salita, ma nel giro di qualche minuto ho rischiato grosso.

Dopo aver ben dosato il numero dei giri motore mantenendo il primo rapporto inserito sono arrivato in cima al budello e, ancora indeciso se svoltare a dx o sx a seconda del livello di difficoltà che avrei incontrato, ho dovuto frenare prima di immettermi.

Quando ho capito che il freno a mano non mi avrebbe aiutato ho provato l'impossibile: accelerare e contemporaneamente lasciare il pedale del freno.

Il Nomade è partito ma ha cominciato a slittare all'indietro: NO PANIC, ho pensato, ma devo fermare in fretta la massa di oltre 40 q.li prima di toccare dentro da qualche parte.

Intanto il Nomade ha iniziato a retrocedere e il freno a mano tirato all'inverosimile non è bastato; la pressione esagerata del piede sul pedale è giunta a dare un aiuto, ma intanto i muscoli della gamba hanno iniziato a fibrillare.

Un ragazzo è sbucato al mio fianco affermando che lui evita accuratamente di far parcheggiare lì i camper; allora, ho aggiunto io, bisogna dirlo all'amico architetto e sindaco del posto di togliere quel cartello trappola.

Mi ha guardato lasciandomi intendere la considerazione che porta verso il professionista Sindaco pro tempore.

Ho chiesto se avessi ancora luce dietro di me ma il giovane mi ha informato che ero a contatto con la staccionata e di resistere mantenendo fermo il veicolo: lui sarebbe andato a cercare un amico dotato di pick up per tirarmi fuori dall'impaccio.

Mentre si stava allontanando sulla strada transitava un trattore che il ragazzo ha fermato al volo; il conducente ha subito fatto retromarcia per posizionarsi alla manovra mentre il ragazzo provvedeva all'aggancio con una corda.

Ora è il momento: sono stato invitato a girare tutto a dx le ruote e subito dopo che la corda è andata in tensione ho iniziato ad accelerare mollando i freni. Il Nomade ha compiuti alcuni sobbalzi e slittamenti rilasciando odore di frizione bruciacchiata ma in poco tempo non ha più avuto bisogno di essere aiutato.

Ho ringraziato ancora sia il ragazzo che il conducente del trattore; non mi sembrava vero che tutto si fosse risolto tanto rapidamente e nel migliore dei modi.

Quindi ho iniziato a scendere a velocità controllata riducendo al minimo il rischio freni che si era presentato durante la discesa da Montecampione; il pensiero del Tonale mi è passato per la mente ma l'ho subito lasciato andare al domani.

Per oggi direi che può bastare; ancora un sito rupestre e poi stop a Edolo.

Arrivato in vicinanza dell'importante sito a Capo di Ponte ho avuto il buon senso di fermarmi quando ho visto un camper ben più corto de Il Nomade parcheggiato; ho chiesto info e mi è stato confermato che avrei dovuto fermarmi lì.

Dopo la manovra ho dialogato a lungo con la coppia torinese prima di sospendere la conversazione per temporale sopravvenuto. A seguire li ho lasciati lì e ho raggiunto Edolo, paesino nel quale non ho memoria di essermi mai soffermato - è popolato da circa 4.500 anime, chissà se fra loro ci sarà anche un commilitone conosciuto come Angelo del Fango nel 1966 a Firenze - mentre Ponte di Legno, che erroneamente consideravo molto di più, ne conta solo 1.300 o giù di lì ed è posto ad una quota superiore a 1.200 m.s.l.m. tale per cui con la burrasca in corso meglio sostare a quote più basse ed avere tutta la giornata di domani per affrontare una tappa di 140 km. Fatta di salite, discese, ancora salite e altre discese.

04.07.2016

Dopo essere arrivato ad Arco ho proseguito per Rovereto dove Bambini nel Deserto Cinema du Desert aveva programmato una serata propedeutica alla prossima partenza del 4x4 Magirus: destinazione Mali e Burkina Faso.

Ho così potuto conoscere tutti gli artefici delle spedizioni effettuate a bordo del camion e anche ho riconosciuto un artista di strada che aveva intrattenuto i partecipanti per aver partecipato quattro anni fa a Andersen Festival!

Ma soprattutto ho potuto dialogare a lungo con Luca, presente nella circostanza: ci sono tante cose che bollono in pentola, ma nessuna è ancora al punto giusto di cottura,

Circa la mia ipotesi di partenza per il Senegal ai primi di settembre, il dubbio se utilizzare LRD oppure no sembrerebbe sciolto: le auto con più di dieci anni di vita non sono ammesse in quel paese!

