Sabato
06.10 – Mi metto in movimento presto dovendo predisporre le verdure
prima di cucinarle, dopo mi avvio verso un sito secondario di Zion
Canyon N.P., Zion Kolob.
Essendo piccola cosa è richiesto lo stop per pagare l'accesso presso una postazione di Rangers più che un Visitor Center.
Eseguita
l'operazione noto un paio di persone che stanno esaminando Il Nomade;
al momento del mio arrivo solite domande e risposte, ma su un piano
di una curiosità diversa.
Quest'area
del N.P. consiste in una bellissima scenic drive con asfalto della
stessa colorazione delle montagne: rosso. Ci sono varie possibilità
di trail lungo la salita, ma io colgo solo quella posta in cima, dove
termina la strada.
E' ben qui che ritrovo i curiosi, ma loro sono in
vantaggio su di me e iniziano subito il percorso che porta ad un
overlook; io però sono più veloce e dopo un pò li raggiungo: uno
dei due, quello più curioso e più attento ai particolari, si rivolge a me chiamandomi Mr. Zambon (letto sulla portiera e ben
memorizzato).
Si riavvia la conversazione, ampliandola, mentre
continuiamo il percorso; poi ci salutiamo ed io li stacco.
Giunto
in cima il panorama del plateau sottostante è grandioso, ma non così
ben visibile.
Nella
discesa ritrovo i due e questa volta ci salutiamo con una stretta di
mano: il più intraprendente mi lancia un arrivederci in italiano.
Ora
dovrei darmi una mossa per arrivare all'ingresso principale del N.P.,
anche se in avvicinamento vi è una cartellonistica tendente a
dissuadere ad entrare con un veicolo in quanto esiste un servizio
Shuttle sia fuori dal parco che dentro al parco. All'interno è
assolutamente obbligatorio l'uso dello Shuttle in quanto non è
permessa la libera circolazione dei veicoli privati.
Giunto
a Rockville, insediamento di 280 anime-carino, tutto farms dai prati
verdissimi, già si nota traffico in aumento; pochi km. dopo, a
Springdale, quasi c'è da fare coda. Inoltre un cartello indica sia i
camground Full che i parcheggi Full.
Non mi lascio intimidire e
proseguo sino ad entrare. In effetti l'afflusso di persone è
notevole, ed anche l'area parcheggio riservata ai R.V. sembra essere
piena. Ad un successivo passaggio identifico lo spazio per me e mi
sistemo: rispetto a stamane ora fa proprio caldo, quindi ho tutti i
finestrini aperti.
Pochi minuti dopo sento una voce proveniente
dall'esterno dire “ciao”. Apro la porta e mi trovo davanti una
persona piuttosto giovane che mi parla tranquillamente in italiano: è
un francese che viaggia con un Laika mansardato su meccanica IVECO
acquistato a Milano! Mi ha visto arrivare e fare la manovra di
parcheggio a pochi metri dal suo veicolo: ci intratteniamo saltando
da una lingua all'altra.
Anche
lui raggiungerà il Messico per poi proseguire sino alla Tierra del
Fuego. Ci lasciamo dopo un po' con il proposito di riprendere la
conversazione in serata; questo incontro totalmente inaspettato mi ha
dato molta soddisfazione. Inoltre già ci siamo lanciati la
possibilità di attraversare il Messico insieme, cosa che non mi
dispiacerebbe tenuto conto dell'indice di pericolosità di quel
paese.
Consumata una pausa pranzo ridotta all'osso vado ad avviarmi al Visitor Center per capire in cosa posso impegnarmi durante il pomeriggio: alla fine opto
per effettuare la corsa Shuttle sino in fondo, a Temple of Sinawava,
e da lì effettuare il trail lungo il Virgin River.
Lungo la strada
resto impressionato dalla bellezza dello scenario; giunto a
destinazione inizio la mia camminata attorniato da molta gente, forse
troppa, ma non posso fare diversamente.
