Giovedì
14.03 – Eseguite tutte le operazioni per mollare l'ormeggio ho
cercato Francisco per un saluto: arriva tutte le mattine alle 5.30 ma
oggi deve aver fatto un'eccezione. Ho atteso le 7, ma quando ho colto
il prolungarsi della sua assenza mi ho deciso di muovermi: ma in
quale direzione? Un vero rebus fra l'arteria circonvallatoria di tipo
autostradale e le altre strade a doppia corsia assai trafficate in
quell'orario.
Ho
puntato sulla circonvallazione la quale ha subito presentato
l'handicap dovuto alla segnaletica: tutte indicazioni di quartieri
periferici, nessuna indicante le località sul percorso della
Panamericana.
Sono
andato a naso sin tanto che ho visto una indicazione Walmart:
proprio quello che mi serve, ho pensato. Al primo tentativo di
approccio ho beccato un cancello chiuso: ho pensato che avrei
dovuto fare un lungo giro di accerchiamento per trovare l'accesso
principale, con il rischio di perdere la direzione. Comunque ci ho
provato e quando sono arrivato ad un altro accesso ho capito tutto:
alle 7.30 qui le attività di questo tipo sono ancora chiuse!
Ho
ripreso la mia direzione ma ad un certo punto mi è venuto il
dubbio di essere andato oltre e così ho chiesto lumi a dei
poliziotti: ero ancora sul giusto, ma poco dopo avrei dovuto girare
a destra. Finalmente sono comparse le indicazioni stradali a me
utili e da quel momento non ho più avuto dubbi.
La
giornata di viaggio è iniziata con cielo nuvoloso e temperatura
fresca, ma niente in confronto a ciò che ho poi affrontato: dopo
Cartago la strada si è inerpicata sino ai 3.000 m.s.l.m.
rimanendoci per un bel po', e mentre saliva fra le nuvole queste
cedevano umidità sotto forma di acquerugiola e “niebla”.
Se fosse stato possibile vederli i panorami sarebbero stati
sicuramente affascinanti, ma in queste condizioni è già stato
tanto se sono riuscito a vedere la strada: questa è un'area dove
hanno sede diversi Parchi Nazionali, la maggior parte dei quali
contenenti dei Vulcani.
Quando
credevo di aver completato la parte più impegnativa ho deciso di
spegnere il riscaldamento ed indossare una felpa, ma anche la
discesa sino a San Isidro de El General non ha scherzato per nulla:
inoltre, durante la manovra di sosta per rifocillarmi e scaricare
le acque grige, la frenata è risultata non più assistita.
Ci
risiamo, si passa allo stato di allerta per capire meglio.
Completata
la discesa utilizzando tutta la perizia acquisita in Guatemala,
alla manovra di parcheggio davanti al supermarket il pedale è
affondato senza opporre alcuna resistenza, come nei momenti
peggiori della crisi: o il lavoro eseguito a Managua ha già perso
di efficacia o il problema viene da un'altra fonte, resta però il
fatto che ora l'allarme è rosso!
Fortunatamente
il traffico è quasi nullo, come se non ci dovessero essere troppi
scambi con Panama.
Già
a San Isidro avevo tolto la felpa, ma continuando la situazione si
è appesantita con i raggi del sole, per quanto offuscati, sempre
più calienti.
Ho
continuato a guidare sino alle 13.30 e quando mi sono fermato ho
mangiato qualcosa più per necessità che altro: con condizioni
climatiche come queste l'appetito è fra i primi a sparire,
sostituito dalla gran voglia di liquidi, frutta e verdura cruda.
La
strada per un lungo tratto ha costeggiato El General, un fiume di
notevoli dimensioni, piuttosto sinuoso, poi, dopo Paso Real, ne ha
costeggiato un altro, forse più sinuoso: le coltivazioni che sto
incrociando in questo tratto sono lussureggianti e la massiccia
presenza Del Monte si fa notare (in particolare ananas); i terreni
sono rossi come campi da tennis e creano un bel contrasto con le
tonalità di verde tutto attorno.
Se
non fosse per il clima che mi opprime sarebbe stato da fare qualche
deviazione alla ricerca delle varie popolazioni indigene ancora
residenti in questi territori: mi sono invece limitato a prendere
una foto di un'indicazione loro riguardante.
Procedendo
il nastro d'asfalto si è ristretto ed in taluni punti, lungo
fiumi, ho notato vari crolli, mentre a monte qualche piccolo
episodio franoso qua e là mi costringeva a prestare attenzione ai
sassi sulla carreggiata.
Avevo
una indicazione di un luogo ove sostare per la notte con tanto di
coordinate, ma poco prima di giungere a svoltare su una sterrata
che mi avrebbe portato nei pressi di Golfito, sul Pacifico, è
iniziato a piovere in maniera seria e non me la sono sentita di
rischiare di trovarmi in situazioni di difficoltà che avrebbero
potuto ritardare la mia marcia verso Panama proprio ora che ho
praticamente prenotato tutto, incluso la notte in Hotel.
Perciò
ho proseguito pensando di poter essere ospitato sul piazzale di una
gasolinera o a un parcheggio di qualche albergo fra quelli che ho
visto pubblicizzati: spesso però questi non sono collocati a lato
della strada principale, bensì all'interno lungo sterrate, quindi
inadatti a me.
Giunto
a Rio Claro poco dopo le 16 ho subito visto l'hotel El Gran Impala,
dotato di un ampio piazzale.
Mezzo
fuso mi sono rivolto alla reception e l'addetto, William, è
personalmente uscito per indicarmi dove parcheggiare. Alla mia
richiesta di pagamento ha fatto spallucce: dopo aver guidato su
strada non facile tutto il giorno ed aver percorso circa 350 km.,
questa sorpresa trovata in fondo l'ho molto gradita, non tanto per
il risparmio economico quanto perché mi ha risolto brillantemente
il problema della sosta nel clima di cordialità che questa
popolazione porta nel proprio DNA.
Questa
sarà per me l'ultima notte in Costa Rica, il confine dovrebbe
essere a non più di 35 km. da qui: delle 5 notti complessivamente
trascorse in questo paese non ce n'è stata una a pagamento!
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