domenica 18 dicembre 2011

16.12.2011 una giornata a Khamlia





Stamane mi metto in moto non senza qualche difficoltà, al punto da ingoiare del paracetamolo!
La marmellata di bordo è terminata, mentre tutta quella che avrei dovuto imbarcare è rimasta nel frigo! Comunque me la cavo egualmente, anche se in giornata dovrò fare acquisti alimentari, e qui dove mi trovo mi vien quasi da ridere a pensarci.
Trascorro un po' di tempo a predisporre il nuovo post prima di recarmi nella reception per metterlo in linea. Mentre sono impegnato in questa operazione assisto al rientro di Monica e Dave dal bivacco nel deserto; li informo che fra un po' mi recherò a Khamlia (una ventina di km. da qui, dove raggiungerò P.), ma prima devo assolutamente consegnare loro il vino che mi avevano richiesto.
Anche loro saranno lì nel pomeriggio in quanto, da volontari, allenano la locale squadretta di calcio. Una parola tira l'altra e così apprendo che D. ha viaggiato in varie parti del mondo sia a piedi che a bordo di una Vespa, in maniera assolutamente spartana così come è la vita che conduce qui.
Seguendo le istruzioni di P. non ho difficoltà a raggiungere il luogo che si trova sulla strada per Taouz (la pronuncia ricorda molto la città del deserto in territorio algerino - Touzer), dove l'asfalto finisce.
Appena entro sulla pista del villaggio, con il primo saluto a cui rispondo vengo subito indirizzato nel migliore dei modi; anzi, quando parcheggio dietro l'auto di P., mi si affianca un gentile autoctono che mi conduce sino quasi dentro l'aula dove P. sta insegnando francese.
Dopo ci spostiamo nella sede del gruppo musicale Zaid chiamato Pigeon du Sable; e già, perché questo è un villaggio abitato dai pronipoti degli ultimi schiavi neri provenienti da sud, ”Africa” pura, e la loro etnia è la Gnaoua, famosa per il tipo di musica che esprime.
Vengo presentato da P. al presidente dell'associazione, Mohammed Oujezz, e sono invitato a visitare la sala della musica ed a sbizzarrirmi con le foto. 
Uno strano luogo questo, dove si mischiano le energie di ONG di varia provenienza, spagnole, francesi, italiane, con presenze di ragazzi di nazionalità anche lontane.
Dario, per esempio, 24 anni, argentino di Buenos Aires, o Luisa, 31 anni, spagnola di Madrid, lei è qui per la musica, lui perché gli piace la tranquillità del luogo e la gente che lo abita. Alla mia domanda specifica sul come fossero arrivati qui, lui mi racconta di una amica dell'amica che in passato aveva prestato la propria opera di volontariato con un'associazione spagnola in contatto con i Pigeons du Sable (www.khamlia.tk) lasciando nelle mani di non so chi un loro biglietto che è poi servito per indirizzarsi qui, essendo accettati dalla comunità che ha anche fornito gratuitamente una stanza dove dormire. Sembrano storie di un altro mondo, eppure qui accadono ora!
Dopo una breve attesa consumata con the e arachidi, P. ed io, in compagnia di una signora locale, raggiungiamo la casa di una persona che ha partorito pochi giorni fa il suo quarto figlio con lo scopo di consegnare dell'abbigliamento per il bebé.
Lungo il tragitto è tutto un salutare altre donne secondo il loro cerimoniale, parte di queste si uniscono in processione sino alla nostra destinazione.
La puerpera è una donna dai lineamenti somatici del viso molto interessanti, nerissima, con il bimbetto arrotolato nella coperta legata e un cappellino in testa, così piccolo e già spalmato del colorante che viene normalmente messo attorno agli occhi; non accetta di essere fotografata con l'erede, ma il bimbo può essere ripreso. 
Chiedo a P. di riceverlo fra le sue braccia ed eseguo qualche foto: ho notato che P., in particolare quando tiene un bimbo piccolo così vicino a se, assume un'espressione di una dolcezza estrema, quasi struggente, tale per cui un Botticelli o un Raffaello se ne sarebbero contesi certamente la presenza come modella per un dipinto di “madre con bambino”.
Consegnati i vari capi d'abbigliamento ed espletate con tutti i presenti le procedure di saluto, riattraversiamo tutto il villaggio incontrando altre donne: perché niente uomini in giro? Perché è venerdì e gli uomini sono tutti nella moschea a pregare, mentre le donne restano a casa a lavorare (o a pregare in un altro modo).
Sento che è venuto il momento di pensare al pranzo; chiedo a P. come fare, e mi viene spiegato che siamo tutti invitati a consumare un cous cous in compagnia, all'aperto, nella sede dell'associazione.
Forse per l'occasione, anziché mangiare con le mani, viene fornito un cucchiaio ad ogni presente con il quale scavare nel grande vassoio da portata messo al centro, mentre tutti i partecipanti al pasto sono più o meno accovacciati attorno, in cerchio: una bella immagine che non ho avuto la prontezza di spirito di riprendere, ma anche un atto di rispetto verso la gentilezza e l'ospitalità ricevuta.
Dario ed io siamo i più accaniti a darci sotto; chiedo se il cous cous è stato confezionato a mano in loco, invece apprendo che è un preparato da una cooperativa di Rissani! Sicuramente più gustoso di quello che so preparare io, ma già si tratta di un semi lavorato.
Alle 14.30 P. torna al lavoro per insegnare ad un gruppo di adulti dopo aver chiesto a M. di suggerirmi un itinerario da fare in zona con la bici. 
Ottengo un foglietto con uno schema, ma al momento di partire prendo una direzione diversa: no problem, tanto per me andare a dx o sx fa lo stesso, sempre dune ci sono attorno, con la loro maestosità, la vegetazione qua e là, piccoli uccellini neri spruzzati di bianco che si fermano sulla punta della ramaglia, pronti a volare via appena cerco di avvicinarli, e tanto, tanto meraviglioso silenzio che diffonde una sensazione di quiete estrema.
In effetti la maestosità delle dune dai diversi colori è qui percepita nella calma più assoluta, quella dello zero turismo, e la gente è sorridente e pacifica, senza quell'aggressività più o meno mascherata, diventata una caratteristica dei luoghi ormai sotto l' influenza dei tour operators.
Sono proprio soddisfatto di questa sgambata in bici di metà dicembre nel deserto! Al rientro mi muovo per il villaggio cercando di cogliere qualche particolare interessante quando vedo arrivare gli allenatori di calcio.
Li raggiungo nell'area sportiva e verifico la qualità del campo, non tanto diversa da quella del campo di calcio di Genova Molassana dove, attorno ai primi anni sessanta, ho avuto l'onore ed il privilegio di esibirmi in prestazioni che ricordo come mediocri.
Resto lì sino alla fine dell'allenamento; quando inizia la partita il sole scende e preferisco rientrare, in modo da avere il tempo di recarmi, accompagnato da P., ad effettuare alcuni acquisti.

Il buio è totale e le strade da percorrere di notte sono irriconoscibili nella loro somiglianza. Se fossi stato da solo non avrei osato tanto, ma sono stato incoraggiato, quindi esco dal buco assurdo qui chiamato negozio con pomodori, zucchine, carote, clementine, banane, yogurt, olive e un pezzo di pollo, lasciando sul banco meno di 50 D.. Giunto a casa mi do da fare velocemente, così la cena può essere servita per le 21.30 e, a seguire, posso comporre il post che cercherò di mettere on line domattina.



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