Domenica
06XII15
La
mobilette capitolo primo
Per
le attività di Garage Italia avevo provveduto ad affidare al capo
meccanico Moustapha l'incarico di reperire sul mercato una mobilette
non funzionante da rigenerare, una seconda da demolire ed un blocco
motore: gli allievi avrebbero dovuto poi fare pratica quotidiana sui
pezzi citati sino ad arrivare ad essere capaci di smontare e
rimontare un motore ad occhi chiusi.
La
mobilette da rigenerare è un cadavere di produzione cinese che
Moustapha aveva messo in condizioni basiche per poter essere
rivenduta; quando me l'aveva sottoposta in visione personalmente
avevo espresso parere negativo.
Trascorso
dell'altro tempo, dopo aver incrociato vari pezzi di un blocco motore
con quelli di un altro, la scorsa settimana mi aveva comunicato che
ora la mobilette era in ordine e che avrei potuto utilizzarla.
Proprio
quando non si è presentato al lavoro a causa dell'attacco di malaria
che il giorno prima qui lo aveva colto ho pensato di verificare se il
cadavere era stato rianimato a dovere recandomi sul Goudron fino ai
supermercati dotati di scelta (venerdì dopo le 17).
Il
suo giovane vice ha messo in moto l'oggetto e prima di affidarmelo ha
controllato che tutto fosse funzionante, ma non lo era e pertanto con
il cacciavite in mano ha regolato qualche cosa per poi accorgersi che
l'apparato elettrico non dava segni di vita.
Per
mettere in condizione il faro di emettere la luce di una candela ha
fatto un collegamento volante fra due fili che per un po' hanno
mantenuto il contatto e per un po' no: quindi mi ha avvisato che con
il calar delle tenebre avrei dovuto far su fra di loro i due
mozziconi di filo fuoriuscenti dal comando luci.
Inutile
dire che il veicolo così com'è in un qualsiasi paese sito in
un'altra parte del mondo non sarebbe ritenuto idoneo alla
circolazione; prendendomi i miei rischi sono partito in direzione del
distributore di benzina dove, per evitare di dover rimettere in moto
l'arnese, ho cercato di tenere acceso il motore.
L'inflessibile
(giustamente) addetto alla pompa mi ha fatto presente che la cosa non
era regolare ed io ho tolto il contatto: mentre attendevo ho
incrociato gli occhi di Fatime che ha il suo atelier fronte stazione
di servizio e ci siamo lanciati un saluto.
Dopo
mi sono spostato a mano di qualche metro per iniziare le procedure di
accensione che devono essere fatte utilizzando l'apposita pedivella.
Pigia
che ti ripigia, rumore di motore nulla. Mentre ero concentrato
sulla pedivella mi ha avvicinato un aiutante di Fatime che lei,
godendosi la scenetta dal suo cubicolo, mi aveva mandato in soccorso.
Il
ragazzo ha sostituito il mio piede con il suo sulla pedivella ma il
risultato continuava ad essere lo stesso quando gli ho sentito
sussurrare qualcosa tipo “bugie”: geniale la sua intuizione in
quanto ha smesso di usare il piede ed usando la testa ha controllato
la candela trovando che il filo di collegamento era fuori posto.
A
quel punto il motore della mobilette ha miagolato un paio di volte
prima di reggere il minimo e mettermi in condizione di arrivare a
destinazione.
Compiuta
la mia missione di acquisti ho spostato la mobilette in zona fuori
dai piedi per affrontare la messa in moto in pace. La chiave
inizialmente ha avuto difficoltà ad entrare e poi a girare in
posizione di contatto, ma quando ciò è stato possibile il motore è
partito abbastanza in fretta.
Solo
che oramai era buio e mi sono ricordato del discorso dei fili; quindi
ho iniziato l'operazione, ma con il motore acceso arriva la corrente
sulle dita della mano e l'effetto non è piacevole.
Mi
sono deciso a partire egualmente viaggiando accorpato a delle bici
per cercare di non essere centrato da qualcuno. Alla sosta presso il
mio panettiere di fiducia - più o meno a metà strada - ho spento il
motore per poter congiungere quei pochi millimetri di fili
fuoriuscenti ed avere la luce prima di girare a destra sulla
sterrata.
Premesso
che anche sul goudron l'illuminazione stradale, pur dotata di
pannelli fotovoltaici, funziona solo parzialmente, in più sullo
sterrato, oltre al buio pesto, bisogna anche indovinare il percorso per
non trovarsi a sobbalzare nelle buche o a perdere grip sulla polvere
di terra.
Una
volta conquistata la mia “baguette” la più “croustillant”
possibile (le inservienti oramai conoscono la mia richiesta e
probabilmente mi prenderanno per un tipo bizzarro - qui nessuno
acquista il pane troppo cotto – ma cercano sempre di accontentarmi)
mi sono messo a pedivellare sin tanto che il miagolio pervenuto alle
mie orecchie in mezzo al rumore del traffico mi ha fatto capire che
potevo partire.
