giovedì 5 novembre 2015

29X15 Società dell'energia elettrica del B.F.


Oggi è il giorno della visita alla società dell’energia elettrica: ne sto parlando da tempo con tutti e quindi appena Amadou è pronto a condurmi io lo seguo utilizzando una bici di quelle acquistate da G.I. per alcuni ragazzi che vengono da lontano, oggetti che mi è veramente difficile definirli come bici.
Già quando sono montato in sella ho evidenziato che mancava un pedale, un freno era scollegato e l’altro non frenava: insomma, l’avventura nel traffico cittadino si stava mettendo nel migliore dei modi.
Pedalando sempre sul goudron a un certo punto ho riconosciuto i luoghi e ho avvisato Amadou che prima di raggiungere la meta ci saremmo fermati a Bras Ouvert per avere notizie fresche circa il mio p.c.. 

 
Lì Jacob ha chiamato Vito il quale ha detto che ci stava ancora lavorando ma che sarebbe stato pronto più tardi. 
Ok., allora via per l’Elettricità.
Lasciato il goudron sono arrivato all’ingresso del prestigioso luogo posto su sterrata invasa da mucche; un militare di guardia all'ingresso mi ha chiesto di esibirgli il passaporto che poi ha voluto tenere il mio per tutto il tempo della visita.
Pensavo di essere in una direzione contabile e invece mi sono trovato in un cortile circondato da basse costruzioni con al centro erba lasciata andare e cavi elettrici sia nuovi che vecchi buttati a terra alla bell’è meglio.


Al primo giro nella costruzione indicata alla "reception" le porte degli addetti ai lavori erano tutte chiuse a chiave; fuori su una panchina una impiegata tipo “capetta” ha ascoltato la mia richiesta e mi ha indirizzato nella costruzione più vicina all’ingresso.
Anche qui non è stato facile trovare una porta che indicasse ciò che stavo cercando; finalmente all'interno di un loculo un elegante signore impegnato al p.c. ha fatto cenno di accomodarci: accidenti che freddo qui dove l’aria condizionata è fatta funzionare al massimo, tanto l’energia elettrica per raffreddare è roba loro!
Il tizio è stato gentile e ha impostato la soluzione per il contatore mangiato dalle termiti mentre per una stampa di tutte le fatture dell’anno, pur avendole a video, ha sostenuto che non era in grado di stamparle (strano, un altro documento l’ha stampato al volo) e ci ha indirizzati alla palazzina della precedente visita.
Nella confusione delle indicazioni siamo tornati dal militare il quale ci ha rimandato ad alcuni operai in pausa bar i quali ci hanno detto di andare alla palazzina già visitata prima. 

 
Qui stessa scena: porte chiuse a chiave ma, sentendo bussare, qualcuno di un altro settore ha aperto invitandoci ad entrare. Mi sono trovato di fronte alla stessa elegante “capetta” di prima la quale, con faccia un po indisposta, ci ha indirizzati altrove.
Altrove era la palazzina in fondo, quella dove si pagano le bollette e dove vi erano code infinite di persone. Trovato il loculo delle informazioni, al mio turno ho posto il quesito per sentirmi rispondere che lì, per l’attività che vi si svolge, i fogli di carta sono nella misura A4/2 e pertanto inadatti a soddisfare la mia richiesta: bisognava procurarsi degli A4!
Accidenti signora, io sono un operatore umanitario di una ONG italiana che opera in B.F. a vantaggio dei Burkinabé e vorrei poter contare su maggior collaborazione da parte di chi sono venuto ad aiutare senza dover perdere tempo in maniera assurda.
Certo certo, si procuri gli A4 che al resto ci peno io, ha replicato.


