Al risveglio del giorno del commiato da Pam, il Nomade è preceduto dai tre motociclisti. Nell'attesa di perfezionare il carico non riesco a resistere alla tentazione di rendere il veicolo più presentabile e, cominciando dalle finestre, via via do una spugnata a tutto l'esterno prelevando l'acqua già usata dal serbatoio che la contiene. Quindi arriva il momento: mi sento emozionato e basta poco per passare alla commozione, stato che vedo passare anche negli occhi di Pam e di Emilia.
Durante i mesi che Pam non trascorre in area (i più caldi) è solita organizzare degli incontri con le persone amiche dislocate in varie zone europee; queste, a loro volta, indicono degli incontri i più numerosi possibili nell'ambito dei quali Pam presenta la sua iniziativa, raccogliendo fondi per la causa. La donna è spartana ai massimi livelli, quindi voli low cost e spostamenti contando sul supporto che incontra dove arriva. Purtroppo non sarò in Italia quando lei ci verrà, ma conto comunque negli amici per organizzare qualche cosa di utile per lei, che non potrà che arricchire chi potrà ascoltarla.
Danilo ha già pensato ad una presentazione nell'ambito del plesso scolastico dove opera che, fra allievi e personale vario, conta oltre 2.000 persone.
Dopo esserci scambiati forti abbracci, nel momento di riprendere la strada mi rendo conto che mi sono dimenticato la donazione messa insieme nella tasca: gliela porgo invitandola ad usare l'importo come meglio crede perché mi è bastato qualche giorno vissuto insieme per capire quanto sia una persona vulcanica, affidabile e cristallina (anche un po' disordinata, che è in sintonia con il suo modo di vivere la vita).
L'appendice ai saluti è avvenuta al posto di controllo della gendarmeria subito dopo la sbarra posta sulla strada per Bamako; non mi ero nemmeno accorto di questo controllo ma, richiamato dagli agenti, sono costretto a sostare davanti alla loro postazione. Subito dopo la richiesta di esibizione dei documenti fa capolino Pam; il capo delle guardie le chiede se siamo suoi amici e, avutone conferma, ci invita a proseguire sulla nostra strada mentre noi tutti, senza farcene accorgere, scoppiamo a ridere.
La strada poi presenta il casello ove pagare il pedaggio; ormai siamo sgamati e trattiamo il prezzo in maniera conveniente per tutti. La strada è in buone condizioni, però si attraversano diversi villaggi dove è bene procedere assai lentamente a causa della presenza di dissuasori, i quali, se affrontati in modo appena più veloce del giusto, danno l'imput al distacco del letto basculante....e ciò non è piacevole!
Giunti attorno alle 13 a Didieni si provvede a qualche acquisto alimentare su strada; basta girare lo sguardo a ciò che è esposto sui miseri banchetti che ti ritrovi qualcuno collegato che ti raggiunge con la merce esposta su un vassoio portato sul capo. Quando capiamo che si sono concentrate troppe attenzioni su di noi, il Nomade si sposta oltre di qualche km. trovando sosta ombreggiata e ventilata: che meraviglia in una giornata che segna 36° a bordo, anche se solo l'11° di umidità!
Il paesaggio sta cambiando sino al punto d riuscire a vedere piccoli appezzamenti di terreno verdissimi sempre con maggior frequenza, anche se il terreno è di un rosso campo da tennis e la vegetazione più vicina alla strada si presenta secca di un bel colore caramellato.
Bamako è ormai in vista e i sobborghi sono in linea con le mie aspettative: una cosa inenarrabile.