Come
ho svoltato a destra mi sono trovato dentro un muro nero che, anche
se la mia velocità era poco superiore a quella di una bici in simili
circostanze, mi ha fatto sentire a disagio e mi ha convinto a non
utilizzare più la mobilette di sera perché il lumino di una candela
è sicuramente più luminoso del suo faro.
Presentazione
ufficiale al Capo Delegazione della Cooperazione Italiana in B.F.
Sabato
nel tardo pomeriggio ho avuto la presentazione ufficiale al
rappresentante del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione
Internazionale in Burkina Faso durante un incontro informale per
l'inaugurazione - con rinfresco a seguire - di una iniziativa
patrocinata dal MAECI.
Il
giorno precedente, onde non perdermi nelle strade senza nome e senza
numero che formano la ragnatela dei collegamenti unici possibili a
Ouaga, avevo provato il percorso alla luce del giorno.
Prima
avevo comunque chiesto info a G.I. senza ottenere chiarimenti, quindi
avevo aperto davanti agli occhi dei miei interlocutori la mappa della
città, ma questa si è rivelata una mossa azzardata in quanto si
sono messi in agitazione senza venire a capo di nulla.
Allora
ho deciso per conto mio e mi sono lanciato alla scoperta di un
percorso cercando di usare il più possibile il goudron; la cosa
ridicola è data dal fatto che questo quartiere si chiama Cissin, è
molto vasto ed è diviso in settori.
G.I.
si trova nel settore 17 ora rimarcato 25 e il luogo da raggiungere
nel settore 16, quindi non è come attraversare la città da sud a
nord est, cosa peraltro già riuscita senza intoppi l'unica volta che
ho usato la Toyota (solo ed esclusivamente studiando precedentemente
il percorso sulla mappa).
Anche
in questa circostanza sono riuscito a raggiungere la meta senza
problemi, ma ieri sera con il buio la faccenda è stata un po' più
complicata, anche se limitatamente alla parte del percorso su
sterrata.
Le
cose sono andate così: un'ora prima del momento giusto per mettersi
in moto è arrivata Bruna accompagnata da Sama il quale si è subito
allontanato per affari suoi.
Quando
avrebbe dovuto tornare a prelevarci il suo cellulare evidentemente
non aveva copertura e pertanto ci siamo decisi di andare alla ricerca
di un taxi.
Usando
la stessa tecnica di quando è partita Gabriella ho avvicinato Fatime
chiedendo la cortesia di cercare il suo conoscente tassista, ma
costui era lontano e la cosa non è stata fattibile. Mentre Bruna si
è messa sul ciglio del goudron sperando di intercettare la magica
auto dal colore verde che qui caratterizza i taxi, Fatime – sempre
gentile e disponibile – ha mandato un suo aiutante a bordo di
mobilette a cercarne uno più avanti.
Nel
frattempo anche Sama aveva risposto dicendo che sarebbe arrivato
subito, ma Bruna che lo conosce bene non ha desistito per il taxi.
Poco
dopo, scortato dalla mobilette, è arrivato uno dei tanti
scassatissimi taxi; saliti a bordo, mentre il tipo si riforniva di
gasolio, Bruna ha chiesto il prezzo per la destinazione richiesta.
Al
suono dei CFA 2000 richiesti – si sa che quello del costo è sempre
un rebus quando ben hai trovato un taxi – lei, indignata, ha
replicato che il percorso sarebbe stato da CFA 300 x 2 e che lei
avrebbe pagato CFA 1000 max.
A
quel punto il taxista, un tipo eccitevole, ha contestato il fatto che
era stato chiamato; si, è vero, ma sei arrivato dopo aver percorso
poche centinaia di metri.
Allora
Bruna è scesa inviperita carica di tutti i fastidi patiti anche
questa settimana per il continuo protrarsi dei lavori di una scuola
che avrebbe già dovuto aprire i battenti agli allievi da tempo e che
rappresenta il suo lavoro principale; a mala voglia sono sceso
anch'io mentre l'eccitevole si è completamente eccitato nella
disputa con la piccola bianca pronta a tutto pur di difendere la
posizione assunta.
Il
tono delle voci è salito e vari Burkinabé in transito dalla
stazione di servizio sono stati coinvolti dall'uomo per avere un
appoggio che non ha trovato; anzi, è stato invitato dai suoi
connazionali a moderare i toni.
Allora
Bruna gli ha messo nell'auto CFA 500 per la chiamata, il tipo non ha
visto corrispondenza fra ciò che diceva Bruna ed i quattrini in
quanto erano finiti a terra dietro al sedile: insomma, una vera
commedia.
L'aiutante
di Fatime ha allora allungato al taxista altri CFA 500 per farlo
andar via senza che la situazione degenerasse (CFA 500 + 500,
esattamente quanto chiedeva l'eccitato per la chiamata).
