martedì 17 gennaio 2012

12-16.01.2012 Timbouctou, la misteriosa



Al momento di rimettermi in pista al mattino trovo subito una faccia nota ad attendermi: si tratta di uno dei due rasta, presto raggiunto dall'altro, che in maniera soave riprende a proporre ciò che il giorno prima avevo rifiutato; questi sono luoghi dove i “venditori” sono particolarmente scaltri, dicono le guide come Lonely Planet, quello che non dicono è che quasi tutta la popolazione maschile svolge in qualche modo questa attività!
Fatto un consiglio di bivacco, si decide di raggiungere Timbouctou per cercare di partecipare alla serata finale del Festival au Desert che è in corso a Essakane, periferia della mitica e misteriosa città nel deserto; quindi partenza verso le 9.30 per il trasferimento a Mopti, ultima località praticabile per il Nomade, da lì si va solo in 4x4.
Il trasferimento è faticoso perché lungo ed effettuato su strade sulle quali tutti i sensori di cui l'uomo dispone devono essere sempre allertati: il viaggio impegna tutta la giornata, si raggiungono 39° con 8% di umidità, la polvere sottile è dappertutto intorno a noi, ma anche dentro di noi, negli occhi, nei polmoni, sotto la lingua, 
nelle orecchie, addirittura il colore dei miei capelli vira verso il rossiccio, ringiovanendoli in maniera naturale! 
A mitigare la fatica ci sono solo le soste necessarie a riprendere energie utili per la guida, tutte rese possibili dalla presenza di alberi che ombreggiano e sotto i quali si percepisce una piacevole brezza rinfrescante.

