domenica 18 agosto 2013

Da Maribor - Slovenia ore 17.45 (sulla strada del Kurdistan)



16 agosto 2013 – Dopo circa quattro giorni di preparativi svolti senza limiti di tempo è giunto l'attimo: non è stato semplice liquidare in così poco tempo l'interpretazione del ruolo da cittadino di un piccolo borgo marinaro per calarsi in quella da cittadino del mondo, interpretazione interrotta contro voglia 135 giorni prima!
Si è trattato di giornate trascorse più o meno staticamente, intramezzate dalle visite nella zona della Franciacorta dove il Nomade ha trascorso un periodo della sua vita assai complicato.
Non c'è stato nemmeno uno fra i tanti passaggi operativi che non abbia riservato qualche sorpresa: la cronistoria dettaglia che ho dovuto registrare è stata un vero thrilling!
Si sono alternati momenti di sconforto (di più) ad altri di euforia (di meno), a seconda delle notizie che mi raggiungevano da parte dei vari primari dei reparti degli ospedali che lo hanno curato: alla fine si è trattato di saldare dei conti di una certa importanza, per quanto da tutti i primari mitigati per il senso di rispetto che il suo andare per il mondo insieme a Bambini nel Deserto riesce a destare negli animi delle persone di buona volontà.
E' stato così che lunedì 12 l'ho raggiunto in una officina ormai chiusa per ferie dove il titolare si è voluto dedicare in prima persona a tutte quegli interventi relativi all'impianto elettrico che avevo riscontrato come necessari dopo le ultime traversie costellate di esecuzioni parziali da parte di chi forse non poteva fare di più a causa della mancata conoscenza sia del veicolo che dei suoi impianti.
Dopo aver lasciato la Franciacorta il Nomade si è recato a Modena dove, nella sede di Bambini nel Deserto, ha caricato nel vano garage indumenti e scarpe per i bimbi del Kurdistan; quindi, a mezzanotte, ha scaricato ogni cosa a Sestri per poter essere riallestito con criterio nei giorni successivi.
Lasciato a terra la maggior parte dei ricambi meccanici in dotazione e sistemati su cerchio alcuni pneumatici addizionali, giorno dopo giorno è stato via via organizzato per affrontare le destinazioni dove effettuare le consegne.


Quando alle 15 odierne tutto era ormai accettabilmente in ordine per dare motore, l'occhio mi è caduto sul display dei pannelli fotovoltaici: un numero lampeggiante in costante decrescita stava indicando la carica ridotta delle batterie di servizio!
Come ci si arrugginisce in fretta: avrei dovuto evitare di tenere il frigorifero in funzione in questi giorni di sosta, ma tant'è che tutta l'esperienza acquisita non è stata messa a frutto dalla mia mente che, tesa a cercare di partire il prima possibile, ha ignorato la questione: mi rimane solo da augurarmi che non sia intervenuto qualche fatto dannoso e nuovo.
Con questo tarlo per la mente ho comunque deciso: partenza e direzione di marcia così come stabilito, con la possibilità, una volta raggiunta Parma, di cambiare itinerario nel caso la situazione non avesse dato segni di positiva evoluzione.
Già a Borgo Val di Taro dal 30% iniziale il valore lampeggiante era salito al 35%, quindi la ricarica fornita dai pannelli in base ai raggi di sole catturati e dal motore stava funzionando, anche se i valori restavano ancora critici tanto da continuare a lampeggiare.