Verso fine luglio Luca saprà meglio precisarmi.

La mattina successiva mi sono spostato a Castelnuovo Valsugana: appena arrivato, dopo aver parcheggiato ho tirato il freno a mano, solo che mi è rimasto in mano la leva senza che il freno si attivasse.

Altra piccola grana creatasi per lo sfilamento di un perno, presto rientrata: la sensazione però è quella di essere sotto assedio!

Stamane, prima di lasciare Arco, ho effettuato un piccolo tour a Riva del Garda che ho trovato in splendida forma; nel pomeriggio inoltrato via per il lago di Ledro e poi quello di Idro dove ora sono in sosta per la notte.

Domani completamento anticipato del giro con consegna de Il Nomade all'officina/ospedale che già tanti interventi ha effettuato sul mai domo “anziano” senza mai sino ad ora riuscire a dire la parola definitiva: fine!







Sono rimasto sorpreso dall'inatteso numero di persone che hanno voluto venire a darmi un saluto esprimendo parole di apprezzamento su di me: il loro è stato un ringraziamento a Dio per avermi fatto arrivare in Burkina donando loro la possibilità di conoscermi.




Praticamente un Messia, anche se io preferisco definirmi “missionario laico”.




Nel momento in cui è arrivata l'ora di chiudere definitivamente il bagaglio e di farmi una doccia, la società dell'acqua potabile ha interrotto il servizio di erogazione lasciandomi nel sudore dell'ultimo giorno.
E così sono stato accompagnato all'aeroporto “bagnato”esattamente come ero arrivato cinque mesi prima quando, sceso dall'aereo, fui investito da un caldo umido insopportabile.




Il volo è decollato in orario e ha effettuato un primo scalo a Niamey-Niger dove sono scesi in molti e saliti in pochi: questo mi ha spinto ad abbandonare il posto assegnato fra altri due passeggeri e a conquistare una fila da tre libera tutta per me!




Quando era già passata da un po' l'una di notte e mi ero sdraito l'olfatto mi ha detto che era in corso la distribuzione della cena: è stata una sorpresa che ho accolto con favore in quanto Turkish non a caso è classificata in eccellenza per i servizi offerti ai clienti, inclusa la qualità del cibo.




La cosa che mi è difficile comprendere è come mai ho dovuto percorrere il doppio della distanza per arrivare a casa (anche se al miglior prezzo di mercato per quella tratta).




Infatti il velivolo ha iniziato il volo salendo diretto, ma in pieno Sahara ha virato a destra e dopo aver sorvolato Tripoli-Libia è passato sopra Malta prima di indirizzarsi sulla Grecia e quindi a Istambul.







Dopo alcune ore il volo successivo ha nuovamente sorvolato la Grecia e tagliato l'Adriatico in modo da entrare in Italia fra Ravenna e Venezia; quindi ha sorvolato l'autostrada iniziando la discesa verso Malpensa poco dopo Brescia.




Ciò mi ha consentito di sorvolare il centro storico di Milano a circa 2000 m. di quota, quanto è bastato per farmi ammirare il Duomo e tutto il resto come se fossi stato su un elicottero.




Nell'ultima tratta di volo mi sono trovato a fianco una giovane ed attraente dagli occhi azzurri ed i capelli chiari; 





non ho saputo resistere alla tentazione e ho chiesto il permesso di ritrarla in una foto.
Con sorpresa mi ha risposto: SI!




Grazie Cate, era da tempo che sognavo un'occasione simile: infatti di sogno si è trattato, un sogno ad occhi aperti vissuto mentre ciondolavo nel corridoio sul quale affacciano i negozi che vendono grandi firme negli aeroporti di tutto il mondo dove sono incappato nella soave immagine che qui ho voluto riportare.


lunedì 14 marzo 2016

Sono ancora qui, ma al tempo stesso non sono più qui.