Il Nomade è costretto anche a soste per controlli delle forze dell'ordine, controlli che a tutti noi sembrano blandi rispetto a quelli mauritani.
Con il buio si raggiunge Mopti, grande porto fluviale sul Niger, e subito si attiva un gran movimento di motorette attorno al Nomade: tutti ti vogliono accompagnare “for free” all'albergo, in realtà tutti ti vogliono poi assalire con le loro proposte, cosa che avviene regolarmente. 
Siamo talmente stanchi che riusciamo ad ottenere più in fretta il distacco delle sanguisughe, salvo cercarcene una tramite il personale dell'albergo (si chiama Y a pas de probleme) per organizzare l'avventura a Timbouctou. 
Il businessman che ci viene presentato ascolta la nostra richiesta e formula la sua proposta; solita trattativa che non ci fa decidere completamente perché noi chiediamo l'andata su una pista ed il ritorno per un'altra paesaggisticamente migliore, che pare non essere praticata quasi da nessuno e pertanto va interpellato il conducente per averne l'eventuale disponibilità.
L'appuntamento è per le 7.30 del mattino per le decisioni finali; infatti a quell'ora noi siamo + o – tutti pronti, il businessman afferma che il driver è d'accordo sull'itinerario, noi siamo disponibili a sborsare il rilevante importo sul quale ci siamo accordati pur di poter contare su un certo comfort e tutta la 4x4 a nostra disposizione, operazione questa fattibile perché siamo in cinque a dividerci i costi. Il tempo trascorre e l'auto che si è presentata vicino al Nomade resta chiusa; veniamo a sapere casualmente di un cambio di driver e dell'impossibilità ad effettuare l'itinerario da noi richiesto. Il businessman è irreperibile, cominciamo a spazientirci, intanto entra in azione un personaggio dalla tunica bianca che si preoccupa di noi, effettua una telefonata al businessman e lo fa parlare con Danilo. Concordiamo sul fatto che, se non si parte nel giro di 10', andiamo a cercare un veicolo 4x4 collettivo; veniamo rassicurati, ma tutti siamo consapevoli delle procedure africane e capiamo che il gioco è finito lì. In questa parte del continente non è d'uso dire di no, si fanno lunghi discorsi, sempre con il sorriso, ci si abbraccia spesso, si stringono le mani, etc. etc. etc., così per arrivare ad un risultato trascorre quel tempo che è solo nella nostra mente, mentre per i locali rappresenta altro.
Ci carichiamo dei bagagli utili alla escursione e ci muoviamo, il tipo con tunica lunga sembra tenerci molto a noi, ci accompagna sino al luogo da dove partono i veicoli collettivi ed introduce la nostra richiesta; poi è Duilio a trattare quando il sole già si fa sentire.
Se vogliamo partire per arrivare in giornata dobbiamo accettare un compromesso di notevoli dimensioni: ci sobbarchiamo il costo di alcuni posti in più per essere sicuri di partire, così il costo complessivo dell'operazione pareggia quello indicato dal businessman, con la differenza che ora saliamo su uno di quei veicoli sgangherati che va in moto solo a spinta e che, lungo la strada, abbisogna di varie soste per interventi meccanici. 
Inoltre esiste un codice di solidarietà fra i driver di questa categoria di 4x4 tale per cui si aiutano reciprocamente sulla strada. Pertanto alle nostre soste si è sempre fermata un'altra vettura per aiutare, così come a quelle dell'altra vettura ci siamo sempre fermati anche noi. 
Risultato, un viaggio lungo per il tempo impiegato, faticoso per la pista affrontata senza ammortizzatori/balestre/e non so che altro, polvere e sabbia oltre qualsiasi ragionevole immaginazione perché i veicoli viaggiano uno in coda all'altro a finestrini rigorosamente aperti.
Durante la sosta ufficiale per il pranzo consumato a Douentza entro in contatto con un ulteriore livello della realtà locale, quella dei bimbi sporchi che ti accerchiano con qualche richiesta, e fin qui tutto normale, ma poi sono pronti a scannarsi fra di loro per recuperare da terra la briciola del tuo panino appena cade, ti chiedono la bottiglia di plastica vuota, la scatoletta vuota delle sardine per quel poco di olio che vi rimane. Cerco di distribuire quello che ho dividendolo, ma la scena nella quale mi trovo a recitare la parte non mi piace per niente.
Ogni tanto un adulto alza la voce richiamando all'ordine la brigata, ogni tanto un adulto usa una corda come frusta per allontanarli senza nessuna remora a toccarli: sembra un inferno.
Nel frattempo, dalla parte opposta della strada, noto una moltitudine di bimbi che si accalcano con una ciotola in mano; vengo a sapere che sono lì per ottenere quel cibo che rimane nei piatti dei ricchi che stanno pasteggiando in uno dei tanti “ristoranti” su strada esistenti.
Da lì si procede poi con fermate plurime di reciproca assistenza fra i veicoli, in un paesaggio mutevole in dipendenza delle falde sotterranee che risentono della presenza a distanza del grande fiume, il Niger.


Con il buio arriviamo al Bac tardi tanto da pensare di dover passare la notte lì, invece lo vediamo pronto ad imbarcare i veicoli in coda, incluso noi.
Come avviene sempre in tutti i punti dove la gente è costretta a sostare, lì sorge una fitta rete di tende che offre “facility” varie al viaggiatore: cibo cotto, sia in umido che fritto che grigliato (carne di capra e/o pesci), bibite, sigarette, scatolame, etc., etc., etc., tutti articoli che con il buio appaiono maggiormente inquietanti ai miei occhi tanto da soprassedere a qualsiasi acquisto per motivi di sanità. 
Il Bac attraversa il fiume, qui particolarmente ampio, molto lentamente, irrorando di uno spry a base di acqua e gasolio chi si trova, inconsapevole, dalla parte delle macchine, mentre la temperatura scende repentinamente inducendo chiunque a coprirsi. Allo sbarco, avvenuto immancabilmente con la spinta del veicolo, ci aspetta l'ultimo tratto di strada sconnessa prima di arrivare a destinazione: lì chiediamo dove dirigerci per passare la notte. 
L'autista chiama immediatamente una guida locale che si rivela essere la stessa segnalatami da BnD; è un giovane capace che ci accompagna dove ritiene possa andare bene per noi. 
La prima soluzione non ci piace, così ci porta all'Hotel Bouctou dove, sia per l'ora che per la stanchezza, accettiamo di arrangiarci in due camere doppie mentre Danilo monta la sua tenda nel cortile.




