venerdì 15 marzo 2013

Sino a Rio Claro (Panama - 650 km.)


Giovedì 14.03 – Eseguite tutte le operazioni per mollare l'ormeggio ho cercato Francisco per un saluto: arriva tutte le mattine alle 5.30 ma oggi deve aver fatto un'eccezione. Ho atteso le 7, ma quando ho colto il prolungarsi della sua assenza mi ho deciso di muovermi: ma in quale direzione? Un vero rebus fra l'arteria circonvallatoria di tipo autostradale e le altre strade a doppia corsia assai trafficate in quell'orario.
Ho puntato sulla circonvallazione la quale ha subito presentato l'handicap dovuto alla segnaletica: tutte indicazioni di quartieri periferici, nessuna indicante le località sul percorso della Panamericana.
Sono andato a naso sin tanto che ho visto una indicazione Walmart: proprio quello che mi serve, ho pensato. Al primo tentativo di approccio ho beccato un cancello chiuso: ho pensato che avrei dovuto fare un lungo giro di accerchiamento per trovare l'accesso principale, con il rischio di perdere la direzione. Comunque ci ho provato e quando sono arrivato ad un altro accesso ho capito tutto: alle 7.30 qui le attività di questo tipo sono ancora chiuse!
Ho ripreso la mia direzione ma ad un certo punto mi è venuto il dubbio di essere andato oltre e così ho chiesto lumi a dei poliziotti: ero ancora sul giusto, ma poco dopo avrei dovuto girare a destra. Finalmente sono comparse le indicazioni stradali a me utili e da quel momento non ho più avuto dubbi.



La giornata di viaggio è iniziata con cielo nuvoloso e temperatura fresca, ma niente in confronto a ciò che ho poi affrontato: dopo Cartago la strada si è inerpicata sino ai 3.000 m.s.l.m. rimanendoci per un bel po', e mentre saliva fra le nuvole queste cedevano umidità sotto forma di acquerugiola e “niebla”.
Se fosse stato possibile vederli i panorami sarebbero stati sicuramente affascinanti, ma in queste condizioni è già stato tanto se sono riuscito a vedere la strada: questa è un'area dove hanno sede diversi Parchi Nazionali, la maggior parte dei quali contenenti dei Vulcani.


Quando credevo di aver completato la parte più impegnativa ho deciso di spegnere il riscaldamento ed indossare una felpa, ma anche la discesa sino a San Isidro de El General non ha scherzato per nulla: inoltre, durante la manovra di sosta per rifocillarmi e scaricare le acque grige, la frenata è risultata non più assistita.
Ci risiamo, si passa allo stato di allerta per capire meglio.




Completata la discesa utilizzando tutta la perizia acquisita in Guatemala, alla manovra di parcheggio davanti al supermarket il pedale è affondato senza opporre alcuna resistenza, come nei momenti peggiori della crisi: o il lavoro eseguito a Managua ha già perso di efficacia o il problema viene da un'altra fonte, resta però il fatto che ora l'allarme è rosso!
Fortunatamente il traffico è quasi nullo, come se non ci dovessero essere troppi scambi con Panama.


Già a San Isidro avevo tolto la felpa, ma continuando la situazione si è appesantita con i raggi del sole, per quanto offuscati, sempre più calienti.
Ho continuato a guidare sino alle 13.30 e quando mi sono fermato ho mangiato qualcosa più per necessità che altro: con condizioni climatiche come queste l'appetito è fra i primi a sparire, sostituito dalla gran voglia di liquidi, frutta e verdura cruda.



La strada per un lungo tratto ha costeggiato El General, un fiume di notevoli dimensioni, piuttosto sinuoso, poi, dopo Paso Real, ne ha costeggiato un altro, forse più sinuoso: le coltivazioni che sto incrociando in questo tratto sono lussureggianti e la massiccia presenza Del Monte si fa notare (in particolare ananas); i terreni sono rossi come campi da tennis e creano un bel contrasto con le tonalità di verde tutto attorno.



Se non fosse per il clima che mi opprime sarebbe stato da fare qualche deviazione alla ricerca delle varie popolazioni indigene ancora residenti in questi territori: mi sono invece limitato a prendere una foto di un'indicazione loro riguardante.


Procedendo il nastro d'asfalto si è ristretto ed in taluni punti, lungo fiumi, ho notato vari crolli, mentre a monte qualche piccolo episodio franoso qua e là mi costringeva a prestare attenzione ai sassi sulla carreggiata.



Avevo una indicazione di un luogo ove sostare per la notte con tanto di coordinate, ma poco prima di giungere a svoltare su una sterrata che mi avrebbe portato nei pressi di Golfito, sul Pacifico, è iniziato a piovere in maniera seria e non me la sono sentita di rischiare di trovarmi in situazioni di difficoltà che avrebbero potuto ritardare la mia marcia verso Panama proprio ora che ho praticamente prenotato tutto, incluso la notte in Hotel.


Perciò ho proseguito pensando di poter essere ospitato sul piazzale di una gasolinera o a un parcheggio di qualche albergo fra quelli che ho visto pubblicizzati: spesso però questi non sono collocati a lato della strada principale, bensì all'interno lungo sterrate, quindi inadatti a me.
Giunto a Rio Claro poco dopo le 16 ho subito visto l'hotel El Gran Impala, dotato di un ampio piazzale.


Mezzo fuso mi sono rivolto alla reception e l'addetto, William, è personalmente uscito per indicarmi dove parcheggiare. Alla mia richiesta di pagamento ha fatto spallucce: dopo aver guidato su strada non facile tutto il giorno ed aver percorso circa 350 km., questa sorpresa trovata in fondo l'ho molto gradita, non tanto per il risparmio economico quanto perché mi ha risolto brillantemente il problema della sosta nel clima di cordialità che questa popolazione porta nel proprio DNA.


Questa sarà per me l'ultima notte in Costa Rica, il confine dovrebbe essere a non più di 35 km. da qui: delle 5 notti complessivamente trascorse in questo paese non ce n'è stata una a pagamento! 


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