A Ferrara il luogo deputato ad ospitare il Nomade per la notte si è però rivelato dotato di colonnine per la connessione all'energia elettrica e la mia decisione in tal senso è stata immediata.
Ho dovuto lavorare più del previsto per riattivare il cavo “europeo” dopo tanto utilizzo di quello “americano” in quanto il primo era rimasto inattivo con una spina montata non adatta alla colonnina qui presente.
Altro problema: la fornitura avviene solo introducendo monete da 50 centesimi o da 1 € ed io ho poche possibilità nel mio portamonete! Data l'ora che si è fatta ormai sono poco invogliato a raggiungere qualche esercizio in centro dove poter cambiare, così ho provveduto ad infilare nella fessura il mio eurino che avrebbe garantito una erogazione di energia per quattro ore, ma subito si è accesa una luce rossa a segnalare il funzionamento anomalo della connessione.
Temendo di non aver collegato i fili correttamente nella presa ho lavorato ancora cercando di venirne a capo, salvo decidere di chiedere poi l'ausilio di una persona che aveva già effettuato il collegamento poco lontano da me.
Niente da fare, ogni volta che il mio cavo ha cercato la connessione l'impianto è andato in tilt: anche il soccorritore non riusciva a capacitarsene sino a che non ho osservato il retro della colonnina: ho così visto che ogni presa era dotata di interruttore da riarmare in caso di avaria!
Detto fatto, ma solo dopo plurimi tentativi l'operazione è andata a buon fine: finalmente la carica è divenuta potente e costante sul filo dei 14 V e il display ha smesso di lampeggiare al raggiungimento del valore pari al 45% di carica.
Consumata una frugale cena non mi è rimasto altro da fare che cominciare a sistemare un po' di cose ancora rimaste in giro volanti prima di dedicarmi al riposo notturno, quest'ultimo preceduto dalla conferma che qui vi è la possibilità di connessione WiFi a patto di seguire una certa procedura a me ignota e molto originale: grande città questa Ferrara!



Sabato 17 agosto 2013 – Mi sono risvegliato con l'idea di muovermi presto da qui, ma subito dopo ho riflettuto sul fatto che mi stavo trovando in un giorno feriale nell'ultima città italiana dove poter effettuare un acquisto utile al viaggio prima di passare il confine con l'Austria attraverso Tarvisio.
Allora via per il centro “pedibus calcantibus”: avevo ricordi molto buoni della città, ed anche la breve escursione odierna li ha riconfermati.
Prima di lasciare casa ho potuto chiedere ad altri camperisti (intenti ad osservare il Nomade) il cambio di miei spicciolini con una loro moneta da 50 centesimi, tanto per rinforzare la carica delle batterie con altre due ore di energia elettrica: loro intanto mi stavano sottoponendo ad una serie di domande alle quali le mie risposte destavano stupore e meraviglia.


Dopo, mentre mi stavo muovendo lungo stradine silenziose e vuote, ombreggiate e dotate spesso di portici, mi è capitato di ascoltare un simpatico scambio di battute fra due locali alla fine delle quali mi sono rivolto loro chiedendo informazioni circa la possibilità di trovare una libreria aperta da qualche parte.
Con dovizia di particolari mi sono state fornite le coordinate utili a raggiungere le due librerie più importanti in città, nel caso una potesse essere chiusa per ferie:qui, oltre alla cortesia, si percepisce nella gente il piacere dell'incontro.


Nella prima visitata mi sono soffermato anche in altri reparti oltre a quello dotato di ciò che andavo cercando: avrei potuto rientrare a casa e muovermi, ma perché non rimettere il naso più in centro ed annusare quel sapore della vita che solo le città di questa regione che si muovono in bici possiedono, contornato dal colore caldo del materiale da costruzione utilizzato per secoli, il mattone rosso.


Il mio itinerario odierno avrebbe potuto condurmi sino a Villach o a Klagenfurt, ma essendomela presa comoda certamente la fermata per sosta notturna avverrà prima.


Me la sono presa comoda anche perché ho da tempo preso un impegno con me stesso che prevede un appuntamento lungo la strada, appuntamento possibile solo in certi orari.


Erano anni che non mettevo piede nell'area geografica che considero come quella originaria della mia famiglia da parte di padre; questa volta, prima di allontanarmi dall'Italia, ho sentito il desiderio di recarmi dove si perdono nel tempo le tracce del mio spirito.