Al mattino sono in grado di apprezzare maggiormente il luogo; poi arriva Bouba, la guida che abbiamo deciso di ingaggiare per la visita della città; effettuiamo un'interessante tour indirizzato alle moschee, tutte rigorosamente in ordine con il supporto dei fondi dell'Aga Khan, ed al museo nazionale. 


La città che porta il nome del pozzo dal quale una donna, Bouctou, trovò l'acqua, soffre per la mancanza di turisti, è isolata dal mondo ed i costi di qualsiasi bene di prima necessità è più alto che ovunque, la gente è molto mischiata fra quella di povertà estrema e quella che riesce a sopravvivere meglio. 
Ci sono nuove costruzioni in corso, ma il complesso Libia (ex Sofitel) è chiuso. Durante la visita incrociamo qualche bianco qui per il festival, però poca cosa. 


Via via che procediamo ci agganciano esclusivamente quei venditori che sono autorizzati da Bouba, in particolare due eleganti Tuareg che attendono il momento del pranzo al ristorante per presentare i loro oggetti. 


Nel pomeriggio arriva il momento del dunque: andare al festival oppure no? Siamo arrivati sin qui spinti da questo obiettivo, ma stamane qualcuno ci ha fatto sapere che l'ingresso per l'ultima giornata, rilevato su internet ad € 50 per i bianchi e neri non residenti in Africa, gratuito per i neri africani, viene proposto a € 130! con una gabola potrebbe essere acquistata la pass di qualche accreditato a € 100! Storie africane, ma non solo.







