La partenza
da Diema avviene dopo i saluti; per primo Salihou venuto
appositamente, poi gli austriaci Sabine e Peter, quindi Pam che mi
accompagna sino al rond point dove ci lasciamo con grandi abbracci.
Ora il Nomade punta a raggiungere la frontiera di Diboli; i primi 130
km. filano via lisci mentre la mia mente lavora a ruota libera su
vari temi, tutti incentrati al recupero di vestiti e indumenti intimi
usati da destinare ai bimbi della brousse, nonché al recupero di
oggetti finiti in cantina come vecchi pc ormai in disuso ma
funzionanti, lap top, stampanti etc.,macchine da cucire sia
elettriche che non, friggitrici, e qualsiasi altro strumento utile a
qualche cosa tipo generatore di corrente etc. etc..
Inoltre
fantastico su come organizzare degli incontri con un pubblico il più
vasto possibile onde presentare Pam non appena arriverà in Italia,
unitamente alla sua iniziativa, incluso quei nuovi progetti per i
quali necessitano fondi.
Mi vengono in mente le scuole dove insegnano
persone amiche, biblioteche, centri culturali tipo l'associazione
Italo-Britannica, e molto altro. Per questo chiederò l'aiuto di
quanti dispongono, oltre della propria sensibilità personale, della
possibilità di aprire altre strade ove lanciare il seme della
solidarietà, in modo da poter cogliere dei frutti in tempi brevi.
Sarebbe una
grande cosa poter organizzare un presidio medico periodico in grado
di farsi carico della salute e l'igiene dei bimbi, in grado di
fornire medicinali.
Intanto
noto che il quinto rapporto, una volta innestato, dopo un po' viene
rifiutato, tanto da arrivare a puntellare la leva del cambio con la
mano per contrastarne l'uscita, operazione che non sempre riesce,
mentre il rumore dell'ingranaggio che salta mi fa venire i brividi.
Ciò mi
induce a interrompere le fantasie, ancora di più quando colgo il
segnale di soccorso che mi viene lanciato da un camionista in panne:
mi fermo per capire di che si tratta, mi viene richiesto un passaggio
sino a Kayes; accordato.
Il tipo si porta appresso il pezzo in avaria
avvolto in indumenti onde non sporcare, e, pur essendo di poche
parole, lungo il percorso riesco a farmi rilasciare informazioni che
mi saranno utili in Senegal. Il tratto di strada che Il Nomade sta
percorrendo è pessimo, asfalto con buche giganti, tanto che i camion
si buttano completamente fuori dall'asfalto tracciandovi a fianco
una pista su entrambi i lati, anche questa accidentata. Insomma, per
percorrere i restanti 130 km. sino a Kayes impiego quasi quattro ore!
Ma la quinta, quando la innesto, ora viene trattenuta.
La giornata
è asfissiante, in cabina ci sono 38°, con livello di umidità
basso, ma sempre 38° sono. La presenza dell'ospite mi condiziona un
po' perché pensavo di fermarmi per pranzo e caffè, invece così mi
fermo solo per un sorso di coca cola e pipì, rimandando la sosta a
subito dopo la fine del passaggio. La realtà è che questo
clima e l'affaticamento annullano l'appetito, purtroppo non
annullano quella sensazione che viene prima del colpo di sonno; ma a
questo ci pensa quel po' di conversazione che riesco a fare.
Finalmente si arriva a Kayes e, scaricato il camionista, raggiungo
uno sbarramento della police. Qui non mi vengono chiesti documenti,
bensì se sono disponibile a trasportare sino al posto di confine un
collega: accetto.
Sale un tipo in borghese che chicchera solo di
football, peraltro storpiando i nomi dei calciatori italiani in modo
tale da rendermeli incomprensibili. Il percorso è ora meno
accidentato del precedente ed il poliziotto mi segnala prontamente
sia le buche che i dissuasori di velocità, arrivando a
complimentarsi per il tipo di guida e per la bontà del veicolo.