Nel
frattempo è arrivato Sama ed io, prima di imbarcarmi sulla sua auto,
avendo notato l'azione calmieratrice del ragazzo, gli ho messo in
mano CFA 500 che egli non voleva accettare.
Conclusione:
in qualche modo il taxista ha vinto, ha vinto anche Bruna che poi ha
riconosciuto di aver ecceduto in animosità in quanto la sua vita è
densa di esperienze stressanti a causa del modo di operare della
gente con la quale ha a che fare (bisogna sempre negoziare tutto e
anche se pensi di aver trovato un accordo spesso ti trovi
spiazzato).
Finalmente,
assolutamente in overtime, ci siamo mossi; alla guida Sama, Bruna
era seduta davanti ed io da dietro ho fatto da navigatore.
Tutto
bene sino all'85% dell'itinerario quando ho indicato una svolta a sx
che subito non mi ha convinto: infatti bastava andare sempre dritti,
ma con quel buio io non ero riuscito a riconoscere un vasto terreno
nudo che bastava attraversare.
Appena
arrivati era ormai in corso la parte dell'intrattenimento
rappresentato da musica e danze alla presenza dei pochi invitati
rimasti (il tutto era iniziato alle 15.30 ed ora erano le 18.30), ma
il Capo Delegazione della nostrana Cooperazione era ancora lì
attorniato da graziose collaboratrici.
L'incontro
è stato caloroso e subito molto confidenziale: egli si aspettava di
dover incontrare un ragazzino ed invece si è trovato davanti una
persona ben più datata – anche di lui che pure è a fine corsa con
questo incarico.
Così
ho scoperto la sfaccettatura che ignoravo della cooperzione
internazionale: quella della gente elegantemente vestita, che tiene
discorsi ufficiali, che vive in una zona della città dotata di ville
adeguate agli incarichi delle persone che le occupano, che può
disporre di personale per ogni servizio possibile, che è in grado di
spostarsi ovunque senza dover incorrere nel taxistress, che può
partecipare a tutti gli eventi mondani che si svolgono nella capitale
e anche altrove.
Ci
siamo accomodati tutti attorno allo stesso tavolo ed anche a noi
ritardatari è stato servito dell'ottimo cibo Burkinabé mentre le
danze condotte da abili fanciulle salivano di tono così come le
battute dei loro piedi sul terreno, sempre più rapide e accompagnate
da armoniose gesta effettuate con gli arti superiori mentre i corpi,
nel loro insieme, assumevano ai miei occhi sembianze pari a quelle
di un'opera d'arte: fantastico!
Dopo
un intrattenitore cantante ha cercato in tutti i modi di coinvolgere
anche me in altre danze: ho rifiutato e poi me ne sono pentito. Bruna
ed il Capo Delegazione, così come una delle sue graziose, alla fine
hanno ceduto accettando il reclutamento.
Assieme
ad un'altra danzatrice nera totalmente nerovestita e con il capo
acconciato con le treccine (forse è l'acconciatura che qui
preferisco) è iniziato un piacevole momento.
Come
accade per ogni aspetto della vita anche la serata è finita (forse
troppo presto), ma ora che sono inserito nel carnet ufficiale del
MAECI probabilmente verrò invitato in altre occasioni alle quali io
cercherò di non mancare: dopo la “prigione-guarnigione” di
Cissin G.I. i miei occhi avevano bisogno di potersi posare su qualche
cosa di diverso in un ambiente tanto “agreable”.
Lunedì 07XII15
Il passaporto
Appena mi sono vestito
mi sono reso conto che il Passaporto da infilare nella tasca laterale
dei pantaloni non c'era; dove sarà finito?
Ho guardato per tutta la
casa e mi sono convinto che sabato sera – al rientro dal vernissage
- così come il figlio di Sama mi ha raggiunto per portarmi il
cellulare trovato sul sedile posteriore dell'auto paterna,
probabilmente lì era scivolato anche il passaporto.
Trattandosi di una cosa
seria ho nuovamente rovistato per la casa, recuperando intanto le
fotocopie del documento, quindi ho fatto mente locale e ho
identificato varie possibilità di smarrimento.
Nel frattempo c'è stato
del movimento qui a G.I. per cui non mi sono potuto allontanare, ma
ho iniziato a pensare alla situazione più difficile rappresentata
dalla perdita definitiva del documento.
Ho cercato un contatto
email con il Consolato del B.F. a Milano onde poter recuperare il
modulo attestante l'ottenimento del VISA; proprio mentre stavo per
dare il comando invio ho sentito arrivare un sms: Sama mi dava
comunicazione di averlo trovato – Deo Gratias – come il titolo
della mostra fotografica sulle madonne del Burkina recentemente in
visione alla Triennale di Milano! Finalmente ho potuto assentarmi e
l'ho fatto volentieri anche se all'andata sono stato accerchiato da
una quindicina di bambine e bambini della scuola di Bea per la solita
cerimonia della stretta di mano – bonjour – au revoir, ma al
ritorno ben metà scuola mi si è fatta attorno e mi ha scortato sino
a casa cercando di vedere il contenuto dei sacchetti di plastica che
stavo reggendo.