Io però non ero esattamente nelle condizioni di spirito di un monaco Zen e ho rinunciato, controllando come ho potuto un certo senso di inquietudine che nei vari passaggi mi era già montato dentro.
Ritirato il passaporto e inforcato le bici alla prima curva a sx siamo stati superati dalla ormai familiare “capetta” che, a bordo di un ciclomotore; forse stava andando a casa a cucinare per la famiglia? O forse aveva già adempiuto all’impegno lavorativo?
Ci ha riconosciuti e ha chiesto se tutto era ok mentre ci superava; avendo intuito che non era ok. si è fermata per essere aggiornata e, al problema degli A4, ha detto: telefono io ai colleghi e voi tornate dove ci siamo visti prima per ritirarli.
Anche se l’espressione sembrava quella di una persona malmostosa, in realtà la tipa è stata gentile.


Tornati nel luogo preposto alla consegna degli A4 la porta era già chiusa a chiave e il personale ormai dissolto: adesso veramente basta, questa storia africana per me finisce qui, mi sono detto mentre continuavo a perdere il mio lato Zen a velocità supersonica.
Sono tornato a B.O. dove il p.c era arrivato ed io l’avrei anche portato via così per quanto ero già stanco e innervosito, ma Jacob ha insistito affinchè lo provassi.
Giusto, mi sono detto: metto l’apparecchio in condizioni di partire e subito ho la prima sorpresa: i tasti delle lettere non corrispondevano più a ciò che compare nella tastiera. E’ stato chiamato Vito che questa sciocchezza l’ha sistemata subito, solo che mi sono reso conto che tutto girava in francese ed io ho preteso l’italiano.
Per fare questo Vito ha dato un comando che ha attivato una mise a jour infinita. 
Verso le 12.45 ho detto che non avevo più tempo e quindi io e Amadou ci siamo indirizzati verso casa. 
Forse, per fare prima, lui ha cambiato strada sostenendo che sarebbe stata più breve: non mi è sembrato così ed io ho sofferto per tutto il percorso il calore del sole bruciante sulle parti esposte della mia pelle di tipo "finnico".
Sotto il solleone ho visto le mie braccia infuocarsi e grondare sudore, mentre le mie natiche cominciavano a soffrire la precaria seduta, il piede dx continuava a scappare dal moncherino al posto del pedale e in più la strada, inizialmente goudron in salita e trafficata, è diventata sterrata con le stesse caratteristiche.
Quando alle 13.30 sono rientrato alla base ero disidratato e sul piede di un collasso, nonché un minimo nervoso per tutte le considerazioni che avevo farneticato mentre pedalavo circa la organizzazione di una grande azienda che, seppur allocata sullo sterrato, fa stare i suoi dipendenti di livello al fresco e consente loro pause senza controllo mentre il pubblico se ne deve stare al caldo nell’attesa di poter pagare la propria bolletta o risolvere qualche problema che il sistema non ha previsto, tipo la mia richiesta.


Ma io non avevo scelto di andare a vivere più a nord dove il clima è a me più favorevole e la civiltà corrente sembra tenere maggiormente in conto il cittadino di fronte alla piramide costituita dal “potere” sotto qualsiasi forma si manifesti?
Cosa ci sono venuto a fare qui?
Sembra il titolo di un libro di Bruce Chatwin, ma è ciò che ho pensato!


Certo ho sbagliato a non indagare meglio sulle condizioni climatiche di questo paese fidandomi di ciò che avevo conosciuto ormai quattro anni fa in luoghi limitrofi: ebbene, la famosa stagione fredda che sto attendendo non ci sarà per come l’intendevo io, cioè abbassamento generale delle temperature.
Quelle di giorno continueranno imperterrite ad essere le stesse mentre quelle notturne si abbasseranno con il risultato di non avere nessun sensibile giovamento durante la giornata lavorativa.
Mentre comprendevo il mio errore, allo stesso tempo mi è sembrato di cominciare a capire una cosa lapalissiana: il troppo caldo mi ha creato dei corti circuiti cerebro/emotivi, ecco perché mi sento così lontano e avulso da tante vicende che pur sentivo coinvolgenti sino a 15 gg. fa.


Quando sei in balia di situazioni fuori controllo e cerchi il tuo spazio per sopravvivere, quello diventa - anche inconsapevolmente - l’unico obbiettivo perseguibile.







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