Arrivato a Diboli, frontiera Mali Senegal definita da un fiume, al di
qua sbrigo velocemente le pratiche maliane; quindi mi inoltro sulla
strada per il ponte trovandolo intato di camions fermi su entrambi i
lati. Manovrando di tanto in tanto raggiungo la sponda senegalese
trovando l'ufficio della dogana abbandonato, a questo punto cerco la
polizia per il timbro di entrata sul passaporto; qui il poliziotto,
fatto il suo dovere, mi indirizza sia ad un commissariato in città
che alla direzione doganale da lì poco distante.
Affronto Kidara, un
incubo: le strade non si ricordano dell'asfalto, semmai l'abbiano
conosciuto in passato, e sono delle montagne russe polverose. Il
primo step lo guadagno velocemente, per il secondo ci metto un po' di
tempo in più e si risolve in un passaggio parziale. Infatti, pur
tenendo per buono il carnet de passage en douane, mi viene rilasciato
un pass avant di un giorno onde recarmi a Tambacounda presso
l'ufficio competente per la registrazione del carnet con una concessione
di 15 gg., rinnovabili, per consentire la permanenza del veicolo in
suolo senegalese.
Tutto ciò perché ho dichiarato che non andrò a
Dakar, dove normalmente vengono registrati entro 3 gg. dall'ingresso
i carnet e solitamente credo concedano 30 gg. per il veicolo. Stando
così le cose decido di fermarmi a dormire presso il posto di polizia
e di muovermi alle prime luci dell'alba.
La scelta è
stata obbligata, ma del tutto infelice: la notte l'ho impegnata
principalmente a caccia di zanzare, è stata rumorosa, con poco
riposo. Il suono della sveglia, alle 6, mi fa scattare in piedi, ma
mi rendo conto che c'è ancora un gran buio; allora prendo anche un
caffè per arrivare alla luce. Alle 6.30 mi muovo con fari accesi
trovando la strada occupata da entrambi i lati da camions in sosta;
ci sono solo i peugeot 504 sovraccarichi in giro, oltre a me.
Svincolatomi dai camions in sosta iniziano le buche, che al buio sono
meno visibili, ma il rallentamento dei peugeot mi aiuta a capire dove
si trovano, mentre l'innesto della quinta risulta più bizzoso di
ieri.
Finalmente
comincia a schiarire, ma ciò non mi aiuta a vedere per tempo una
carcassa di vacca dal manto bianco stesa in mezzo alla strada: freno,
cerco di girare al massimo il volante, ma l'impatto c'è!
Apparentemente non ci sono danni e così proseguo. Finalmente il
manto stradale diventa accettabile, peraltro apprendo dalla
cartellonistica che c'è stato un bell'intervento della EU per
arrivare a questo.
I 182 km.da Kidara sino a Tambacounda riesco a
percorrerli in un tempo accettabile, ed anche l'ufficio dove sono
diretto lo intercetto abbastanza in fretta. Lì viene rifinita la
procedura, non dopo l'ispezione del funzionario addetto che si
preoccupa di rintracciare il numero di chassis del veicolo;
complessivamente tutti i contatti con le autorità competenti si sono
rivelati rapidi e privi di qualsiasi richiesta laterale.
Decido di
acquistare il pane e proseguire in fretta, ma davanti alla
boulangerie trovo una sorpresa: un tipo seduto su una sedia con bimba
in braccio mi saluta iniziando a porre le solite domande. Commetto
l'errore, nel rispondere, di parlare di BnD; a questo punto mi
documenta la sua attività come presidente di un'organizzazione di
volontari che opera nel settore della sanità, da lì inizia a farmi
parlare con alcuni in transito presentandomeli come personaggi di
spicco in città, tutti coinvolti nella stessa attività con
incarichi diversi. Poi chiama al telefono il tesoriere e me lo passa
affinché possa presentare BnD, avendo già in mente di proporre
qualche progetto, sul quale anticipo che non ci sono garanzie che
venga preso in esame e che comunque deve avere certe caratteristiche,
incluso quella di essere un piccolo progetto, il giusto per
cominciare a conoscerci.