Recupero Toyota 4Runner
Avevo chiesto a Sama se
il luogo fosse lontano, ma lui aveva replicato che no, non era così
lontano.
La mobilette di Moustapha
si è mossa agilmente nel caotico traffico mentre io cercavo di
memorizzare il percorso.
Ad un certo punto M. si è
fermato per tornare parzialmente indietro, poi ha tolto il contatto
per comunicarmi che non vedeva gras in giro.
Sono stato rapido a
capire che quel gras stava per garage e quindi ho telefonato al
meccanico per avere ulteriori ragguagli.
M., dopo aver parlato a
lungo nella sua lingua con la controparte, facendomi un segno di
assenso mi ha fatto intuire che si poteva proseguire. Dopo un altro
quarto d'ora ha deciso di fermarsi dove c'è un grande rondò e mi ha
invitato a richiamare. Anche questa volta i due si sono parlati
ancora più a lungo nella loro lingua; allora ho intuito che M. non è
in grado di spiegare dove ci troviamo.
Lì c'è una grande
Farmacia e accenno a M. di segnalarla, ma lui non sa leggere e quindi
mi ha chiesto di leggere il nome sull'insegna: questa è la realtà
locale, e M. fa parte di quelli svegli – ma quanto capisca quando
ci parliamo è ancora un mistero per me (lui fa sempre segni di
assenso)!
Quando è arrivato il
meccanico per guidarci gli ho chiesto se era questo il posto
convenuto per il rendez vous, ma la risposta è stata negativa:
chissà cosa aveva capito M.?
A quel punto in 5' è
stato raggiunto RICH Italia, il garage che ha avuto in cura il
veicolo in diverse occasioni; per me è stato come fare un viaggio
nella brousse, invece quello dove mi trovavo era solo il Secteur 01
di Ouaga (Cissin è il 25!).
Affrontato il tema
dell'affidabilità del motore vengo messo a conoscenza che sul posto
non sarebbe possibile ricondizionarlo perché non si trovano i
ricambi adatti (camicie maggiorate etc. etc.). Allora ho chiesto la
preparazione di un dettagliato elenco in quanto per fine gennaio sono
stati preannunciati 5 Bikers in arrivo, e loro potrebbero essere i
tipi giusti come vettore per il trasporto dei pezzi.
L'educatore
A fine giornata ho dovuto
tener fede ad una impostazione palesata più volte ai ragazzi che
usano le bici catorcio messe loro a disposizione da G.I.: sabato
avevo ritirato dalle mani di un ragazzo Bras Ouvert il cadavere che
era diventata la sua bici e gli ho messo a disposizione quella che
stavo usando io, ma dopo avergli fatto firmare una dichiarazione di
responsabilità.
Oggi quella bici è
arrivata senza freno e con non so quale altro problema; pertanto ho
imposto al giovane di lasciare la bici in avaria e di tornarsene a
casa a piedi avendo disatteso l'impegno assunto solo sabato
pomeriggio.
Martedì 08XII15
Normative sulla
temporanea importazione di veicoli in B.F.
Ieri sera ho esaminato i
documenti ammassati nel cassetto porta oggetti di Toyota 4Runner: non
per un mio divertimento ma in quanto BnD mi aveva posto dei quesiti
circa la documentazione che sarà necessaria per intestare le cinque
moto in arrivo immatricolandole B.F. con la formula della temporanea
importazione; perciò ho voluto capire come BnD si era comportata con
il veicolo che è arrivato qui con targa italiana prima di essere
immatricolato B.F. - stante lo stato di temporanea importazione
doganale.
La più clamorosa delle
mie scoperte (il veicolo è stato immatricolato la prima volt nel
1991), è che oggi non sarebbe stato possibile muovere il veicolo
per dirigermi a Kao sotto la pressione delle richieste italiche in
tal senso; da giorni chiedono di effettuare con urgenza la
missione.
E non per i rischi di
carattere meccanico derivanti dall'impressionante consumo di olio del
motore, bensì perché l'autorizzazione doganale a circolare è
scaduta il 28 novembre: praticamente già ieri sera se fossi stato
fermato per controlli lungo il percorso probabilmente il veicolo
sarebbe stato sequestrato o cose del genere, oltre a far scattare
delle ammende.
