Notte calda, qualche zanzara verso mattina, operazioni per mollare gli ormeggi eseguite in sequenza secondo sincronizzazioni ampiamente collaudate (carico H2O, scarico residui, pulizia parabrezza), uscita dal Menata verso le 8.30 per rifornimento gasolio (650 km. = 70 lt.), gonfiaggio pneus presso Michelin, carico H2O in bottiglia; finalmente si va, ma la troppa sicurezza ci porta sulla strada di Atar, anche perché c'è stata una segnalazione errata da parte di un interpellato .
Qui non esiste la cartellonistica con indicazioni stradali, si va con l'orientamento in base alla posizione del sole! Pazienza, recupero la giusta direzione, e, lentamente, causa traffico e la dimensione della città che da questa parte è particolarmente sviluppata, superati alcuni controlli con consegna fiches, ecco apparire il paesaggio che mi aspettavo: deserto tipo Sahel, deserto tipo Sahara, ancora deserto tipo Sahel, a volte entrambi presenti contemporaneamente, l'uno da una parte e l'altro da quella opposta rispetto al goudron, colorati in maniera assai diversa fra loro.
La temperatura raggiunge e si mantiene sui 35° con 12% di umidità, pertanto sopportabile; il manto dell'asfalto non è dei migliori ma, dalle descrizioni avute da ben informati, mi aspettavo di peggio. La velocità che si può tenere non è elevata sino a una quarantina di km. dopo la capitale, successivamente aumenta un po'.
Su questo itinerario il traffico è più intenso, il che rende la guida maggiormente impegnativa in quanto la larghezza della carreggiata non è totalmente usufruibile, e ciò a causa di logoramenti del goudron sui laterali; oggi il Nomade è l'unica presenza straniera lungo tutto il percorso!
Lungo tutto l'ultimo tratto del percorso, particolarmente indicato per l'agro pastorizia (ancora continuo a chiedermi come ciò sia possibile), su entrambi i lati della strada, capre, pecore, vacche, ma non solo quelle “al pascolo” nel deserto, bensì molte morte, probabilmente tirate sotto da veicoli in transito.
La particolarità è data dal fatto che, con le condizioni climatiche del luogo, le carcasse non degenerano, si mummificano prima, e poi si fossilizzano confondendosi con le pietre.
Con l'obiettivo di arrivare nel giro di due/tre di giorni in Mali, guido sino a che è possibile, sostando per la notte, previo autorizzazione delle forze dell'ordine, in un villaggio sito a distanza di 487 km. da Nouakchott e 130 km. da Kiffa, che di nome fa Ashram!
Si tratta di baracche e casupole ai bordi della strada per il Mali. Quando diamo un'occhiata alle varie attività commerciali, i primi ad avvicinarci sono i bambini, poi qualche adulto: questa è una di quelle situazioni che Danilo privilegia. Anche se in pochi parlano il francese, per lui non ci sono problemi: in questi casi da sfoggio della conoscenza di un po' di arabo, tanto per far ridere tutti.
Notte calda e visitata da qualche zanzara. Con davanti 350 km. di strada più impegnativa di quella di ieri, conto oggi di arrivare ad Ayoun el Atrous, ultima località di una certa rilevanza prima di raggiungere il confine del Mali (altri 120 km.) che verrà passato in direzione Nioro du Sahel il mattino del giorno seguente, in modo da raggiungere Diema entro sera e rintracciare l'organizzazione di Pam Young che, avvisata by mail, mi sta attendendo.
Partiti alle 7.50 (ns.guiness dei primati), raggiungo Kiffa pensando di trovare una vera città; in realtà è ancora uno dei soliti mercati sviluppati lungo la strada, caotico, invaso dalla sabbia e dalla sporcizia, dove rischio l'insabbiamento solo per manovrare l'inversione di marcia. Incamero ben 80 lt. di gasolio dopo una percorrenza di km. 480; il consumo è giustificato sia a causa della qualità del prodotto, sia per il tipo di manto stradale che per il vento sui ¾ laterale.
