16 agosto 2013 – Dopo
circa quattro giorni di preparativi svolti senza limiti di tempo è
giunto l'attimo: non è stato semplice liquidare in così poco tempo
l'interpretazione del ruolo da cittadino di un piccolo borgo marinaro
per calarsi in quella da cittadino del mondo, interpretazione
interrotta contro voglia 135 giorni prima!
Si è trattato di
giornate trascorse più o meno staticamente, intramezzate dalle
visite nella zona della Franciacorta dove il Nomade ha trascorso un
periodo della sua vita assai complicato.
Non c'è stato nemmeno
uno fra i tanti passaggi operativi che non abbia riservato qualche
sorpresa: la cronistoria dettaglia che ho dovuto registrare è stata
un vero thrilling!
Si sono alternati momenti
di sconforto (di più) ad altri di euforia (di meno), a seconda delle
notizie che mi raggiungevano da parte dei vari primari dei reparti
degli ospedali che lo hanno curato: alla fine si è trattato di
saldare dei conti di una certa importanza, per quanto da tutti i
primari mitigati per il senso di rispetto che il suo andare per il
mondo insieme a Bambini nel Deserto riesce a destare negli animi
delle persone di buona volontà.
E' stato così che lunedì
12 l'ho raggiunto in una officina ormai chiusa per ferie dove il
titolare si è voluto dedicare in prima persona a tutte quegli
interventi relativi all'impianto elettrico che avevo riscontrato come
necessari dopo le ultime traversie costellate di esecuzioni parziali
da parte di chi forse non poteva fare di più a causa della mancata
conoscenza sia del veicolo che dei suoi impianti.
Dopo aver lasciato la
Franciacorta il Nomade si è recato a Modena dove, nella sede di
Bambini nel Deserto, ha caricato nel vano garage indumenti e scarpe
per i bimbi del Kurdistan; quindi, a mezzanotte, ha scaricato ogni
cosa a Sestri per poter essere riallestito con criterio nei giorni
successivi.
Lasciato a terra la
maggior parte dei ricambi meccanici in dotazione e sistemati su
cerchio alcuni pneumatici addizionali, giorno dopo giorno è stato
via via organizzato per affrontare le destinazioni dove effettuare
le consegne.
Quando alle 15 odierne
tutto era ormai accettabilmente in ordine per dare motore, l'occhio
mi è caduto sul display dei pannelli fotovoltaici: un numero
lampeggiante in costante decrescita stava indicando la carica ridotta
delle batterie di servizio!
Come ci si arrugginisce
in fretta: avrei dovuto evitare di tenere il frigorifero in funzione
in questi giorni di sosta, ma tant'è che tutta l'esperienza
acquisita non è stata messa a frutto dalla mia mente che, tesa a
cercare di partire il prima possibile, ha ignorato la questione: mi
rimane solo da augurarmi che non sia intervenuto qualche fatto
dannoso e nuovo.
Con questo tarlo per la
mente ho comunque deciso: partenza e direzione di marcia così come
stabilito, con la possibilità, una volta raggiunta Parma, di
cambiare itinerario nel caso la situazione non avesse dato segni di
positiva evoluzione.
Già a Borgo Val di Taro
dal 30% iniziale il valore lampeggiante era salito al 35%, quindi la
ricarica fornita dai pannelli in base ai raggi di sole catturati e
dal motore stava funzionando, anche se i valori restavano ancora
critici tanto da continuare a lampeggiare.
A Ferrara il luogo
deputato ad ospitare il Nomade per la notte si è però rivelato
dotato di colonnine per la connessione all'energia elettrica e la mia
decisione in tal senso è stata immediata.
Ho dovuto lavorare più
del previsto per riattivare il cavo “europeo” dopo tanto utilizzo
di quello “americano” in quanto il primo era rimasto inattivo con
una spina montata non adatta alla colonnina qui presente.