Dopo che ho diffuso la
notizia a BnD per tutta la giornata c'è stata una attività febbrile
di contatti vari che si è estesa anche alle 5 moto in procinto di
muoversi dall'Italia per arrivare qui dopo l'attraversamento lungo la
costa del Marocco, della Mauritania, del Senegal sino a Dakar per poi
risalire verso il Mali in modo da percorrerlo longitudinalmente nella
unica sua parte possibile, quella sud, onde entrare in Burkina Faso e
quindi giungere a Ouaga – Garage Italia.
Perché qui? Perché le
cinque moto dovrebbero diventare proprietà di BnD, essere
immatricolate B.F. e quindi generare un reddito a favore BnD G.I.
affittandole: peccato che le normative sulla temporanea importazione
non consentano ciò così come pongono altri veti e/o vincoli
nell'uso.
La mobilette capitolo
secondo
Alla chiusura della
giornata, quando il portone è chiuso e degli allievi si notano solo
tracce qui e là, ho deciso di usare la mobilette sulla quale
Moustapha non c'è giorno che non vi dedichi un po' di tempo, anche
se le chiazze a terra dove si parcheggia la dicono lunga circa la
persistenza delle perdite d'olio.
Al primo colpo di
pedivella il motore si è messo a ronzare ed io sono salito per fare
al rallentatore la manovra di inversione verso l'uscita; al primo
accenno di accelerata ho capito che c'era qualcosa che non andava ed
ho provato a frenare mollando la manopola la quale invece, e del
tutto autonomamente, ha dato il consenso per far ulteriormente salire
di giri il motore.
Inevitabile l'impatto con
il portone ormai a portata di ruota: l'ho preso toccandolo
tangenzialmente e lasciando cadere a terra la mobilette mentre i miei
occhiali si sfilavano depositandosi nella stessa area -
fortunatamente senza rimanere particolarmente danneggiati.
Sono stato soccorso da
Hamadou che ha assistito alla scena con grande preoccupazione: temeva
che mi potessi essere fatto del male, ma non c'è niente da segnalare
se non lo sfregamento della tempia sul portone (colpo in più o in
meno non fa differenza ormai la mia testa è quello che è!).
Dopo mi sono reso conto
che agli occhiali è venuto a mancare un nasello, ma ormai si era
fatto troppo buio per cercarlo e l'operazione si farà domattina.
Con tutta la fantasia
della quale sono dotato, un incidente più banale non sarei riuscito
ad immaginarlo; domani capirò dall'incontro con il capo meccanico se
il rottame è meglio rottamarlo definitivamente o se è pensabile una
seria riparazione.
Certo è che le mie
perplessità sulle capacità di M. si sono rafforzate, o
semplicemente quella mobilette nelle condizioni attuali da me
definite pericolose è da considerarsi idonea ad un pubblico locale
di fascia bassa (la stragrande maggioranza).
L'episodio mi ha fatto
venire in mente certe scene di film ormai passati in cui qualcuno
manometteva una parte meccanica di un veicolo per far apparire come
incidente ciò che in realtà era un attentato: nei prossimi giorni
ne saprò di più.
Giovedì 10XII15
Il ristorante Chez Anika
A sorpresa è arrivata
Bruna verso le ore 20.00 utilizzando un taxi brousse effettuando vari
cambi lungo i 45 km che la separano da dove abita (vicino alla sua
scuoletta) alla sede ufficiale BnD.
A un certo punto della
serata si è parlato di cibo quando probabilmente erano già passate
le 21.00, ma io non ero andato al mercato al mattino e quindi non ero
in grado di proporre soluzioni, però ho proposto un ristorante non
lontano da qui posto nella direzione opposta a quella che normalmente
prendo sul goudron.
In effetti se non si sta
attenti quasi non si vede in quanto sul gudron affaccia un cancello
mischiato ad attività commerciali, un cancello bianco un po'
arretrato dalla strada, ma oltrepassato questo ci si trova in una
ampia corte dove il colore dominante è il bianco: un bancone sulla
sinistra per chi si ferma solo per una birra, alcuni tavoli in fondo,
parte dei quali coperti da una tettoia per chi desidera utilizzare il
servizio ristorazione.
Una piacevole ragazza ci
ha condotti al tavolo e ha preso le ordinazioni; nell'attesa Bruna ed
io abbiamo conversato ad ampio raggio mentre l'attraente figura
femminile è tornata per scusarsi del protrarsi dell'attesa.
Tutto questo più il
tavolo con tovaglia, i piatti in ceramica ed i tovaglioli mi ha
indotto a pensare che la tizia avesse trascorso un periodo in
Francia.
Il cibo richiesto era
semplice ma si è rivelato ottimo, inclusi dei fagiolini presi in più
per golosità, ed il prezzo, pur superiore a quello per ristoranti
che servono cibo afro, più che accettabile tanto da indurre Bruna a
pensare di tornarci il giorno dopo.
L'incontro casuale con
Eugenio
Quando ci siamo recati al
banco per pagare un nero alto che si presentava molto in ordine ci ha
chiesto in italiano se eravamo italiani; a quel punto abbiamo
conversato con Eugenio, originario della Costa d'Avorio ma di fatto
burkinabé, 35 anni, persona che 17 anni fa si è stabilito in Italia.