Mi
tornano alla mente alcune affermazioni di Henry David Thoreau
espresse a metà ottocento: “I need solitude. I have come forth to
this hill...to see the forms of the mountains on the horizon-to
behold and commune with something grander than man” e “Silence
alone is worthy to be heard”. Oggi qui non sarebbe stato a proprio
agio!
Quando
arrivo in fondo alla passeggiata dovrei tornare allo Shuttle, salirci
per fermarmi in un'altro sito, ma, pur essendo informato sul rischio
esistente nel risalire il river continuando a guadarlo a piedi
instabili sui sassi viscidi sul suo letto mentre al centro tira una forte corrente,
vedo che diversi intrepidi vanno e vengono per la via d'acqua. Ci
penso un istante e poi mi tolgo le scarpe e mi avvio: ecco come far
diventare avventurosa una semplice passeggiata nel canyon!
Più
avanzo, più la situazione si fa interessante: il canyon si stringe e
si apre a fisarmonica, la montagna rocciosa, prevalentemente dai
colori bruno/rossiccio, si erge a strapiombo ovunque, alla sua base
lavorata dall'acqua, accogliendo della vegetazione qua e la come se
ci fossero tanti nidi disseminati lungo le sue pareti, in seconda
fila, ma a ridosso, altri picchi rocciosi di colore chiaro concorrono
a comporre l'opera d'arte.
Avrei
voluto proseguire ancora, ma sono stato preso dal freddo dovuto ai
piedi sempre in acqua, acqua dalla temperatura decisamente fresca,
così mi sono fermato prima di andare oltre nell'accenno di
sofferenza.
Una
bella esperienza colta al volo: le informative ufficiali sconsigliano
in questa stagione di addentrarsi sul fiume a causa di possibili
Flash Flood, ma oggi tali condizioni erano improbabili.
Tornato
allo Shuttle sosto a Big Bend, Weeping Rock e a Court of the
Patriarchs, così come mi aveva suggerito il Ranger al Visitor
Center.
Molti nomi assegnati alle montagne, lo stesso nome del parco, risentono della venuta dei Mormoni come primi bianchi a stabilirsi in questi luoghi: dopo aver incaricato dei loro scouts di cercare terre idonee in varie parti dello Utah, queste furono segnalate per la loro ricchezza d'acqua.
Poco tempo dopo si costituirono i primi insediamenti attorno al 1860 o giù di lì.
Molti nomi assegnati alle montagne, lo stesso nome del parco, risentono della venuta dei Mormoni come primi bianchi a stabilirsi in questi luoghi: dopo aver incaricato dei loro scouts di cercare terre idonee in varie parti dello Utah, queste furono segnalate per la loro ricchezza d'acqua.
Poco tempo dopo si costituirono i primi insediamenti attorno al 1860 o giù di lì.
Così
come tanto poco mi ero entusiasmato in mattinata nella zona di Kolob,
qui invece ho vissuto delle ore ricolme di sostanza.
All'arrivo a casa mi sento addosso quella sana stanchezza come quando si
passa una giornata intensa al mare.
Quando
è già buio sento bussare: non può che essere un Ranger che mi
intima di lasciare il posto o Pierre per proseguire la
conversazione. Delle due è la seconda: così apprendo che il suo
equipaggio è composto da una moglie e due figli di sei e nove anni; questi seguono in corso scolastico al computer, avendo escogitato un
sistema per usufruire della connessione senza dover stare in sosta in
un piazzale McD o similare: di tratta di un apparecchietto che altro non è che
un amplificatore wireless da pochi dollari che consente loro la
connessione quasi ovunque!
Ci
parleremo ancora domani, intanto ci siamo scambiati gli email address
ed i nomi dei rispettivi blog. Il loro è
“ensembleautrementauboutdumonde”.
Domani,
a madre natura piacendo, esplorerò altre parti del N.P. prima di
andare in sosta a St.George.
A
proposito di George, “il mio Giorgio” è da poco diventato
dottore; diciamo dottorino, visto che si è trattato del
conseguimento di una laurea breve anche se ottenuta nel lungo
periodo, che quindi fa un mix delle due cose!
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