Altro problema: la
fornitura avviene solo introducendo monete da 50 centesimi o da 1 €
ed io ho poche possibilità nel mio portamonete! Data l'ora che si è
fatta ormai sono poco invogliato a raggiungere qualche esercizio in
centro dove poter cambiare, così ho provveduto ad infilare nella
fessura il mio eurino che avrebbe garantito una erogazione di energia
per quattro ore, ma subito si è accesa una luce rossa a segnalare il
funzionamento anomalo della connessione.
Temendo di non aver
collegato i fili correttamente nella presa ho lavorato ancora
cercando di venirne a capo, salvo decidere di chiedere poi l'ausilio
di una persona che aveva già effettuato il collegamento poco lontano
da me.
Niente da fare, ogni
volta che il mio cavo ha cercato la connessione l'impianto è andato
in tilt: anche il soccorritore non riusciva a capacitarsene sino a
che non ho osservato il retro della colonnina: ho così visto che
ogni presa era dotata di interruttore da riarmare in caso di avaria!
Detto fatto, ma solo dopo
plurimi tentativi l'operazione è andata a buon fine: finalmente la
carica è divenuta potente e costante sul filo dei 14 V e il display
ha smesso di lampeggiare al raggiungimento del valore pari al 45% di
carica.
Consumata una frugale
cena non mi è rimasto altro da fare che cominciare a sistemare un
po' di cose ancora rimaste in giro volanti prima di dedicarmi al
riposo notturno, quest'ultimo preceduto dalla conferma che qui vi è
la possibilità di connessione WiFi a patto di seguire una certa
procedura a me ignota e molto originale: grande città questa
Ferrara!
Sabato 17 agosto 2013 –
Mi sono risvegliato con l'idea di muovermi presto da qui, ma subito
dopo ho riflettuto sul fatto che mi stavo trovando in un giorno
feriale nell'ultima città italiana dove poter effettuare un acquisto
utile al viaggio prima di passare il confine con l'Austria attraverso
Tarvisio.
Allora via per il centro
“pedibus calcantibus”: avevo ricordi molto buoni della città, ed
anche la breve escursione odierna li ha riconfermati.
Prima di lasciare casa ho
potuto chiedere ad altri camperisti (intenti ad osservare il Nomade)
il cambio di miei spicciolini con una loro moneta da 50 centesimi,
tanto per rinforzare la carica delle batterie con altre due ore di
energia elettrica: loro intanto mi stavano sottoponendo ad una serie
di domande alle quali le mie risposte destavano stupore e meraviglia.
Dopo, mentre mi stavo
muovendo lungo stradine silenziose e vuote, ombreggiate e dotate
spesso di portici, mi è capitato di ascoltare un simpatico scambio
di battute fra due locali alla fine delle quali mi sono rivolto loro
chiedendo informazioni circa la possibilità di trovare una libreria
aperta da qualche parte.
Con dovizia di
particolari mi sono state fornite le coordinate utili a raggiungere
le due librerie più importanti in città, nel caso una potesse
essere chiusa per ferie:qui, oltre alla cortesia, si percepisce nella
gente il piacere dell'incontro.
Nella prima visitata mi
sono soffermato anche in altri reparti oltre a quello dotato di ciò
che andavo cercando: avrei potuto rientrare a casa e muovermi, ma
perché non rimettere il naso più in centro ed annusare quel sapore
della vita che solo le città di questa regione che si muovono in
bici possiedono, contornato dal colore caldo del materiale da
costruzione utilizzato per secoli, il mattone rosso.
Il mio itinerario odierno
avrebbe potuto condurmi sino a Villach o a Klagenfurt, ma essendomela
presa comoda certamente la fermata per sosta notturna avverrà prima.
Me la sono presa comoda
anche perché ho da tempo preso un impegno con me stesso che prevede
un appuntamento lungo la strada, appuntamento possibile solo in certi
orari.
Erano anni che non
mettevo piede nell'area geografica che considero come quella
originaria della mia famiglia da parte di padre; questa volta, prima
di allontanarmi dall'Italia, ho sentito il desiderio di recarmi dove
si perdono nel tempo le tracce del mio spirito.