Abita a Concesio, nella
Franciacorta che più mi è nota, dove ha sposato una italica dalla
quale ha avuto una bimba che ora ha tre anni, e quando, dopo aver
spiegato di cosa ci occupiamo qui abbiamo posto la stessa domanda a
lui, Egli, con la cadenza che più bresciana non si potrebbe, ha
risposto: “pota”, sono un imprenditore io e porto qui un
container al mese pieno di pannelli fotovoltaici e altro (che io non
ricordo), ho un grande magazzino ed abito proprio qui dietro.
Aveva visto i cartelli
Garage Italia ed ha promesso una visita, inoltre ha aggiunto che quel
ristorante dove ci trovavamo avrebbe voluto aprirlo lui che ha già
portato in B.F. tutto il necessario per aprirne uno e così ci ha
messo al corrente che la titolare è una ragazza molto attiva,
impegnata su più fronti lavorativi, fra i quali consulenza non so di
che tipo, catering per eventi etc etc etc.
Quindi esiste anche un
Burkinabétipo diverso da quasi tutti quelli che ho conosciuto sino
ad oggi!
Venerdì 11XII15
Il giorno in cui il B.F.
(allora Alto Volta) si è reso indipendente dalla Francia
In Burkina Faso oggi è
la ricorrenza dell'indipendenza avvenuta 55 anni fa ed il paese, o
meglio, le istituzioni, osservano la giornata come festiva mentre per
tutti gi altri si tratta di una normale giornata da affrontare
durante la quale trovare il sistema per sbarcare il lunario.
Ce
13 décembre 2015 marque le 17e anniversaire de l’assassinat de
Norbert Zongo et de trois de ses compagnons, cruellement massacrés
et brûlés sur la route de Sapuy. Un (...) Si tratta di un coraggioso giornalista che stava cercando di chiarire le circostanze della morte di T. Sankara.
La non facile attività
di educatore
In questi giorni che sono
stato spesso a contatto con i ragazzi, specialmente da quando mi sono
reso conto che se sono scarsi nell'alfabetizzazione sono a livello
zero in matematica, proprio ieri ho partecipato ad un episodio in cui
praticamente tutti si sono scagliati contro il più piccolo di Bras
Ouvert.
Di storie che riguardano
questo elemento ormai ne conosco tante e spesso ho visto i ragazzi
prendere posizioni dure nei suoi confronti: non a torto, devo dire.
Si tratta dello stesso
ragazzo che sabato scorso ha avuto sostituita la bici di proprietà
G.I. - distrutta in poco più di un mese di utilizzo - con quella che
stavo usando io, e ciò a fronte di una dichiarazione di
responsabilità dal ragazzo sottoscritta in piena regola.
L'operazione è avvenuta
contro il parere degli altri per i quali la mia azione deve essere
apparsa eccessivamente buona: già diverse volte avevo ricevuto le
loro lamentele motivate dal comportamento tenuto da questo allievo.
Ho replicando dicendo che
volevo dare ancora una volta, ma per l'ultima volta, la mia fiducia
al piccolo Bras Ouvert.
Lunedì si è presentato
con la bici in avaria ed io ho dovuto ritirarla esattamente così
come era scritto nell'accordo.
Ho pensato che non lo
avrei visto il giorno dopo, invece da allora sta arrivando a piedi
osservando una puntualità superiore a quanto fatto in precedenza.
Bene, dopo che Action
Social ha intrattenuto i ragazzi sull'argomento inerente alla
sicurezza nei rapporti sessuali, io ho proseguito con matematica a
livello asilo infantile.
Quando ormai avevo
oltrepassato l'orario dell'intervallo pasto si è consumato il
dramma.
Un ragazzo ha accusato il
piccolo Bras Ouvert di aver rubato 50 CFA mentre era in svolgimento
l'incontro sulla sessualità.
Il piccolo, come un
pugile costretto all'angolo, ha replicato con forza negando. Tutti
erano contro di lui, ma quando è entrato colui che aveva visto la
scena e l'ha confermata la situazione sembrava aver preso la piega
della caduta libera: ho pensato che avrebbe accettato di esprimere le
sue scuse ed avrebbe restituito il mal tolto.
Ma lui non ha battuto
ciglio, anzi mi è sembrato prendere coraggio fresco dalla situazione
resasi per lui più difficile, continuando energicamente a negare e motivando la sua
posizione.
I ragazzi ho capito che
avrebbero voluto la mia partecipazione attiva in qualità di giudice,
ma io ho replicato che tale non ero; però ho parlato molto con
tutti.
Quando ho invitato il
piccolo alla restituzione questi ha detto, fra l'altro, che non
possedeva denaro.