Ad una svolta a dx sento il fischio di un vigile e capisco di aver commesso qualche infrazione. Accosto a dx mentre sono raggiunto da un ciclomotore a bordo del quale c'è l'artefice della fischiata. L'approccio è cortese ma duro, mi viene contestato di non avere effettuato il giro attorno ad un rondò praticamente inesistente, ed ha ragione. Danilo comincia un discorso per cercare di evitare l'ammenda, ma il tipo tiene la posizione sostenendo che il benvenuto nel paese è un discorso, ma l'attenzione alla viabilità è altra cosa. Io mi inserisco dicendo che sono Shibanì e che ci vuole un occhio di riguardo, lui replica che si, io potrei essere suo padre, ma Danilo potrebbe essergli fratello. Nel frattempo Danilo è sceso e gli va incontro, all'improvviso la situazione si sblocca quando il vigile gli dice “se vuoi darmi il benvenuto, puoi darmelo”. Danilo prende la palla al balzo e gli allunga 5.000 CFA di benvenuto (circa € 8.00), subito accettato dal vigile che si apre ad un gran sorriso, batte i tacchi e porta la mano alla visiera in un saluto impeccabile a me, a Danilo e al Nomade.
Ci dirigiamo alla ricerca del bivacco, già testato da Danilo l'anno scorso, che qui si chiama Djamilla; è incredibile come, attorniato dal caos africano, possa esistere una realtà così gradevole, tipo il Menata di Nouakchott, dove è possibile rilassarsi all'ombra ottenuta da un grande tetto di paglia che svetta in mezzo alla vegetazione di alto fusto, poggiando i piedi nudi su una stuoia, seduti su dei cuscini.
E chi ci ritroviamo? Prima le due francesine (Charlotte e Caroline), poi Duilio che, con un giro inenarrabile, è riuscito ad arrivare sin qui.
Par la serata, dopo essere stati in un altro bivacco dove sostano gli italiani del rally, ceniamo tutti assieme qualcosa fuori, facendo ipotesi sull'itinerario da seguire: in ballo c'è la possibilità di raggiungere Timbouctou dove, in questi giorni, è iniziato il festival del deserto al quale partecipano i più importanti musicisti maliani, famosi in tutto il mondo ma a me ignoti.
Mi ritiro verso le 2, ma fuori ci sono i guardiani ad intrattenermi con mille domande, finalizzate ad ottenere un passaggio per l'Italia o almeno per il Marocco. Anche dopo essermi coricato, i rumori delle loro conversazioni continuano per tutta la notte, così sono loro e le astutissime zanzare locali dai movimenti imprevedibili a non agevolare il mio riposo.
Per questo motivo al mattino sono un po' imballato, ma è necessario muoversi per cercare banche dove far lavorare almeno una delle carte di credito alla ricerca di valuta locale.
In tutta la giornata, anche dopo aver parlato con il responsabile di una delle tante banche presenti nella capitale, non si riesce a trovare uno sportello amico. Alla fine il cambio lo si fa al bivacco, così domani il pieno è garantito.
Dopo alcuni acquisti in un supermercato per residenti occidentali che espone prevalentemente produzione Francese, si utilizza la cucina del bivacco per poi pranzare al fresco di un locale molto coloniale, dotato di ventilatori a soffitto e begli oggetti maliani alle pareti.
Il bello è venuto dopo, quando, usando le bici, ci siamo tuffati nel caotico traffico, in mezzo all'inquinamento più assurdo, attraversando chilometri di mercati infetti, per raggiungere alcuni luoghi che desideravo visionare. Fra questi il Museo Nazionale ed un negozio di artigianato: che fatica! Ci saranno stati almeno 40° alle 14 quando, con molto tempismo, ci siamo messi in movimento.
E' stato un itinerario sofferto, con salite e discese continue ed il cambio inceppato su certi rapporti, occhi arrossati e gola pizzicante: è andata bene che ne siamo usciti indenni, per quanto io mi sia trovato basso di zuccheri e leggermente disidratato.
Se andare in bici nelle città europee a volte può risultare faticoso, qui, dove le città anche di non enormi dimensioni riescono ad esprimere il peggio al quadrato, a volte al cubo rispetto a quelle, non sarebbe stato il caso di usarle, bensì di muoversi in taxi come era accaduto a Nuoakchott.
Se mi fermerò ancora qui nel ritorno, saprò come comportarmi!
Dopo il giro ritrovo le francesine e Duilio, si parla e si prende la decisione: domattina si parte tutti insieme per Segou. Sono soli 220 km. da percorrere e pare serviranno 6 ore buone, pur essendo tutto goudron.
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