Quando mi
svincolo fa già caldo, al punto da rinunciare alla fantasia di
recarmi nei territori Bassari, forse tanto belli, come dicono le
guide, ma anche tanto scomodi da raggiungere, dislocati in una parte
del paese già di per suo molto calda, al confine con la Guinea,
zona attualmente considerata a rischio.
Quindi mi
dirigo verso Kaolack, che vuol dire indirizzarmi al delta del Saloum,
uno dei luoghi più belli del paese.
E' a questo
punto che il Nomade si rende conto di dover chiamare la centrale di
controllo; si sono accumulati troppi problemi tecnici che richiedono
interventi:
- problema elettrico relativo a fusibile che continua a saltare – da qualche parte ci deve essere un corto circuito.
- problema meccanico relativo alla quinta marcia.
3) problema meccanico relativo alla collisione, comincio a sentire
rumori che non dovrebbero
esserci.
4) problema meccanico relativo al pneumatico anteriore lato guida,
usurato in maniera anomala.
La centrale
di controllo, cioè io, decide di far proseguire la missione a
velocità ridotta, ma, essendo ormai le 13.00, impone una sosta per
recupero energie.
Fra le
14.30 e le 15.00 riprende inesorabilmente la marcia, altrimenti non
si arriva a destinazione.
Sorrido al
ricordo di come la Lonely Planet definisce Kaolack: polverosa e
inquinata, luogo dove ci si ferma per rifocillarsi o per qualche
riparazione (caso più frequente).
Fatto sta
che sto procedendo in un habitat poco interessante, temperatura in
cabina sui 38°, finestrini anteriori aperti e polvere che si
incamera a volontà, quinto rapporto ormai reso inutilizzabile,
quindi conduco in quarta, mi vedo costretto ad una sosta durante la
quale eseguo l'operazione che spesso vedo fare ad atleti accaldati e
sotto sforzo: metto la testa sotto al rubinetto!
Intanto i
rumori sono diventati crescenti e poco rassicuranti: mi torna in
mente un episodio vissuto oramai quindici anni fa, o in Galles o in
Irlanda. Allora, a causa delle strade percorse che si trovavano in
pessimo stato di manutenzione, ad un certo punto il cambio non fu più
in grado di funzionare a causa della rottura di almeno un supporto
motore. All'epoca ci volle il carro attrezzi, qui spero di farcela
con i miei mezzi ad arrivare al soccorso, ma quando, superata
Kaffrine alle 17.40, possibile sede di tappa, anche la quarta da
segnali negativi, allora comincio a soffrire gli ultimi 60 km. che mi
separano da Kaolack. Metto un po' di musica per non concentrarmi sui
rumori in progress provenienti da sotto il cofano, ma non posso
evitare di pensare al fatto che, nel 2004, l'assistenza stradale
della copertura assicurativa mi impose il rientro dalla Bretagna in
aereo mentre il veicolo fu caricato su camion.
Entro in
città come una F1 in avaria guadagna i box, solo che qui non so dove
trovarli i box! Decido di concentrarmi su un campement o campeggio,
tipologia risultante inesistente; allora seguo una cartellonistica
specifica che indica alcuni alberghi con l'idea di chiedere di
parcheggiare al loro interno ed avere lumi su meccanici capaci.
Quando sono a tiro per uno di questi, il Relais de Kaolack, mi
avvicina un tale informandomi che quell'albergo al quale sono diretto
non è in grado di ospitare il veicolo, quindi mi offre di
parcheggiarlo davanti alla sua boutique in modo da essere guardato.
Intendiamoci, la sua boutique altro non è se non un baracchino con
tettoia che rivende un po' di tutto, ma la proposta è allettante ed
accetto.
Spiego che ho bisogno di un meccanico e questi si da subito
da fare per andare a cercarlo con una mobilettetaxi; al che preciso
che la cosa è da farsi domani. Intanto un altro tipo, seduto fuori
dalla boutique, si rivolge a me in italiano: penso si tratti di uno
dei tanti che ne conosce poche parole, invece si tratta di un amico
che traffica in Italia e che si rende subito disponibile ad
accompagnarmi, a bordo della sua mercedes, dal suo meccanico.
