13.12.2011
Pur essendo Midelt a quota 1500 s.l.m. la notte è passata in modo confortevole. Nell'attesa del guardiano provvedo a lavare e rimontare gli scudi del parabrezza, predispongo la merce da consegnare a bordo, scarico l'acqua usata e ne carico di pura; a questo punto, con puntualità inaudita, arriva il berbero sessantunenne a bordo del suo ciclomotore di produzione locale e mi fa strada sino ad un atelier un po' fuori nel quale le suore producono tappeti berberi e altro utilizzando mano d'opera del posto. Parcheggiato il veicolo vengo indirizzato poco lontano, in una casetta con giardino occupata momentaneamente da suore che ne sanno poco di BnD. Io presento l'iniziativa e sono ben accolto da Soeur Jeanne che viene raggiunta poco dopo da Soeur Geneviéve, la prima infermiera anni 81, la seconda insegnante anni 86.
Ne ricevo un'ottima impressione, sono entrambe di lingua francese, temprate dalla dura legge del terzo mondo, dove, se fai del bene senza discriminare, diventi parte del tutto. Come organizzazione, le francescane sono lì dal 1920, impegnate per i poveri sia negli ospedali, nell'insegnamento e assistenza portati nei luoghi più remoti, e lì, ve lo assicuro, basta poco per trovarsi in un luogo remoto, appartenente ad un tempo che in Europa non c'è da secoli. Eseguita la consegna ufficiale con foto (alla fine ho dovuto eseguirle personalmente perché risultasse inquadrato qualche cosa di pertinente all'operazione in corso), ho gustato un caffè accompagnato da biscotti de la maison assai gustosi mentre conversavo amabilmente con le due. Quando ho chiesto suggerimenti per approvvigionamenti della cambusa, Jeanne 81 si è offerta di accompagnarmi salendo a bordo e facendo la guardia mentre eseguivo gli acquisti: formidabile, con quella sua aria da innocente capitata lì per caso!
Lasciate le Soeurs sono tornato in centro per collaudare, attraverso un prelevamento, la Genius Card preriempita di euroni; anche questa operazione è andata bene, salvo il limite di prelevamento a 2.000 D, poco meno di € 200. Lasciando Midelt la strada continua a salire senza strappi esagerati sino a scollinare sui 1.950 m.s.l.m.. I paesaggi che incontro sono vari e incantevoli. Quando decido di mettere qualche cosa nello stomaco devo superare l'imbarazzo della scelta fra varie scatolette appena comprate, optando per una tajine di sardine (trasformate in polpettine) veramente gustosa.
La strada da percorrere è ancora lunga, essendomi riproposto di arrivare ad Erfud, se non addirittura a destinazione finale (Merzuga – Hassi Labiad) con luce solare; le cose prendono una piega diversa quando, superato il tunnel del legionario, desidero fermarmi per eseguire delle foto.
Lo slargo che mi andrebbe bene è occupato da una 4x4 Toyota L.C. a targa locale; poco male perché mi fermo subito dopo. Essendo questo un tratto spettacolare rappresentato dal Uedi Ziz che si incanala fra gole, generando ai suoi lati oasi con palmeti, ulivi ed altra vegetazione che destano in me il massimo dell'ammirazione, le soste sono frequenti.
E' così che ci ritroviamo, il Nomade e Toyota L.C., negli stessi spazi, sin tanto che si inizia a dialogare. Mohamed, sposato, ha una bimba e si occupa di tour nel deserto con questa 4x4 (boudine.med@gmail.com ).
Parliamo in francese, ma ci scappa anche l'italiano che lui conosce per frequentazione di lavoro; da qui in avanti lui mi indica i luoghi migliori dove prendere foto e, in due occasioni, mi fa salire sul 4x4 per piccole divagazioni sull'itinerario, rivelatesi entrambe di grande interesse fotografico.
E' chiaro che presto mi delucida sulla sua professione, sulla sua conoscenza del territorio e sulle sue tariffe, ricevendo da me risposte evasive in funzione di quello che sarà l'incontro con Polona e Dave.
