Oggi
è il giorno della visita alla società dell’energia elettrica: ne
sto parlando da tempo con tutti e quindi appena Amadou è pronto a
condurmi io lo seguo utilizzando una bici di quelle acquistate da
G.I. per alcuni ragazzi che vengono da lontano, oggetti che mi è veramente difficile definirli come bici.
Già
quando sono montato in sella ho evidenziato che mancava un pedale, un freno
era scollegato e l’altro non frenava: insomma, l’avventura nel
traffico cittadino si stava mettendo nel migliore dei modi.
Pedalando
sempre sul goudron a un certo punto ho riconosciuto i luoghi e ho
avvisato Amadou che prima di raggiungere la meta ci saremmo fermati a
Bras Ouvert per avere notizie fresche circa il mio p.c..
Lì
Jacob ha chiamato Vito il quale ha detto che ci stava ancora
lavorando ma che sarebbe stato pronto più tardi.
Ok., allora via per
l’Elettricità.
Lasciato
il goudron sono arrivato all’ingresso del prestigioso luogo posto su
sterrata invasa da mucche; un militare di guardia all'ingresso mi ha
chiesto di esibirgli il passaporto che poi ha voluto tenere il mio per tutto il tempo della visita.
Pensavo
di essere in una direzione contabile e invece mi sono trovato in un
cortile circondato da basse costruzioni con al centro erba lasciata
andare e cavi elettrici sia nuovi che vecchi buttati a terra alla
bell’è meglio.
Al
primo giro nella costruzione indicata alla "reception" le porte degli addetti ai lavori erano
tutte chiuse a chiave; fuori su una panchina una impiegata tipo
“capetta” ha ascoltato la mia richiesta e mi ha indirizzato nella
costruzione più vicina all’ingresso.
Anche
qui non è stato facile trovare una porta che indicasse ciò che
stavo cercando; finalmente all'interno di un loculo un elegante
signore impegnato al p.c. ha fatto cenno di accomodarci: accidenti
che freddo qui dove l’aria condizionata è fatta funzionare al
massimo, tanto l’energia elettrica per raffreddare è roba loro!
Il
tizio è stato gentile e ha impostato la soluzione per il contatore
mangiato dalle termiti mentre per una stampa di tutte le fatture
dell’anno, pur avendole a video, ha sostenuto che non era in grado
di stamparle (strano, un altro documento l’ha stampato al volo) e
ci ha indirizzati alla palazzina della precedente visita.
Nella
confusione delle indicazioni siamo tornati dal militare il quale ci
ha rimandato ad alcuni operai in pausa bar i quali ci hanno detto di
andare alla palazzina già visitata prima.
Qui
stessa scena: porte chiuse a chiave ma, sentendo bussare, qualcuno di
un altro settore ha aperto invitandoci ad entrare. Mi sono
trovato di fronte alla stessa elegante “capetta” di prima la
quale, con faccia un po indisposta, ci ha indirizzati altrove.
Altrove
era la palazzina in fondo, quella dove si pagano le bollette e dove
vi erano code infinite di persone. Trovato il loculo delle
informazioni, al mio turno ho posto il quesito per sentirmi rispondere
che lì, per l’attività che vi si svolge, i fogli di carta sono
nella misura A4/2 e
pertanto inadatti a soddisfare la mia richiesta: bisognava procurarsi
degli A4!
Accidenti
signora, io sono un operatore umanitario di una ONG italiana che
opera in B.F. a vantaggio dei Burkinabé e vorrei poter contare su
maggior collaborazione da parte di chi sono venuto ad aiutare senza
dover perdere tempo in maniera assurda.
Certo
certo, si procuri gli A4 che al resto ci peno io, ha replicato.
Io
però non ero esattamente nelle condizioni di spirito di un monaco
Zen e ho rinunciato, controllando come ho potuto un certo senso di
inquietudine che nei vari passaggi mi era già montato dentro.
Ritirato
il passaporto e inforcato le bici alla prima curva a sx siamo stati
superati dalla ormai familiare “capetta” che, a bordo di un
ciclomotore; forse stava andando a casa a cucinare per la famiglia? O
forse aveva già adempiuto all’impegno lavorativo?