Bene, ho replicato io,
allora oggi non ti vedrò comprare l'arancio dalla donna che ogni
giorno passa a fare buoni affari con i ragazzi a metà pomeriggio, né
ti vedrò ciucciare una certa bibita gelata di colore fra la fragola
e il mirtillo che spesso gli ho visto fra le mani.
A questo punto c'è stato
l'applauso spontaneo degli altri colti anche da una irrefrenabile
risata e tutti sono andati al pranzo, me compreso.
Durante il pomeriggio,
quando eravamo nuovamente impegnati nel salone, si è presentata la
donna delle arance chiedendo: chi è fra di voi il piccolo ragazzo
che stamattina è venuto a portarmi CFA 50 per l'arancia?
Ecco un modo per capire
come le bugie hanno le gambe corte, ho subito aggiunto, e
rivolgendomi al piccolo Bras Ouvert ho anche detto che ha tutte le
capacità per fare l'attore, forse più spiccate che per frequentare
un corso di apprendistato di una scuola di meccanica.
Il ragazzo è un gran
furbacchione, uno che cerca di svicolare appena è il suo turno per
rispondere o essere interpellato alla lavagna, uno che è già stato
buttato fuori dalla scuola pubblica dopo aver ripetuto la prima
all'infinito combinandone di tutti i colori, uno che è stato preso
in carico da Bras Ouvert perché i genitori risultano nulli nei suoi
confronti, ciononostante sento simpatia per lui; mi sembra che uno
così ci sarebbe potuto stare in un qualsiasi film del realismo
italiano, che forse non avrebbe nulla da imparare dai ragazzetti
della odierna Napoli dei quartieri.
Forse mi sbaglio, ma non
mi sembra così un duro come poi nelle situazioni che si va cercando
appare, e poi ha questa forza che appena il momento critico è
superato per lui è come se non fosse nemmeno verificato: dalle parti
dalle quali provengo si dice anche avere la faccia di bronzo, e la
sua come colore va anche oltre al colore di quel metallo!
Addirittura mi era
sembrato tenero quando (a fronte delle risposte ricevute ho chiamato
alla lavagna i singoli regalando loro un flaconcino di shampoo da
albergo) se lo stava portando alla bocca il bel flaconcino dorato
per ciucciarselo: ehiii, gli ho detto, questo è sapone per lavare i
capelli e se lo metti in bocca farai le bolle di sapone (che forse
qui non sanno nemmeno cosa siano così come non sanno che cosa sia lo
shampoo), suscitando l'ilarità generale del gruppo.
Giornata programmata per
terminare la “mise a jour” di G.I. versione G.Z.
Avevo pensato che oggi
fosse il giorno giusto per far eseguire le pitturazioni ancora
mancanti nei locali G.I. contando sul fatto che non ci sarebbe stato
nessuno in funzione della festività.
Invece ieri sera ho visto
arrivare una Bruna molto affaticata con l'idea di passare qui tre
giorni e stamane ho percepito le voci degli allievi come in qualsiasi
altro giorno: quindi la faccenda si è un po' complicata dovendo
seguire il lavoro dei pittori, i ragazzi che sembrano travolti dalla
voglia di apprendere i calcoli e mi stanno attorno per farsi
assegnare delle operazioni che poi devo verificare, mentre Bruna non
è riuscita ad alzarsi dal letto ed io, quando ha ripreso un minimo
di tono, l'ho assistita invitandola a rimanere dove si trovava per
servirle un bel caffè con latte in polvere e biscotto a latere.
Inoltre le giornate sono
tornate sui 35° diurni ed il fatto che la notte sia fresca va
benissimo ma non sposta l'ago della bilancia.
Anzi Bruna mi ha
confermato che questo è il periodo dell'anno in cui si respirano più
schifezze; io steso l'ho percepito riscontrando qualche problema agli
occhi e un mal di gola modestissimo che in certi momenti del mattino
ingenera stizzosi schiarimenti di gola.
Stante l'odore che le
vernici a olio rilasciano per alcuni giorni dopo la loro applicazione
Bruna ha deciso di migrare in quanto il suo organismo non lo
sopporta, ed anche il mio ne è rimasto provato tanto da prendere in
considerazione un albergo per la notte.
Il ritorno chez Anika
Non potendo utilizzare
nemmeno la cucina per cucinare qualche cosa, ho optato per una
replica al ristorante Anika dove ho ritrovato l'avvenente giovane
donna della sera precedente a ricevermi con i suoi capelli lisciati e
sciolti sulle spalle + una catena similoro indossata a doppio giro
sul collo ed una tshirt azzurro carico che sulla pelle scuro-chiaro
come la sua produce un effetto cromaticamente gradevole alla vista.
