sabato 15 marzo 2014

D.M.Z. (demilitarised zone: 5 km. da entrambi i lati del Ben Hai River)



Venerdì 14; Prima ancora di visitare i monumenti, i siti archeologici ed altre bellezze iscritte nel patrimonio dell'Umanità attraverso UNESCO relative a questa località ho preferito dedicare una giornata alla memoria dei fatti che hanno visto coinvolti sui due fronti migliaia di giovani vietnamiti, statunitensi e laotiani nell'area di Khe Sanh nei primi mesi del 1968.




Della base statunitense ivi realizzata per essere imprendibile non resta pressocchè nulla: da lì decollavano ogni giorno 300 bombardieri la cui missione era quella di sganciare bombe di ogni tipo ad ampio raggio, incluse quelle al napalm e quelle defolianti.
Dov'era la pista oggi insiste una grande piantagione di caffè; le montagne attorno, ricoperte di alberi, sono quelle dietro le quali si nascondevano le forze del Nord Viet.



L'assedio di Khe Sanh durò 17 giorni, dal 20 gennaio al 7 febbraio 1968 quando i Nord Viet iniziarono l'assalto - in coincidenza con i miei primi giorni lavorativi al servizio di una compagnia petrolifera statunitense conosciuta a livello mondiale; senza aviazione e senza carri, solamente grazie alla strategia ed alla pugnacità dei loro combattenti, riuscirono a cacciare le forze statunitensi al prezzo di perdite umane enormi.



I soldati ai quali si contrapponevano, arrivati da oltre oceano con l'idea di DOVER salvare il mondo dall'invasione del comunismo, erano stati convinti che Khe Sanh fosse una fortezza imprendibile, esattamente come la pensavano il generale Westmoreland e il segretario di Stato Mac Namara sulla base di fatti concreti: l'insieme difensivo dispiegato sul terreno costituito da trappole, filo spinato e mine.


Ma i Nord Viet aggirarono questa linea, più o meno come fu fatto a suo tempo da altri combattenti sulla linea Maginot.
I bombardamenti ed i combattimenti furono accaniti; un inferno secondo il giornalista Michael Herr presente agli avvenimenti dei quali ha raccontato gli orrori nel suo libro "Ragazzi di morte".



In uno dei tanti cimiteri di guerra vietnamiti sparsi nella zona ho potuto rilevare l'età media di quei ragazzi: la maggior parte era appena ventenne; la memoria mi ha immediatamente portato ai cimiteri sparsi sull'altipiano di Asiago, quelli dove furono raccolte le spoglie di tanti giovani chiamati alle armi dopo la disfatta di Caporetto: erano talmente giovani al momento della chiamata alle armi che furono ricordati come "i ragazzi del 99" (ma quanti oggi nell'italica patria conoscono i fatti?). 
Giovani vite spezzate da entrambe le parti contendenti in un attimo di violenza estrema così come la guerra è sempre e ovunque; in particolare sono rimasto rattristato dopo avere appreso "per tabula" che Oh Chi Minh, essendo riuscito a far liberare un notevole numero di francesi prigionieri dei giapponesi sul finire della seconda guerra mondiale, aveva richiesto ai francesi di iniziare dei collaborativi colloqui pacifici che sfociassero nell'indipendenza del paese. 
I francesi ignorarono la richiesta e con l'idea che l'episodio di Hiroshima potesse essere interpretato come una lezione dai "ribelli" attaccarono pesantemente il Vietnam. 
Fu guerra, la guerra d'Indocina, persa dai francesi ai quali subentrarono gli statunitensi con altri scopi.
La macchina da guerra messa in campo non otteneva risultati e loro attivarono una impressionante escalation in termini di impegno di mezzi, materiali e uomini della quale fui inutilmente manifestante contro così come lo furono tanti altri giovani in Europa: intanto qui le vite di altrettanto giovani venivano spezzate in un attimo fuggente dagli eventi bellici. 


A distanza di tempo è sotto gli occhi di tutti l'evoluzione avvenuta: il comunismo è diventato socialismo di mercato, una forma diversa di capitalismo, mentre il capitalismo di allora si è dato un look da esportazione plagiando il nome e dipingendosi come "democrazia".
Vanno a braccietto e fanno grandi affari sulla pelle delle masse rese schiave in altro modo: forse sarebbe stato meglio rimanere al "democratico" sistema messo in atto nell'impero romano o ad altre forme di governo attuate in altre civiltà lontane prima e dopo di allora?

I tunnels realizzti nei pressi del villaggio di Vinh Moc. 


Il villaggio è situato esattamente sul 17° parallelo, quello che marcava la frontiera fra il Nord Viet comunista ed il Sud Viet prostatunitense (è un modo di dire un pò eufemistico visto che gli U.S.A. avevano appoggiato, finanziandoli e tirandone i fili, ben due colpi di stato).
Questo giocò un ruolo rilevante durante la guerra: i combattenti ed i soldati regolari del Nord Viet vi conservarono armamenti, munizioni e carburante  destinati ai loro soldati infiltrati sull'isola di Còn Co, posizione strategica a una ventina di chilometri dalla costa.
Il trasporto avveniva di notte su delle barche a remi sino a che non furono scoperti e da allora gli aerei della U.S.Air Force iniziarono un bombardamento a tappeto sulla regione, indefessamente, sino agli accordi di Parigi del 1972 che misero termine a quelle azioni.


Si dice che questo settore sia quello che ha ricevuto più napalm e defoliante durante la guerra.
Dopo aver evacuato quanti più anziani e bambini fosse possibile, gli abitanti di Vinh Moc scavarono una grande ragnatela sotterranea formata da chilometri di gallerie dove vissero in condizioni terribili per circa sei anni.
Le gallerie, scavate a mano nella terra e nella roccia, si ripartiscono su tre livelli: 12, 15 e 18 metri di profondità.





Personalmente ne ho percorsi dei tratti e pur essendo più alti e meno stretti di quelli di Cu Chi - Saigon area - che erano utilizzati da combattenti armati, mi è risultato difficile riuscire a capire come 360 persone abbiano potuto vivere per tanto tempo in tali condizioni: segregati al buio in un ambiente umido e scivoloso con un unico spazio di cottura e tanti cubicoli laterali dove ogni famiglia si coricava come in una scatola di sardine dove la vita ha continuato il suo corso.









Il luogo è oggi diventato un simbolo e viene visitato costantemente da studenti provenienti da ogni parte del paese.


Dakrong Bridge e la minoranza etnica Bru Van Kieu a mio avviso sono stati il contorno meno significativo della giornata, di per se grigia e con nuvole basse, tanto per ricordare meglio in che condizioni climatiche si svolsero gli avvenimenti di quasi cinquant'anni fa.



Il gruppo del quale ho fatto parte palle 7 a.m. alle 6 p.m. era costituito complessivamente da 13 persone civili con le quali si è creato un minimo di conversazione durante la pausa pranzo, limitatamente ad una coppia francese e ad una australiana con le quali ho condiviso il tavolo. 



L'unica altra persona con la quale ho conversato è stata la giovane viet che ha svolto la sua funzione di guida in maniera egregia; da Hue e muovendosi sul territorio descritto precedentemente si è saliti a Nord per poi spaziare poi da ovest a est, dal confine con il Lao al mare: incluso il rientro alla base si sono percorsi non meno di km. 350!



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