La visita nel luogo dove sul marmo sono apposti i nomi dei miei familiari che hanno da tempo conclusa la loro esperienza più o meno lunga di vita vissuta, per alcuni di loro indicanti esclusivamente l'anno in cui sono andati via, per me è stata importante non tanto per un dialogo ipotetico con loro quanto esclusivamente per quelle considerazioni che mi sono sentito di sviluppare, troppo personali per essere qui riportate.


Resta il fatto curioso della lapide indicante il nome della famiglia: la storia è vera e risale nel tempo, ma è accertato che il cognome reale è Zambon mentre quello scolpito lì è Zamboni, quasi una snobberia dovuta ad un certo passato del quale ormai non c'è più nessuno che possa smentirlo, di quando a Ca Donà costoro la facevano da padroni dando lavoro ai locali nelle fornaci di proprietà ed esportando mattoni sino in Dalmazia.
Ma giacché nulla è destinato a perdurare in questa dimensione, vista ex post questa sembra una storia pertinente con l'affermazione: persino il seme di questo nucleo familiare si è disperso, in parte non troppo lontano da lì, ma per un'altra parte allontanandosi parecchio.
L'unica cosa rimasta è la tomba che ha riunito nel tempo le persone di generazioni precedenti: storie ormai disperse delle quali più nulla sarà dato sapere ai posteri, tomba che terminerà la sua funzione nel momento in cui riceverà l'ultimo fra i nati nel primo novecento di questo nucleo familiare, evento che prevedo andare in scadenza presto, molto presto.
Oltre a quei nomi e quelle date non c'è nulla di me in questi luoghi; i miei genitori sono arrivati qui perché lo desideravano quasi come atto dovuto essendoci la loro primogenita, persona che solo dopo cinque anni se ne era andata ancora tenera e pura come solo i bimbi possono essere.
La tragedia ha segnato tutti quelli che allora vivevano, ed in misura e forme diverse anche chi è arrivato in quella famiglia poco dopo.
Ormai i giochi di tutti si sono giocati, anche quelli di chi sta ancora effettuando gli ultimi giri della giostra: tutto sarebbe potuto essere diverso.
Ma le recriminazioni ormai non servono più a nessuno: la concretezza porta a dire che è andata così in questa vita.
Solo un arcaico sentimento mi ha portato qui oggi, forse..... per l'ultima volta!


Quando ho lasciato Donada, oggi inglobata con Contarina sotto il nome di Porto Viro, ha cominciato ad allentarsi il dolore alla nuca che mi aveva preso a partire da metà mattinata.
Poi sono stati gli scorci del paesaggio semi lagunare che andavo attraversando a calamitare il mio interesse: tanta acqua, elemento con il quale non sono mai stato in grande sintonia.


Un liquido, come quello che ti alimenta, quello nel quale prendi forma, il grembo materno dal quale sei costretto a staccarti con dolore e nel quale vorresti sempre trovare un conforto senza tempo.


Il clima caldo, per quanto con un tasso d'umidità piuttosto basso, è portatore del subdolo colpo di sonno; quindi, appena trovato lo spazio adatto, meglio effettuare una sosta e assumere coca cola fresca.
Poi la viabilità è diventata abbastanza penosa a partire dall'area di Venezia; non tanto per il traffico quanto per i limiti di velocità: nel momento in cui ho cominciato ad accusare stanchezza mi sono venuto a trovare in un'altra area geografica per me significativa, quella nella quale ho maturato il rapporto con l'unico nonno che ho conosciuto, quello materno: è la zona attorno al fiume Tagliamento, area coinvolta nella prima guerra mondiale, della quale sentivo le storie raccontate dal nonno, storie che avevo sempre piacere riascoltare.
Attorno alle 20 non ho potuto evitare di verificare la possibilità di sosta a San Vito al T.to, ma poi ho deciso di continuare ancora un po' sino a Gemona, solo 60 km. da Tarvisio, luogo che consideravo sede di tappa.


Sono arrivato con il buio, ma domattina non sarebbe male scalare il borgo antico: inch'Allah!

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