Domenica 13.03.2016
La giornata si è presentata con le stesse modalità della precedente: verso le 4 rumore di pioggia, giro di ispezione alla casa già invasa dalle acque, chiusura di finestre, sistemazione grossolana delle parti più bagnate, rientro nel “sudario” ora ancora più “sudario” a finestra chiusa.
Ma l'epicentro della giornata è stato il pranzo consumato con altre cinque perone nella accogliente abitazione del Direttore della Cooperazione Italiana che ha sede a Ouaga e competenza territoriale anche in Niger: ottimo aperitivo accompagnato da stuzzichini homemade, quindi fusilli all'ortolana seguiti da un arrosto accompagnato da tre contorni: melanzane al forno con capperi, pomodori gratinati e patate. A seguire due strudel prodotti da una pasticceria austriaca, liquori e caffè: il tutto in un ambiente climatizzato in grado di rigenerare chiunque, me incluso.
Questo è un altro modo di vivere in Burkina Faso!
Mentre si svolgevano conversazioni incrociate è giunta la notizia dell'attacco in Costa d'Avorio: questo argomento ha polarizzato l'attenzione di tutti e così è emerso che era nell'aria un attacco, ma si ipotizzava in Senegal.
Interpellato via sms il nostro Ambasciatore residente ad Abidjan questi non aveva ancora informazioni dettagliate in merito all'accaduto; essendo che fra di noi erano presenti anche altre personalità del M.A.E. il commento è stato quello che già sappiamo tutti oramai: non c'è paese al mondo che possa ritenersi immune da attacchi e non esiste “intelligence” al mondo in grado di prevenirli.
Il fatto che io domani lasci questo scenario non sta a significare che mi metto “in salvo”: solo per il fatto che transito da Istambul che ormai è considerata zona rossa o per il fatto che sbarcherò a Milano che sicuramente sarà nel mirino dei folli in salvo non si è mai in nessun luogo.




Lunedì 14.03.2016
Come ogni nonno che lascia i nipoti senza sapere se li potrà mai più rivedere, prima di allontanarmi da Garage Italia ho voluto donare a tutti i ragazzi qualche cosa di mio e, come saluto finale, ho organizzato per loro una festa “gateau”.





Erano presenti tutti oltre a Bea e Haoua, l'esuberante, cortese ed elegante quarantatreenne dama fornitrice del catering.




Il dolce al mio palato non è risultato degno di particolare apprezzamento, ma l'addobbo del tavolo e la bevanda a base di Bissap invece sì.






Ci hanno pensato i due disperati provenienti da Bras Ouvert a far diventare del color rosso sangue la candida tovaglia ricamata con motivi tradizionali, ma anche questo doveva comunque succedere.




I ragazzi hanno gradito ed hanno spazzolato anche le porzioni in più; queste erano state opportunamente tagliate onde evitare il solito ritornello che ho fatto di tutto nei mesi scorsi per modificare: dividere equamente è meglio che ottenere con la sopraffazione!










Ma tradizioni, cultura e....fame sono argomenti che da soli o messi insieme spesso inducono a comportamenti istintuali assai radicati nella testa di chiunque viva situazioni basiche o al di sotto del basico.





Parole, Parole, Parole....recitava una bella canzone cantata da Mina in qualche vita precedente; e in parte tali resteranno anche quelle mie ampiamente diffuse sulla lunghezza d'onda di Radio Garage Italia....








Ala fine il giro delle foto ricordo e grandi sorrisi da parte di tutti, incluso Wilfred che del sorriso spero impari a farne buon uso essendo praticamente l'unica freccia presente nella sua scarna faretra.







Anche questa esperienza doveva finire per poter cominciare a pensarne un'altra; manterrò in me sensazioni, profumi, visioni, la bellezza che ho trovato anche qui come in ogni posto che ho avuto il privilegio di conoscere, l'accoglienza e l'ospitalità, i bambini gioiosi di una mia piccola attenzione, l'essere chiamato per strada solo per essere salutato, ma soprattutto manterrò il ricordo della difficile esistenza quotidiana che la maggior parte di questa gente ha davanti a se dal momento in cui emette il primo respiro.
Quindi finisco qui sperando di ritrovarci alla prossima se una prossima ci sarà.






domenica 13 marzo 2016

I giovani Geki di marzo



Sabato, 12.03.2016
Ritengo che le condizioni climatiche attuali siano apprezzate in particolare dai Geki: ne ho visti sempre girare un tot per la casa, ma da qulche giorno sono nati i piccini.
Ora c'è una nuova generazione di geki alla ricerca della propria dimensione di vita all'interno della casa: tanti auguri piccoletti, cercate di farcela.




