lunedì 8 ottobre 2012

Zion Canyon N.P.


Sabato 06.10 – Mi metto in movimento presto dovendo predisporre le verdure prima di cucinarle, dopo mi avvio verso un sito secondario di Zion Canyon N.P., Zion Kolob. 
Essendo piccola cosa è richiesto lo stop per pagare l'accesso presso una postazione di Rangers più che un Visitor Center.
Eseguita l'operazione noto un paio di persone che stanno esaminando Il Nomade; al momento del mio arrivo solite domande e risposte, ma su un piano di una curiosità diversa.


Quest'area del N.P. consiste in una bellissima scenic drive con asfalto della stessa colorazione delle montagne: rosso. Ci sono varie possibilità di trail lungo la salita, ma io colgo solo quella posta in cima, dove termina la strada. 
E' ben qui che ritrovo i curiosi, ma loro sono in vantaggio su di me e iniziano subito il percorso che porta ad un overlook; io però sono più veloce e dopo un pò li raggiungo: uno dei due, quello più curioso e più attento ai particolari, si rivolge a me chiamandomi Mr. Zambon (letto sulla portiera e ben memorizzato). 
Si riavvia la conversazione, ampliandola, mentre continuiamo il percorso; poi ci salutiamo ed io li stacco.
Giunto in cima il panorama del plateau sottostante è grandioso, ma non così ben visibile.


Nella discesa ritrovo i due e questa volta ci salutiamo con una stretta di mano: il più intraprendente mi lancia un arrivederci in italiano.


Ora dovrei darmi una mossa per arrivare all'ingresso principale del N.P., anche se in avvicinamento vi è una cartellonistica tendente a dissuadere ad entrare con un veicolo in quanto esiste un servizio Shuttle sia fuori dal parco che dentro al parco. All'interno è assolutamente obbligatorio l'uso dello Shuttle in quanto non è permessa la libera circolazione dei veicoli privati.
Giunto a Rockville, insediamento di 280 anime-carino, tutto farms dai prati verdissimi, già si nota traffico in aumento; pochi km. dopo, a Springdale, quasi c'è da fare coda. Inoltre un cartello indica sia i camground Full che i parcheggi Full. 
Non mi lascio intimidire e proseguo sino ad entrare. In effetti l'afflusso di persone è notevole, ed anche l'area parcheggio riservata ai R.V. sembra essere piena. Ad un successivo passaggio identifico lo spazio per me e mi sistemo: rispetto a stamane ora fa proprio caldo, quindi ho tutti i finestrini aperti. 
Pochi minuti dopo sento una voce proveniente dall'esterno dire “ciao”. Apro la porta e mi trovo davanti una persona piuttosto giovane che mi parla tranquillamente in italiano: è un francese che viaggia con un Laika mansardato su meccanica IVECO acquistato a Milano! Mi ha visto arrivare e fare la manovra di parcheggio a pochi metri dal suo veicolo: ci intratteniamo saltando da una lingua all'altra.


Anche lui raggiungerà il Messico per poi proseguire sino alla Tierra del Fuego. Ci lasciamo dopo un po' con il proposito di riprendere la conversazione in serata; questo incontro totalmente inaspettato mi ha dato molta soddisfazione. Inoltre già ci siamo lanciati la possibilità di attraversare il Messico insieme, cosa che non mi dispiacerebbe tenuto conto dell'indice di pericolosità di quel paese.


Consumata una pausa pranzo ridotta all'osso vado ad avviarmi al Visitor Center per capire in cosa posso impegnarmi durante il pomeriggio: alla fine opto per effettuare la corsa Shuttle sino in fondo, a Temple of Sinawava, e da lì effettuare il trail lungo il Virgin River. 





Lungo la strada resto impressionato dalla bellezza dello scenario; giunto a destinazione inizio la mia camminata attorniato da molta gente, forse troppa, ma non posso fare diversamente.
Mi tornano alla mente alcune affermazioni di Henry David Thoreau espresse a metà ottocento: “I need solitude. I have come forth to this hill...to see the forms of the mountains on the horizon-to behold and commune with something grander than man” e “Silence alone is worthy to be heard”. Oggi qui non sarebbe stato a proprio agio!





Quando arrivo in fondo alla passeggiata dovrei tornare allo Shuttle, salirci per fermarmi in un'altro sito, ma, pur essendo informato sul rischio esistente nel risalire il river continuando a guadarlo a piedi instabili sui sassi viscidi sul suo letto mentre al centro tira una forte corrente, vedo che diversi intrepidi vanno e vengono per la via d'acqua. Ci penso un istante e poi mi tolgo le scarpe e mi avvio: ecco come far diventare avventurosa una semplice passeggiata nel canyon!





Più avanzo, più la situazione si fa interessante: il canyon si stringe e si apre a fisarmonica, la montagna rocciosa, prevalentemente dai colori bruno/rossiccio, si erge a strapiombo ovunque, alla sua base lavorata dall'acqua, accogliendo della vegetazione qua e la come se ci fossero tanti nidi disseminati lungo le sue pareti, in seconda fila, ma a ridosso, altri picchi rocciosi di colore chiaro concorrono a comporre l'opera d'arte.





Avrei voluto proseguire ancora, ma sono stato preso dal freddo dovuto ai piedi sempre in acqua, acqua dalla temperatura decisamente fresca, così mi sono fermato prima di andare oltre nell'accenno di sofferenza.








Una bella esperienza colta al volo: le informative ufficiali sconsigliano in questa stagione di addentrarsi sul fiume a causa di possibili Flash Flood, ma oggi tali condizioni erano improbabili.



Tornato allo Shuttle sosto a Big Bend, Weeping Rock e a Court of the Patriarchs, così come mi aveva suggerito il Ranger al Visitor Center.
Molti nomi assegnati alle montagne, lo stesso nome del parco, risentono della venuta dei Mormoni come primi bianchi a stabilirsi in questi luoghi: dopo aver incaricato dei loro scouts di cercare terre idonee in varie parti dello Utah, queste furono segnalate per la loro ricchezza d'acqua.
Poco tempo dopo si costituirono i primi insediamenti attorno al 1860 o giù di lì.
Così come tanto poco mi ero entusiasmato in mattinata nella zona di Kolob, qui invece ho vissuto delle ore ricolme di sostanza.



All'arrivo a casa mi sento addosso quella sana stanchezza come quando si passa una giornata intensa al mare.



Quando è già buio sento bussare: non può che essere un Ranger che mi intima di lasciare il posto o Pierre per proseguire la conversazione. Delle due è la seconda: così apprendo che il suo equipaggio è composto da una moglie e due figli di sei e nove anni; questi seguono in corso scolastico al computer, avendo escogitato un sistema per usufruire della connessione senza dover stare in sosta in un piazzale McD o similare: di tratta di un apparecchietto che altro non è che un amplificatore wireless da pochi dollari che consente loro la connessione quasi ovunque!
Ci parleremo ancora domani, intanto ci siamo scambiati gli email address ed i nomi dei rispettivi blog. Il loro è “ensembleautrementauboutdumonde”.
Domani, a madre natura piacendo, esplorerò altre parti del N.P. prima di andare in sosta a St.George.
A proposito di George, “il mio Giorgio” è da poco diventato dottore; diciamo dottorino, visto che si è trattato del conseguimento di una laurea breve anche se ottenuta nel lungo periodo, che quindi fa un mix delle due cose!

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