Alla fine della cena –
riso presentato sotto forma di una torre con salsa al pomodoro
contenente due bei pezzetti di carne + fagiolini ove erano presenti
altri pezzetti di carne + 1,5 lt H2O in bottiglia al prezzo di CFA
1950 - ho potuto parlare abbastanza a lungo con costei la quale ha
colto al volo l'occasione per presentarmi la titolare, una tipa non
altrettanto attraente ma molto ben curata, direi sui quaranta, con un
biglietto da visita che recita: “service traiteur - placement
d'hotesses – decoration”, tanto è vero che stava giusto
decorando un'auto prestigiosa per un matrimonio del giorno dopo che,
a fine della cerimonia, avrebbe visto tutti i partecipanti gustare il
cibo del suo ristorante.
Sabato 12XII15
Completamento dell'opera
“mise a jour”
Anche oggi è stata una
giornata piena e calda, fortunatamente ben dormita con finestre tutte
aperte e ventilatore a soffitto in funzione onde mitigare l'effetto
gas che la pittura ad olio utilizzata localmente scatena a svantaggio
dell'apparato respiratorio e della vista.
In prima mattinata sono
stati praticati grandi lavori di pulizia così come è d'obbligo dopo
il lavoro di un artista che per sopravvivere si dedica alle
pitturazioni di qualsiasi tipo: egli questa volta si era dotato di
qualche plasticone già utilizzato all'infinito il quale ha dato pure
lui il suo contributo a rendere impraticabili i locali.
Dato che la volta
precedente l'avevo redarguito sull'argomento, a fine lavoro in realtà
ha cercato di fare pulizia insieme al suo assistente, utilizzando
anche un diluente puzzolentissimo, ma questa non è risultata di un
livello che potesse essere da me accettata.
La persona che si è
impegnata oggi ha finalmente reso l'ambiente gradevole ai miei occhi:
ora manca la realizzazione di un sostanzioso miglioramento
all'impianto di illuminazione e per questo ieri sera si è presentato
un elettricista proprio nell'orario in cui il buio era calato e
quindi ha potuto valutare meglio il da farsi.
La visita di Eugenio a
G.I.
Nel frattempo gruppetti
di ragazzi venivano da me intrattenuti alla lavagna quando, in un
momento in cui avevo liberato gli allievi, si è presentato in visita
Eugenio, l'imprenditore “italiano” conosciuto al ristorante.
Mi sono intrattenuto un
po' con lui in quanto potrebbero esserci delle collaborazioni con
BnD, ma il tutto deve ancora prendere forma.
Mi ha invitato ad
accompagnarlo nei prossimi giorni in un villaggio a 25 km. da qui
dove lui vorrebbe realizzare dei progetti con le donne locali.
Da quanto ho capito
vorrebbe realizzare un grande ambiente entro il quale le donne
sarebbero organizzate per lavorare con le macchine da cucire per
realizzare capi d'abbigliamento, altre dovrebbero dedicarsi al burro
di keritè e a tutte le possibili varianti dalle creme a non so che
cosa, altre ancora dovrebbero trattare le arachidi: insomma, via via
che esponeva il progetto ho pensato agli ambienti di lavoro delle
varie chinatown (anche nostrane).
Se farò questa
escursione dovrebbe essere presente anche un altro italiano
conosciuto da Eugenio e interessato a investire in qualche settore:
tutti imprenditori d'assalto, me escluso!
La venditrice di verdure
Al mercato ormai da tempo
mi servo principalmente in due banchi, uno per le banane, unica
frutta in questo momento alla mia portata, ed un altro per le
verdure.
La venditrice è una tipa
sul robusto e simpatica che mi accoglie sempre con grandi sorrisi ed
io oggi, arrivando, le ho subito scattato un paio di immagini così
alla fine degli acquisti, scherzando, le ho chiesto un cadeau visto
che io glielo avevo già fatto fotografandola.
Lei mi ha sorriso, mi ha
fatto scegliere fra la sua mercanzia una cosa da aggiungere alla mia
spesa e poi mi ha aggiunto: “la prossima volta se tu mi porti un
cadeau io ti do il mio numero”.
Ho sorriso e me ne sono
andato senza approfondire, ma con un po' di inquietudine dovuta al
fatto che per me, ottenere il numero telefonico da parte di una
signora che ride volentieri alle tue battute ha qualche significato
recondito che spero non sia lo stesso per costei in quanto io da lei
voglio continuare a comprare solo verdura, ma nel caso in cui dovessi
capire che c'è pericolo allora riprenderei le iniziali usanze
rivolgendomi a banchetti differenziati per i miei acquisti.
Capisco che per quanto io
sia datato qui prima di tutto sono un BIANCO (nazara in lingua
locale), e come ebbe a dirmi un saggio senegalese quando ho visitato
quel paese, fra un bianco anziano ed un nero meno anziano la donna
locale preferisce sempre puntare sul bianco: quindi cerchiamo di fare
tesoro delle esperienze acquisite, e se nera deve essere che sia
almeno come la tipa del ristorante!
Sopra: Immagini tratte dal viaggio in Senegal
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