Ci
ha riconosciuti e ha chiesto se tutto era ok mentre ci superava;
avendo intuito che non era ok. si è fermata per essere aggiornata e,
al problema degli A4, ha detto: telefono io ai colleghi e voi tornate
dove ci siamo visti prima per ritirarli.
Anche
se l’espressione sembrava quella di una persona malmostosa, in
realtà la tipa è stata gentile.
Tornati
nel luogo preposto alla consegna degli A4 la porta era già chiusa a
chiave e il personale ormai dissolto: adesso veramente basta, questa
storia africana per me finisce qui, mi sono detto mentre continuavo a
perdere il mio lato Zen a velocità supersonica.
Sono
tornato a B.O. dove il p.c era arrivato ed io l’avrei anche portato
via così per quanto ero già stanco e innervosito, ma Jacob ha
insistito affinchè lo provassi.
Giusto,
mi sono detto: metto l’apparecchio in condizioni di partire e
subito ho la prima sorpresa: i tasti delle lettere non
corrispondevano più a ciò che compare nella tastiera. E’ stato
chiamato Vito che questa sciocchezza l’ha sistemata subito, solo
che mi sono reso conto che tutto girava in francese ed io ho preteso
l’italiano.
Per
fare questo Vito ha dato un comando che ha attivato una mise a jour
infinita.
Verso le 12.45 ho detto che non avevo più tempo e quindi
io e Amadou ci siamo indirizzati verso casa.
Forse, per fare prima, lui ha cambiato
strada sostenendo che sarebbe stata più breve: non mi è sembrato
così ed io ho sofferto per tutto il percorso il calore del sole bruciante sulle parti esposte della mia pelle di tipo "finnico".
Sotto
il solleone ho visto le mie braccia infuocarsi e grondare sudore,
mentre le mie natiche cominciavano a soffrire la precaria seduta, il
piede dx continuava a scappare dal moncherino al posto del pedale e
in più la strada, inizialmente goudron in salita e trafficata, è
diventata sterrata con le stesse caratteristiche.
Quando
alle 13.30 sono rientrato alla base ero disidratato e sul piede di un
collasso, nonché un minimo nervoso per tutte le considerazioni che avevo farneticato
mentre pedalavo circa la organizzazione di una grande azienda che,
seppur allocata sullo sterrato, fa stare i suoi dipendenti di livello
al fresco e consente loro pause senza controllo mentre il pubblico se ne
deve stare al caldo nell’attesa di poter pagare la propria bolletta
o risolvere qualche problema che il sistema non ha previsto, tipo la
mia richiesta.
Ma
io non avevo scelto di andare a vivere più a nord dove il clima è a
me più favorevole e la civiltà corrente sembra tenere maggiormente
in conto il cittadino di fronte alla piramide costituita dal “potere” sotto
qualsiasi forma si manifesti?
Cosa ci sono venuto a fare qui?
Sembra il titolo di un libro di Bruce Chatwin, ma è ciò che ho pensato!
Certo
ho sbagliato a non indagare meglio sulle condizioni climatiche di
questo paese fidandomi di ciò che avevo conosciuto ormai quattro
anni fa in luoghi limitrofi: ebbene, la famosa stagione fredda che sto
attendendo non ci sarà per come l’intendevo io, cioè abbassamento
generale delle temperature.
Quelle
di giorno continueranno imperterrite ad essere le stesse mentre
quelle notturne si abbasseranno con il risultato di non avere nessun
sensibile giovamento durante la giornata lavorativa.
Mentre
comprendevo il mio errore, allo stesso tempo mi è sembrato di cominciare a capire una cosa
lapalissiana: il troppo caldo mi ha creato dei corti circuiti
cerebro/emotivi, ecco perché mi sento così lontano e avulso da
tante vicende che pur sentivo coinvolgenti sino a 15 gg. fa.
Quando
sei in balia di situazioni fuori controllo e cerchi il tuo spazio per
sopravvivere, quello diventa - anche inconsapevolmente - l’unico
obbiettivo perseguibile.
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