Ma oltre ad essere aumentate le temperature massime, anche le minime della notte oramai non scendono sotto i 24°, anzi sono quotidianamente in ascesa sino al momento in cui non ci sarà differenza fra notte e giorno: hai voglia a far viaggiare le pale a soffitto e quella a torre, la camera resta un forno comunque ed il letto diventa un “sudario”.
Alle 4.30 ho percepito il rumore della pioggia rumoreggiare sul tetto in lamiera dell'hangar; dopo un primo attimo di indecisione mi son dovuto alzare per chiudere tutte le finestre maggiormente esposte onde evitare i soliti allagamenti che normalmente avvengono nella stagione delle piogge anche a finestre chiuse (sono metalliche e non hanno una buona tenuta).




Ad un certo punto l'intensità del rumore era tale da pensare di essere già a giugno quando è normale il verificarsi di precipitazioni abbondanti: tutto questo per dire che il tasso di umidità è salito alle stelle: alta temperatura + alto tasso di umidità = morte sicura per anziano uomo bianco!
Forza e coraggio, oramai mancano poche ore all'imbarco e ce la devo fare.
Certo non mi aspettavo che l'atto finale della mia recita a soggetto, unico bianco attorniato esclusivamente da neri, potesse diventare tanto sofferta.




Ho un amico conosciuto durante la frequentazione del 43° corso Allievi Ufficiali di Complemento nell'anno 1965 che, a fronte di qualche prestazione umana straordinaria/stoica, a distanza di oltre 55 anni da allora usa ancora oggi dire: gente del 43°A.U.C.!
Come dire: gente speciale, uomini tutti d'un pezzo sempre pronti ad impegnarsi in una azione destinata a diventare un'impresa.




Per chi come me è rimasto intriso di storie della prima guerra mondiale ascoltate dalla voce del nonno materno, è stato normale nel tempo pensare alle maggiori capacità di sacrificio delle quali erano dotati quelli di una o due generazioni precedenti la mia.
Ma sul tema espresso dal vecchio commilitone non gli avevo mai dato troppo seguito, salvo scherzarci sopra: forse forse però che qualche cosa di vero ci deve essere in quella affermazione!







sabato 12 marzo 2016

Miraggi ed illusioni finali





Venerdì, 11.03.2016
Ho atteso sino all'ultimo prima di scrivere questa storia; in parte è una storia già vissuta in questa zona di Africa universalmente conosciuta come Africa Nord Occidentale, ma in parte è inedita.




Se dal Senegal si vuol raggiungere Burkina Faso, o viceversa, la strada più semplice è quella che attraversa il Mali, esattamente quella stessa strada percorsa dai sei intrepidi motociclisti italiani che hanno raggiunto Garage Italia alla fine di gennaio.




Durante i primi giorni di febbraio ho avuto l'opportunità di partecipare ad un incontro al quale era stata convocata la O.N.G. Bambini nel Deserto presso la sede O.I.M. = Organisation Internationale pour les migrations/I.O.M. = International Organization for Migration.
L'ufficio, come tutti quelli dei grandi organismi internazionali che non hanno problemi di budget, è sito nel prestigioso nuovo quartiere di Ouaga 2000, un'area dove trovano ospitalità le più prestigiose ambasciate, a partire da quella degli U.S.A., così come le ville-fortino dei ricchi desiderosi di vivere all'occidentale: vi è anche un centro commerciale non troppo frequentato dove il super market “Marina Market” propone una vasta serie di prodotti alimentari di qualità a prezzi + o – europei.




Dentro a quell'ufficio ero subito rimasto affascinato dai tendaggi riproducenti - con gusto leggero - scene africane realizzate in batik: non avevo saputo resistere ed avevo preso una foto pensando di poter rintracciare quel tessuto al Grand Marché.
Quando ho iniziato la mia indagine ne è emerso che quel tessuto doveva essere stato commissionato su richiesta; al mercato ho visto diverso materiale assimilabile ma non uno fra i drappi sciolti davanti ai miei occhi era paragonabile per la grazia dei disegni e la tonalità dei colori a quello che avevo fotografato.




Poi è scoppiato il gran caldo e tanti movimenti da me previsti sono decaduti onde salvaguardare prima di tutto la mia salute: è diventato impossibile esporre le mie membra al caldo delle “ore centrali” che quotidianamente fanno della zona di Ouaga un gran forno plain ciel, e non solo quelle.




Nei giorni in cui ho avuto l'ospite questi mi aveva presentato un burkinabé nativo di Bobo, un artista che aveva trascorso del tempo in Belgio dove aveva avuto una moglie con la quale aveva avuto una figlia; terminata la storia d'amore era rientrato in Burkina trattenendosi a Ouaga e cercando in qualche modo di arrangiarsi a sbarcare il lunario.