Ora l'ambiente circostante è molto simile alla savanha, con alberi dal tronco sviluppato e dalla ricca chioma, però la strada non è più asfaltata per un bel pezzo. Per consentire il lavoro di rifacimento della sede stradale andata distrutta, è stata tracciata una pista sinuosa di un certo fascino, ma totalmente ondulé, dove ti senti frullato e sempre in pericolo di insabbiamento.
Quando non si procede sulla pista, l'asfalto è pieno di buche sabbiose di tutte le dimensioni, di profondità variabile: bisogna procedere a vista corta con grande cautela, la condizione giusta per dare una mazzata agli occhi in quanto la vista, già resa difficoltosa dalla sabbia in movimento sulla strada e dalla luminosità condizionata dal pulviscolo in sospensione nell'aria, li fa stancare più in fretta.
In questa situazione i normali e ripetitivi controlli di polizia diventano un filo fastidiosi, specie se accompagnati da qualche richiesta inopportuna, esattamente quanto avviene più ci si avvicina ad Ayoun.
I momenti più significativi della giornata sono stati quelli degli incontri; il primo con i ragazzini di un villaggio dove Danilo si era visto costretto a trascorrere un'intera giornata durante il viaggio dell'anno scorso a causa di un'avaria al veicolo che lo aveva in carico, il secondo durante una sosta a bordo strada che ha polarizzato in un attimo un tot di ragazzi, ma anche alcune donne, due delle quali con bimbi piccoli in braccio, uno dei due completamente nudo.
Ho trovato divertente che, a fronte della paura ad avvicinarmi manifestata da parte dei ragazzi, quando ho avvicinato il bimbetto nudo in braccio alla madre tendendo la mia mano, questi mi ha spontaneamente porto la sua senza alcuna remora, guardandomi per quello che appaio, uno Shibànì (forse si scrive diversamente, ma il suono è questo) , con due occhi fra il sorpreso ed il curioso, per niente intimorito. Ho poi cercato di invitare i ragazzi attorno alla mappa del mondo del Nomade per fotografarli, ma non c'è stato verso.
Nessuno parlava francese, così ho indicato la Mauritania e loro, poi ho indicato l'Italia e me, e questo l'hanno capito. Quindi ho elencato altri paesi lontani dei quali loro ripetevano i nomi, li ho salutati dando la mano a tutti e li ho lasciati dopo aver dato loro una nuova storia da raccontare nel villaggio.
Al penultimo controllo di polizia, effettuato alle 17.15, dopo scambi telefonici con quello successivo da parte del capo posto, veniamo autorizzati a raggiungere quello di Ayoun distante 50 km. per le 18 e a sostare lì per la notte. Con questa tempistica da rispettare mi ritempro quel tanto che basta, inoltre il fondo stradale ora è nuovamente decoroso, così alle 18.05 arriviamo a destinazione.
Per la prima volta in questo viaggio, oltre alla fiche mi viene richiesto di esibire anche la copertura assicurativa: probabilmente qualche occidentale in transito per il Mali “dimentica” di sottoscriverla al confine di entrata, e così viene poi pizzicato nei pressi dell'uscita dal paese. Non è però il mio caso. Parcheggiato il Nomade dietro il posto di polizia, anche se entrambi affaticati, procedo a cucinare del riso nella formula di un risotto, del quale entrambi siamo ghiotti.
Non tarda poi ad avvicinarci un poliziotto che, promettendoci una protezione speciale, cerca di spillarci qualche banconota.
…..e oggi è arrivato il momento, si va nel Mali. Puntuale s'è rivisto il poliziotto con la sua richiesta; Danilo lo ha dribblato e poi, al momento di muoverci, è passato a salutare il nucleo di guardia regalando una confezione di thè che non ha del tutto soddisfatto il boss.
Fatto un giro in centro alla ricerca di compagnie di assicurazione, procediamo oltre in quanto nessuna attività è ancora entrata in funzione.