Praticamente arriviamo a Er Rachidia al tramonto, incontrando difficoltà dovute al blocco delle principali vie di accesso da parte del petit taxis in disaccordo con i grand taxis. La città è in grande crescita, piena del solito traffico caotico, con strade larghe confinanti con distese polverose. Al terzo tentativo Mohamed riesce ad aggirare i blocchi, così ci dirigiamo all'Hotel Kenzi dove lavorano dei suoi amici e dove io posso connettermi. Prima prendiamo un the in un locale ad uso del personale, assolutamente inaspettato così da ultimo mondo pur appartenendo ad un Hotel con un numero elevato di stelle: attraverso questa operazione vengo a conoscere quattro autoctoni che espletano funzioni diverse nell'hotel, e la conversazione, aiutata dall'inserimento di M ogni volta che si rende necessario, scorre piacevolmente.
Poi vengo messo in condizione di operare nella hall, ambiente freddo inteso come numero di gradi celsius rilevabili (qui il riscaldamento è un optional non sempre disponibile), e il tempo vola. Quando ho quasi terminato M mi propone di cenare assieme al suo amico, ed io accetto prontamente; ormai il Nomade resta parcheggiato dove si trova, anche se 100 D. non mi sembrano affatto pochi per la sosta. Al momento di lasciare l'hotel sulla 4x4 apprendo che la cena sarà in famiglia dell'amico, il che mi stuzzica non poco. Arrivati nella casa, area urbana periferica in grande espansione con costruzioni a due piani tutte eguali, si affaccia una bimba graziosa che mi viene presentata, ed il rito prevede subito baci sulle guance; poco dopo arriva la sorellina più grande, Samira, altrettanto graziosa, con la quale si scambiano altri baci. Ora mi aspetto di essere presentato alla moglie, ma questa resta defilata e, anche quando compare, è come un fantasma che c'è ma non si vede e non si tocca! Vengo invece introdotto in una camera dove giace la madre dell'amico ( egli porta il nome Elhamadaoui Elkhlafa ), donna di anni 71 logorata al punto da sembrare un cadavere, ammalata di qualche cosa per cui mi viene chiesto se a bordo dispongo di una medicina adatta. Indago sulla questione e apprendo che un medico l'ha visitata dopo alcuni giorni dall'inizio della malattia, prescrivendo uno sciroppo per la tosse, ma la vecchietta sostiene di aver bisogno di altro e, sia il figlio E che l'amico M, sono desiderosi di accondiscendere ai suoi voleri. Chiedo se ha la febbre e mi inducono a toccare la fronte; non essendo medico, a me non sembra calda. In ogni caso accetto di tornare all'hotel per vedere se posso fornire qualche cosa. Così approfitto per prendere su un presente per le bimbe, unitamente al termometro e a tre medicine da valutare in base alla febbre. In realtà la temperatura rilevata alla vecchietta è di oltre 38°, quindi lascio due medicinali appropriati con le indicazioni terapeutiche ed i ringraziamenti di tutti. Fatto accomodare nella sala da pranzo dopo essermi tolto le scarpe esattamente come gli altri, noto che i posti preparati sono solo per noi tre maschi! Samira porta avanti e indietro i piatti (la sorellina è già andata a letto), mentre si mangia in maniera tradizionale con le mani un'ottima tajine, sviluppando discorsi interessanti sotto l'influsso di quel buon profumo che i piedi emanano alla fine di una giornata dopo essere stati usati parecchio. M dormirà lì, ma prima mi riaccompagna all'hotel: saluto Samira come se fossi uno zio, o meglio, un nonno, ma alla donna di casa riesco a dare un saluto di ringraziamento solo da lontano. A bordo scarico foto e utilizzo ancora wi fi, ma il segnale è debole rispetto a quello catturato nella hall, perciò le cose vanno a rilento. Sono le 2 l.t. quando guadagno la posizione orizzontale.
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