Oggi ha 48 anni assai ben portati, ha contribuito a mettere al mondo costì un'altra figlia, il lunario lo sbarca così male da dormire a casa di un grand frére; l'ospite lo aveva avuto come assistente per circa un mese nei lavori svolti localmente e me lo aveva presentato come persona degna di fiducia, tanto è vero che nei colloqui intrattenuti avevo incanalato le mie domande per capire se avrei potuto prenderlo in esame per un lavoro di guardiania.
Durante uno dei colloqui avvenuti è emerso che la sua arte si esprime anche attraverso la realizzazione di opere utilizzando la tecnica batik.




Da lì a fargli vedere l'immagine fotografica della tenda è stato un attimo: Désiré è il suo nome ed ha bisogno di lavorare, mi sono detto, perché non metterlo alla prova?
Egli ha voluto disporre dell'immagine fotografica per propormi qualche cosa di simile: ok., fatto!
Poi, come è consuetudine qui, mi ha chiesto soldi per acquistare il tessuto, il colore e l'acido: ok., accordato.
Poi mi ha detto che sarebbe stato in grado di farmi vedere il lavoro iniziato dopo qualche giorno e tal proposito mi ha fissato un appuntamento in un punto della città.
Quando sono arrivato mi è venuto da guardare il portatile: lì ho trovato un sms di Désiré che, scusandosi adducendo motivazioni varie, mi informava circa il ritardo di un giorno per eeguire la presentazione: ok., ti fai vivo tu? Si!




Dopo qualche altro giorno si è presentato per sottopormi le tonalità dei colori e solo in questa occasione ha tirato fuori un preventivo scritto.
Ho subito effettuato una semplice divisione per capire il prezzo al mq. del suo lavoro: ho notato e ho contestato che se il suo prezzo a mq. risulta “x” non è possibile che un pezzo da nemmeno 2 mq. costi tanto di più di quanto ottenuto moltiplicando “x” per la dimensione dichiarata: concetto di difficile comprensione per l'artista per cui ho concluso informandolo che per ora avrebbe potuto terminare ciò che aveva iniziato e solo dopo averne valutato la qualità avrei potuto decidere per affidargli altro lavoro.
Circa i prezzi ballerini ne avremmo riparlato con le opere realizzate a vista onde valutare nel migliore dei modi per entrambi.




Forse questo discorso tanto democratico quanto possibilista nei suoi confronti, dopo aver affermato che sarebbe passato domenica pomeriggio con il lavoro finito, lo ha invece convinto a rendersi irreperibile: MISSING.
Da martedì ho cominciato a cercarlo ripetutamente, ma il suo portatile risulta occupato, o irraggiungibile. Quando dal segnale ti aspetti una risposta essa non è mai avvenuta.
Ho provato anche con sms, ma evidentemente oramai il sipario è calato su questa rappresentazione.




Per carità, in 150 gg. trascorsi in terra d'Africa ho vissuto anche episodi di tutt'altra valenza; comunque una piccola fregatura prima o poi può sempre capitare.
Mi fa riflettere che tutto questo che ho raccontato è avvenuto dopo che avevo già pesato il sistema di valutazione delle persone uso essere messo in atto dal mio ospite, e lo avevo considerato scadente!
Désiré poi è un “artista” originario di Bobo, zona nota per riti animisti e maschere; infatti la sua faccia ha tutte le caratteristiche di un maschera tanto è impassibile e priva di espressione.




Perché ho iniziato citando il Senegal?
Perché i miei più fedeli lettori ricorderanno l'episodio della panca.
Anche in quell'occasione avevo accettato la presentazione di un artigiano da parte di un furbo senegalese che mi chiamava mon papa e che io capivo come fosse alla ricerca di un po' di sangue da succhiarmi.
Entrambi gli episodi sono avvenuti a ridosso con la mia definitiva partenza, quando di tempo ormai ne rimane poco a disposizione e forse è più facile rimanere abbagliato in un miraggio che poi è una grande illusione: anche questo vorrà dire qualche cosa.
Insomma, sembra che la mia infatuazione per l'Africa mi tolga lucidità, quella lucidità che non mi ha mai abbandonato in tutte le altre parti del mondo dove ho vissuto qualche frammento recente della mia esistenza: pas de problem, c'est la vie, Gaetanon!