La nostra decisione è di andare personalmente sul posto ad effettuare le verifiche necessarie, ma se veramente le cose dovessero stare così, allora ci sosteremo sulle dune ad ascoltare la musica.
Bouba è molto gentile e disponibile; lo abbiamo pagato dopo il pranzo, ma lui è ancora con noi sia per accompagnarci a cercare di prelevare denaro che per portarci al festival a piedi, dopo che abbiamo scartato l'ipotesi del taxi per il prezzo richiesto. 
La camminata non è poi così lunga, in testa al gruppo ci siamo io e Duilio, ma dei due è lui che se ne intende di concerti. Pertanto, arrivati in vista dell'ingresso, lui si rende conto che non ci sono recinzioni e chiede a Bouba di scalare una duna in modo da essere già all'interno dell'arena costituita da una catena di piccole dune con, al centro, un palco.
Io mi rendo conto di come sono andate le cose quando vengo invitato a sedermi velocemente a terra per non attirare l'attenzione delle forze di sicurezza e dell'organizzazione di controllo.
La cosa non mi sembra ben fatta, ma ormai è fatta. Inoltre vedo che il pubblico è tutto nero = ingresso libero, mi vien da pensare che il biglietto noi l'abbiamo già pagato per il solo fatto di essere arrivati sin qui dando il nostro piccolo contributo economico lungo tutto il percorso in ogni occasione di acquisto di qualsiasi cosa più o meno necessaria offertaci.
L'ambiente è assai gradevole e coinvolgente, pieno di colori, musiche non sempre apprezzate dalle mie orecchie, ma costumi piacevoli, coreografia discreta, poco movimento sul palco (non si tratta di un concerto alla Jovanotti), gente che si muove fra le dune e la pianura, fuochi accesi qua e là, personaggi che ti contattano costantemente offrendo cibo, bevande, oggetti. 
Il ritornello è il seguente: sono venuto da lontano per vendere i miei oggetti d'artigianato, ma nessuno ha comprato, turisti non ce ne sono, ho speso quanto avevo per il cibo e per la notte, ho bisogno almeno del denaro per tornare a casa, e, avvicinando la bocca al mio orecchio, mi viene sussurrato l'importo richiesto per lo specifico oggetto. Io mi smarco con tutti sino a che, seduto accanto ad un fuoco, la solita litania cantata da un giovane apparentemente timido mi trova disponibile ad ampliare il discorso. Questo viene da Mopti, indubbiamente mi racconta una serie di balle, però mi piace parlargli spiegandogli che nessun occidentale è oggi in grado di comprare ogni cosa che viene proposta ogni due per due, tanto meno un “retraite” che per sopravvivere deve ricorrere a passare del tempo in luoghi dove la vita è meno cara che a casa propria. Il ragazzo è consapevole del rischio di impresa, oggi va bene e domani è un altro giorno, si vedrà, ma la mette sul piano dell'aiuto per tornare a casa. Alla sua iniziale richiesta di C.F.A. 30.000, prezzo Timbouctou, alla quale non avevo minimamente replicato se non per informarlo che non ero interessato ai suoi oggetti, è poi passato ad un prezzo Mopti C.F.A. 20.000, ma quando gli ho detto che nei giorni successivi sarei andato nei pays Dogon dove avrei trovato le stesse cose a prezzi ancora inferiori, allora è sceso a C.F.A. 15.000. Quando mi ha sollecitato per un eventuale aiuto gli ho offerto C.F.A. 5.000 con la possibilità di visitare la sua boutique a Mopti. A questo punto mi sono mosso per seguire il gruppo nell'arena dove stava per iniziare l'esibizione dei big, così c'è stata un'accelerazione che mi ha portato a trattare chiudendo a C.F.A. 9.000, consapevole di avergli dato un grosso aiuto e di aver speso € 15.00 per una coppia di statuette apparentemente interessanti, raffiguranti un capo villaggio Dogon con il bastone di comando e la Moglie, dotata degli attrezzi per preparare birra di miglio.
Oggi Duilio raggiunge quota 30 e festeggia offrendo birra; io ne bevo una, ma i ragazzi, che hanno deciso di fermarsi a dormire alla belle etoile, vanno avanti senza sosta con questo carburante. Dopo aver mangiucchiato qua e là, dopo aver camminato sulle dune ed aver visto le tende bianche montate dall'organizzazione a mo di campo della legione straniera, dopo aver incrociato gente di ogni dove ed aver scambiato qualche parola, dopo aver rifiutato mille proposte di acquisto, dopo aver osservato attentamente la gente attorno a me, dopo aver ascoltato la musica che mi sembra migliore a partire dalle 23.00, mi rendo conto che sono già passate da un pezzo le tre quando sento di avere sonno. Ora il concerto volge al termine, gli ultimi interpreti hanno scaldato di più il pubblico che sicuramente li conosce, spesso i canti sono stati accompagnati da danze sia sul palco che a terra, la musica continuerà in ambito più ristretto sotto forma di Disco music, è arrivato il momento per i due anziani di mettersi in marcia.
E' a questo punto che riappare Bouba chiedendo di Duilio, il quale arriva lì per caso poco dopo; i due si appartano parlando finché D. ci informa della richiesta di Bouba: egli sostiene di essere stato sottopagato da noi, di averci dedicato molto del suo tempo, di averci consentito di assistere al concerto gratuitamente senza denunciare il fatto, quindi richiede un cadeau.
A tutti sembra una caduta di stile, D. torna a parlare con Bouba sin tanto che io e Danilo decidiamo di andarcene; il saluto è cordiale e il ragazzo sembra un po' a disagio per la sua richiesta e le relative motivazioni.
Percorriamo una distanza superiore perché non ci fidiamo di cercare la stessa strada dell'andata, ora che il buio è colore dell'inchiostro, e quindi, dopo la sabbia, ci portiamo sul goudron arrivando al letto passate le 4, così da poter godere di tre ore di riposo prima di rimetterci sulla Timbouctou-Mopti, che, chilometricamente è lunga oltre i 400, ma non si è mai in grado di sapere se si arriva con i veicoli che la percorrono!
Alle 8 del mattino ci ritroviamo al bar; la macchina non è ancora arrivata, così come Duilio. Un messaggero del driver ci annuncia che tutto va bene e che in pochi minuti saliremo a bordo di un'auto molto più in forma di quella dell'andata. Compare Duilio giusto in tempo per caricare il suo bagaglio: oltre a noi cinque, sulle panchette ci sono altre sei persone e due aiutanti viaggiano sul tetto. 
Effettivamente l'auto sembra migliore, ma in poco tempo escono le sue magagne, prima delle quali la classica messa in moto a spinta! Arriviamo al Bac e, contrariamente alle attese, non c'è troppo da aspettare. Fra tutti i bimbi che chiedono qualche cosa, ci sono due ragazzine che Duilio coinvolge in giochetti da loro molto apprezzati. 