Puntiamo allora decisi verso la frontiera, entrando in Kobenni con lo stesso scopo. Qui, data l'ora, le attività sono tutte in corso, ma decidiamo solo per il cambio valuta. In “down town” troviamo un gran numero di donne, chi è seduta a terra, chi è in piedi attorno ad un camion carico (probabilmente di sacchi di riso), e ci chiediamo il perché; veniamo così a sapere che si tratta della traduzione in generi di sussistenza delle donazioni effettuate da ogni buon islamico professante nella misura max. dell'1,5% del proprio reddito o qualcosa che gli si avvicina. Infatti, in mezzo alle donne, ci sono due individui con carta e penna a prendere nota delle persone bisognose.
Immediatamente veniamo attorniati da alcune, con bimbi al seguito, con richieste di denaro: in quest'area si ripetono le visioni di bambini completamente nudi, sesso al vento, in netto contrasto con la ricchezza di mandrie delle varie specie, costantemente in movimento, alla ricerca di “pascoli”.
Prima di partire noto ragazzi sparpagliati a giocare in vario modo; nel momento in cui mi vedono estrarre la macchina fotografica si precipitano di corsa verso di me.
Dopo aver cercato di dialogare in qualche modo, li attiro attorno alla mappa del Nomade, riscontrando in loro interesse e curiosità. Hanno studiato, mi dicono, conoscono il francese, fanno considerazioni corrette sulla dislocazione dei luoghi, dimostrano di conoscerne diversi. Quando punto il dito sull'Argentina, ad alta voce, quasi in coro, ne dicono il nome; allora io dico Messi, e loro subito dicono Barça, qualcuno dice Ronaldo, io dico Real Madrid, suscitando grandi risate; a questo punto, in un territorio così alla fine del mondo, si schierano alcuni a dito alzato, altri a dito abbassato, a dimostrazione che il tifo per le due squadre spagnole li suddivide abbastanza equamente. Dopo avermi chiesto dove si trova Milano, Torino e qualche altra città dell'Italia, ci lasciamo felici del breve incontro.
Da adesso in avanti le richieste di fiches si fanno esagerate, sin tanto che arriviamo alle casupole che rappresentano il posto di frontiera Mauritano. Qui le procedure scorrono rapidamente e con una sorpresa: a detta dell'ultimo funzionario (con l'occhio lungo, era riuscito a vedere il carnet de passage en douane nel mio sacco) il carnet è necessario per la Mauritania. Ma allora quelli all'entrata hanno cercato di spillarmi denaro dicendomi che non è valido e costringendomi ad una pratica diversa, nota come pratica dei 10€, anche se a me poi non sono stati richiesti.
Complessivamente il Nomade ha percorso km. 2.945 sulle strade mauritane, km. 6.645 dalla partenza, sino ad ora in perfetta forma.
Anche nelle casupole del Mali tutto procede quasi con la stessa rapidità, però c'è da effettuare una sosta negli uffici doganali di Nioro du Sahel per la temporanea importazione del veicolo.
Sorpresa, per arrivarci bisogna superare una sbarra e pagare un pedaggio; qui l'addetto cerca di spillarci il doppio della tariffa, ed in parte ci riesce, smascherandosi poi con la consegna della ricevuta dove è segnato l'importo che si sarebbe dovuto pagare.
Lungo il percorso cambiano i panorami: la vegetazione diventa più fitta, il terreno piatto ma non più così sabbioso, le mandrie più numerose e unitariamente con maggior numero di capi.
Giunti lì alle ore 13.30, scopriamo che non serve il carnet e che la pratica deve essere autorizzata dallo Chef che attualmente sta alla moschea! Ok., si torna a bordo per pranzare, quindi nuovamente nell'ufficio dove ancora non si vede il funzionario. Poi scopro che è lì ma sta dipanando una faccenda con degli svizzeri, ai quali gli sento dire che non si può fare. Non so cosa non si possa fare, ma capisco che la sosta sarà lunga. Finalmente gli sottopongo il mio caso; mi risponde che se ho il carnet è tutto più semplice, invitandomi a portare il veicolo davanti all'ingresso per visionarlo. Nel mentre procedo allo spostamento, quello si eclissa; no, non è corretto, semplicemente si mette a mangiare con un altro funzionario e due segretarie dentro all'ufficio, e non è il caso di interromperlo!