Lì
concordo per incontrarci al mio veicolo alle ore 8.00 del mattino,
quindi il senegalese italiano ci lascia al mercato, ancora trafficato
ed incasinato pur essendo già buio. L'uomo della boutique, Boubacar
– 33 anni, tel. 002212467336, organizzatore in proprio di tour come
guida, si ferma in vari magazzini ad acquistare merce diversa per la
sua attività, quindi rientriamo a piedi. Parliamo un po', così
trova il modo sia per farmi discorsi sulla proverbiale ospitalità
dei senegalesi che sulla sua professione di guida nella zona del
Delta, proprio ciò di cui avevo appena fatto cenno. Certo è che
con questa popolazione, anche quando non lo sai, in realtà è in
corso una partita a scacchi nella quale sei sempre tu sotto scacco!
Per oggi la
giornata la considero conclusa qui, anche se dovrò scendere sul ring
a più riprese per contrastare la supremazia delle zanzare, sempre in
vantaggio su di me. Alla fine, dopo averne stese parecchie, notando
il loro costante rinnovamento, decido di contrastarle passivamente,
dormendo dentro ad un sacco lenzuolo ove tengo la testa al riparo.
Nell'attesa
del meccanico ho modo di vedere una notevole popolazione studentesca,
buona parte con la divisa della propria scuola, recarsi al luogo
deputato alle lezioni; le ragazze sono tutte con i capelli tirati
lisci o con le treccine lunghe raccolte, e, seppur con l'uniforme,
piuttosto appariscenti e sexy, assolutamente diverse dalle colleghe
mauritane e maliane
Abbastanza
puntuale sull'orario concordato, arriva il meccanico, anticipato da
Boubacar, il quale ha deciso di stare al mio fianco.
Alla messa
in moto i rumori, che fino a ieri sera mi sono sembrati sotto
controllo, si scatenano.
Il percorso è breve per arrivare al garage,
un cortile delimitato da un muretto a mezza altezza nel quale sono
parcheggiate diverse auto, una più scassata dell'altra,
prevalentemente appoggiate su blocchi di pietre. In un angolo
l'atelier consistente in un ex contenitore frigorifero dove sono
custoditi gli attrezzi ed una decadente tettoia sotto alla quale vi è
una panca traballante per i clienti ed un mozzicone di sedia ex
ufficio, ma senza schienale: un po' desolante, ma non mi perdo
d'animo perché ho intuito che il professionista c'è. Infatti si
mette subito all'opera scartando l'ipotesi del supporto motore e
concentrandosi sulla boite de vitesse, per arrivare alla quale deve
prima smontare un pneumatico, l'ammortizzatore, i bracci della
sospensione, il filtro dell'aria, mettendo tutto su un telo posato
sulla sabbia polverosa.
Più i bulloni di vario genere si accumulano,
più mi rendo conto che ormai il dado è tratto: devo credere nelle
capacità dell'uomo. Mentre Boubacar inizia a conversare con me su
argomenti di taglio politico/sociale/economico, questi guadagna
subito punti considerazione da parte mia quando individua in un
pignone logorato per mancanza di olio l'origine del problema, a sua
volta innescato dalla sommatoria delle vibrazioni alle quali è stato
sottoposto il Nomade a partire da certe strade del Marocco, passando
dalla pista di Cinguetti in Mauritania, proseguendo per il tratto
senza goudron seguito da quello con goudron e buche attorno a Kiffa,
poi certi tratti di strade maliane, inclusa la pista nei pays Dogon,
sino all'ingresso in Senegal.
Quando il
cambio è completamente a terra, totalmente aperto, posso notare i
residui del logoramento depositati al suo interno.
Ora si tratta di
cercare un nuovo pignone Fiat, operazione impossibile in un
territorio colonizzato da Peugeot & Mercede; il tipo è sveglio e
capisce al volo che l'unica soluzione è quella di andare da un
tornitore per cercare di riparare al meglio il pezzo. Alle 11.40, con
20.000 C.F.A. di anticipo, parte con taxi alla soluzione del
problema.