Dopo ci avvicina un personaggio elegantemente vestito seguito da tre guardie del corpo in borghese, ci saluta con stretta di mano annunciando che traghetteremo insieme; uno del seguito mi informa trattarsi del ministro della cultura, al che manifesto la mia gratitudine per la cortesia del saluto appena ricevuta. 


Certo è che anche qui il ministro della cultura deve valere molto poco a giudicare da come si muove; ieri, il primo ministro (donna) presente al festival era scortato da diverse auto, pur contando pochino: in questo paese conta solo il Presidente, la cui rielezione alle consultazioni che verranno tenute entro un paio di mesi sembra impossibile.



Superato il Niger l'auto mette in evidenza tutti i suoi limiti, inoltre si ferma per assisterne un'altra che abbisogna di interventi alle balestre. Di sosta in sosta la nostra meta continua a rimanere lontana. Arriviamo a Douentza alle 16 quando avevo previsto di poterci arrivare per le 14: qui rivivo la medesima scena dell'andata, solo che sono preparato e cerco di affrontarla con maggior disinvoltura. Nell'attesa di ripartire strappo anche qualche sorriso ad alcuni di questi bimbi, in particolare sembra che con alcuni avvenga una comunicazione diretta attraverso lo sguardo, il tocco di un dito con un dito, o di un dito con il naso.





Caduto il buio la stanchezza si fa sentire, ma l'auto procede più lentamente da quando si è completamente rotto il tubo di scarico/silenziatore facendo aumentare la rumorosità del motore. Ad uno degli ultimi controlli, quando sembra si possa riprendere la corsa, interviene un altro poliziotto inducendo il driver a seguirlo. Si anima una discussione, tutti i passeggeri insorgono dicendo che la polizia interpreta le leggi a modo proprio, Duilio viene invitato bruscamente da un poliziotto ad allontanarsi; alla fine tutto si risolve, probabilmente con una mazzetta, e si riparte. Intanto i due che viaggiano sul tetto sono costretti a scendere precipitosamente prima di ogni controllo, imboscandosi per superare il posto di controllo come contrabbandieri, risalendo più avanti senza essere troppo notati.
Sono già passate le 22 quando riesco a farmi una doccia togliendomi di dosso tutto quanto ho accumulato il questi giorni: la misteriosa Timbouctou resterà in me per ciò che è stata nel passato più che per ciò che è oggi, l'importante è essere riusciti a tornare vivi superando il detto che afferma che chi raggiunge Timbouctou difficilmente riesce a raccontare l'avventura a qualcuno.
Oggi la giornata è di relax con un giretto pomeridiano verso il porto e la moschea; purtroppo tutti i venditori locali che sono stati al festival mi riconoscono al volo e, dopo i calorosi saluti di rito, tornano all'assalto con le loro proposte che evito di prendere in considerazione.
In serata cena cucinata sui due veicoli e consumata attorno ad un tavolo dell'albergo, tutti insieme per l'ultima volta: domani partenza del Nomade per i pays Dogon mentre le francesine sur la route du soleil puntano su Bamako prima di passare in Burkina.
Mi salutano proprio mentre sto terminando di scrivere, ma anche se concentrato in ciò che sto facendo vedo che anche a loro dispiace un pò questo distacco.


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