La visita nel luogo dove
sul marmo sono apposti i nomi dei miei familiari che hanno da tempo
conclusa la loro esperienza più o meno lunga di vita vissuta, per
alcuni di loro indicanti esclusivamente l'anno in cui sono andati
via, per me è stata importante non tanto per un dialogo ipotetico
con loro quanto esclusivamente per quelle considerazioni che mi sono
sentito di sviluppare, troppo personali per essere qui riportate.
Resta il fatto curioso
della lapide indicante il nome della famiglia: la storia è vera e
risale nel tempo, ma è accertato che il cognome reale è Zambon
mentre quello scolpito lì è Zamboni, quasi una snobberia dovuta ad
un certo passato del quale ormai non c'è più nessuno che possa
smentirlo, di quando a Ca Donà costoro la facevano da padroni dando
lavoro ai locali nelle fornaci di proprietà ed esportando mattoni
sino in Dalmazia.
Ma giacché nulla è
destinato a perdurare in questa dimensione, vista ex post questa
sembra una storia pertinente con l'affermazione: persino il seme di
questo nucleo familiare si è disperso, in parte non troppo lontano
da lì, ma per un'altra parte allontanandosi parecchio.
L'unica cosa rimasta è
la tomba che ha riunito nel tempo le persone di generazioni
precedenti: storie ormai disperse delle quali più nulla sarà dato
sapere ai posteri, tomba che terminerà la sua funzione nel momento
in cui riceverà l'ultimo fra i nati nel primo novecento di questo
nucleo familiare, evento che prevedo andare in scadenza presto, molto
presto.
Oltre a quei nomi e
quelle date non c'è nulla di me in questi luoghi; i miei genitori
sono arrivati qui perché lo desideravano quasi come atto dovuto
essendoci la loro primogenita, persona che solo dopo cinque anni se
ne era andata ancora tenera e pura come solo i bimbi possono essere.
La tragedia ha segnato
tutti quelli che allora vivevano, ed in misura e forme diverse anche
chi è arrivato in quella famiglia poco dopo.
Ormai i giochi di tutti
si sono giocati, anche quelli di chi sta ancora effettuando gli
ultimi giri della giostra: tutto sarebbe potuto essere diverso.
Ma le recriminazioni
ormai non servono più a nessuno: la concretezza porta a dire che è
andata così in questa vita.
Solo un arcaico
sentimento mi ha portato qui oggi, forse..... per l'ultima volta!
Quando ho lasciato
Donada, oggi inglobata con Contarina sotto il nome di Porto Viro, ha
cominciato ad allentarsi il dolore alla nuca che mi aveva preso a
partire da metà mattinata.
Poi sono stati gli scorci
del paesaggio semi lagunare che andavo attraversando a calamitare il
mio interesse: tanta acqua, elemento con il quale non sono mai stato
in grande sintonia.
Un liquido, come quello
che ti alimenta, quello nel quale prendi forma, il grembo materno dal
quale sei costretto a staccarti con dolore e nel quale vorresti
sempre trovare un conforto senza tempo.
Il clima caldo, per
quanto con un tasso d'umidità piuttosto basso, è portatore del
subdolo colpo di sonno; quindi, appena trovato lo spazio adatto,
meglio effettuare una sosta e assumere coca cola fresca.
Poi la viabilità è
diventata abbastanza penosa a partire dall'area di Venezia; non tanto
per il traffico quanto per i limiti di velocità: nel momento in cui
ho cominciato ad accusare stanchezza mi sono venuto a trovare in
un'altra area geografica per me significativa, quella nella quale ho
maturato il rapporto con l'unico nonno che ho conosciuto, quello
materno: è la zona attorno al fiume Tagliamento, area coinvolta
nella prima guerra mondiale, della quale sentivo le storie raccontate
dal nonno, storie che avevo sempre piacere riascoltare.
Attorno alle 20 non ho
potuto evitare di verificare la possibilità di sosta a San Vito al
T.to, ma poi ho deciso di continuare ancora un po' sino a Gemona,
solo 60 km. da Tarvisio, luogo che consideravo sede di tappa.
Sono arrivato con il
buio, ma domattina non sarebbe male scalare il borgo antico:
inch'Allah!
Nessun commento:
Posta un commento