Dopo ancora un bel po' di tempo, dopo essere stato sollecitato informandolo che dobbiamo visitare qualcuno a Diema, nel metterci al corrente dell'anziana francese che sta lì, delega alla visita lo stesso che prima aveva detto che senza il parere dello Chef non poteva fare nulla. Dopo un altro bel po' di tempo avviene la visita a bordo.
Dopo l'agente inizia a scrivere fino a che si tratta di lasciare lì 5.000 CFA (meno di € 10), di raggiungere un comando di polizia poco lontano e far apporre un timbro. Individuato il comando vi ci entro trovando un ambiente “rilassato”; dall'uno vengo passato all'altro, quest'ultimo mi invita a seguirlo in un ufficio e comincia ad esaminare ciò che gli ho passato. Intanto un altro, seduto di spalle a me sulla stessa panchetta, inizia a parlarmi. Fortunatamente riesco a capire ciò che dice: è stato ad Orvieto all'accademia di formazione, nell'ambito di programmi governativi esistenti. Da quel momento sono costretto a sorbirmi centinaia di foto che si affretta a far passare a video, spiegandomi i vari passaggi dell'addestramento. Non so come fare ad andarmene, anche perché il primo mi fa capire che ciò che lui doveva fare l'ha fatto, ma chi deve intervenire dopo di lui non c'è! Quello di Orvieto mi dice che non ci sono problemi, non mi farà dormire una notte lì per questo, implicitamente ordinando all'altro di completare la pratica. La situazione mi sembra una di quelle da richiesta di qualcosa, allora io invito l'accademico ad uscire per conoscere il mio amico. Quando siamo fuori lo presento a Danilo che nel frattempo era stato raggiunto dal furgone delle due francesine (toste per essere già qui a ridosso di noi) le quali non hanno caricato Duilio che era ancora in alto mare per la pratica della moto. Do loro qualche utile consiglio circa la Dogana, salutiamo il graduato e ci dirigiamo verso Diema. Altra sbarra, altro tratto “autostradale” dove contrattare il pedaggio, e via. Compaiono i primi baobab, i villaggi sono i classici villaggi con le capanne tonde dal tetto di paglia, chiunque incontriamo sulla strada lancia un saluto, ora si vedono anche i cavalli, il terreno appare scuro con fili di erba diventati paglia, anche se ancora ben radicati nel terreno, all'attraversamento dei villaggi c'è una corretta segnaletica stradale che preannuncia la riduzione della velocità e la presenza di dissuasori, ma non evidenzia la loro dimensione!
Quindi, all'intercettazione del primo, salto e letto basculante sulla testa! Poi nessun problema, si rivede anche il sole che può riapparire dopo che la sabbia spinta in aria dal vento della Mauritania l'aveva oscurato per tutto il tempo!
Arrivo a Diema ed individuo village ventures con una semplice indicazione avuta per strada; l'accoglienza da parte di Pam è ottima, e poi non è nemmeno così anziana, oltre a non essere francese! Ci introduce agli altri presenti, una coppia inglese con camper e mongolfiera al seguito, una tipa ungherese di Budapest, Emilia, ed una U.S. di Boston. L'ambiente è gradevole. Mettendo insieme qualcosa ceniamo all'aperto riproducendo lo spirito del bivacco, mentre Pam racconta vari aneddoti. Ad un certo punto mi sento troppo stanco per riuscire a seguire la conversazione che avviene principalmente in inglese, ma anche in francese ed in spagnolo, così aggiorno il proseguimento dei discorsi all'indomani.
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