Intanto arriva al garage anche Matar, il senegalese
italico, e la conversazione diventa più fluente e mirata ad argomenti economici legati a progetti in corso di realizzazione da
parte sua: in realtà sta cercando finanziatori o soci perché ha
fatto il passo un po' più lungo della sua gamba. Mentre il caldo
raggiunge il suo massimo, decido di ritirarmi a bordo, ma Matar mi
propone di andare con lui a vedere i terreni sui quali sono in corso
le sue iniziative. Attirato dal fatto di non dover scendere dalla sua
auto sulla quale penso di trovare in funzione A/C, resto deluso
nell'apprendere che A/C non funziona! Comunque si compie il giro, il
che mi mette in condizione di esporre le mie considerazioni,
specialmente sull'allevamento dei polli, che pare sia un'idea fissa
in questa parte dell'Africa.
Intanto il
lavoro continua senza soste mentre io mi prendo un attimo di tregua;
ora si fanno vivi dei ragazzini di strada incuriositi dal Nomade, e
con due di questi che sono fratelli, si instaura un rapporto che io
alimento facendo loro vedere molte foto del viaggio, nonché quelle
del Nomade durante le fasi della lavorazione. Il padre lavora a Milano, sono entrambi abbastanza discreti e rispettosi, e si
dimostrano interessati a tutto. Alla fine, il più grande dei due mi
fa una foto con il suo cellulare, pieno di clips di ogni genere.
Poi
al garage approdano anche due elettrauto per trafficare sui rottami
qui presenti; in qualche modo spiego le mie esigenze e loro si
mettono subito all'opera senza alcun strumento se non un filo
elettrico! Lavorando sodo in equipe, riescono a sistemare le varie
avarie in un tempo ragionevole; prima di chiedere il compenso mi
chiedono di essere trasportati in Spagna. Da parte mia replico con il
solito discorsetto tendente a smontare sul nascere le loro
aspettative, e ancora una volta ottengo il risultato di dissuaderli:
oltre a tutto solo uno dei due ha il passaporto, ma il Visa per la
Spagna non l'avrebbe mai ottenuto. Costo dell'intervento 6.000 CFA,
meno di € 10,00; forse li ho troppo bene ricompensati, ma se li
sono meritati.
Ormai è
sera ed il meccanico, aiutato dal figlio, è ancora all'opera, anche
se ormai è stato rimontato quasi tutto. Mi accorgo che pure la
serratura della porta guida, aperta dopo tempo immemorabile, non
funziona; accidenti, l'Africa è veramente tosta!
Metto in
moto, uso il cambio che va come un burro a temperatura ambiente
locale, sui 37° anche oggi, però riscontro il rumore da tubo dello
scappamento; nel buio più totale il meccanico, con l'ausilio della
mia torcia, si infila sotto il veicolo dove identifica la rottura.
Ormai tutto è rimandato all'indomani, incluso il saldo della sua
richiesta perché di CFA ora me ne sono rimasti ben pochi. Complessivamente vuole
120.000 CFA oltre ai 26.000 CFA che gli ho anticipato per il
tornitore e per l'olio del cambio; per l'Europa sarebbe poca cosa,
l'equivalente di € 210,00, per il Senegal mi sembra un bel pagare,
però mi ha risolto il problema rapidamente, e di questo devo tener
conto. Come meccanico niente da dire, come persona, avendo motivato
in modo così poco credibile la sua richiesta, inoltre senza
disponibilità alcuna al dialogo, mi è risultato un po' fastidioso.
Quindi gli
anticipo altri 40.000 CFA e domani dovrò correre in banca a
prelevare; anche su questa soluzione ha avuto da dire la sua,
pensando che potessi andarmene nottetempo; mi sono limitato a fargli
notare che con la portiera aperta non si può viaggiare.
Boubacar,
che si è presentato preoccupato di non aver avuto più mie nuove,
offre le sue garanzie e mi scorta sino al placement dove, non
contento, mi metto a smontare la serratura in modo da poter chiudere la porta
almeno con il chiavistello.
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