sabato 18 gennaio 2014

Primo dei due "one trip day".

Giornata piena con un itinerario molto variato: saline, villaggio di pescatori, cave, piantagione di pepe, Kep, Rubbit Island e ritorno.
Dopo lo stress da traffico maturato nella capitale, qui mi sono messo nelle mani di altri per raggiungere i vari luoghi.


Buona parte del percorso si è svolto su strade in terra battuta piene di buche, il che ha evidenziato la pericolosità del viaggiare in tuk tuk. Questo è un mezzo di trasporto che dovrebbe muoversi solo su strade asfaltate e lisce come un campo di bocce; se la situazione è diversa, tutti i salti e gli scossoni subiti dalla sua struttura si trasferiscono al viaggiatore il quale si vede sballottato sul sedile in maniera scomposta e, come è successo più di una volta, è facile andare a sbattere con la testa sulla struttura in ferro che sorregge il tetto: in questo caso possono essere anche dolori grossi se non si è pronti a ripararsi, e non sempre si è pronti per una delle tante occasioni che possono capitare.




Oggi mi sono piaciute in particolare le saline, anche se l'informazione acquisita sul corrispettivo pagato per quel tipo di lavoro - 5/7 $/giorno - non mi è sembrato veritiero visto che la categoria dei tessili sta reclamando un adeguamento salariale oggi fermo a $ 50/60 mensili, 




le tre ragazzine Muslim del villaggio di pescatori che  hanno vinto la loro timidezza pur di riuscire a comunicare con un'altra parte del mondo rappresentata dal sottoscritto,







la piantagione relativa ad un bene di alta qualità prodotto in questa zona nelle varianti black, red and white: si tratta del pepe. 
Inoltre il ritrovamento del mare con i sui colori ed i sui odori dopo tre mesi di astinenza.






Giunto sull'isola mi ero messo in testa di esguirne il periplo camminando sula battigia, ma l'operazione non è stata possibile sia perchè le spiagge si alternano con tratti di costa dalle roccie appuntite, sia perché a monte non sempre esiste una parvenza di sentiero in qualche modo percorribile.






Oggi mi ero mosso con le infradito ai piedi e mi sono trovato sempre più in difficoltà sino anche una delle due è andata in completa avaria: quello è stato il momento in cui, dopo essermi fermato senza poter più andare nè avanti nè indietro a causa delle condizioni del terreno e della vegetazione, mi sono divertito di più perché ho dovuto inventare sul posto una soluzione.
Ho recuperato delle suole di infradito sbattute dalle onde fra gli scogli e le ho applicate come doppia suola alle mie: un lavoretto di soddisfazione, specialmente per il risultato ottenuto che mi ha concesso una mobilità più sicura.




La perte dell'isola in cui mi sono imbattuto in alcune case abitate da indigeni mi è risultata la più interessante rispetto a quella leggermente turistica dotata di bungalow schierati parallelamente alla spiaggia, ma ben mascherati dalla vegetazione.





Sebbene mi fosse stata fornita una mascherina antipolvere che ho tenuto sempre addosso, alla fine della giornata questa si era colorata di rosso così come anche i  miei capelli: al rientro ho usato la doccia indossando la maglietta onde farle rilasciare tutta la polvere che vi si era annidata, ed ha funzionato!




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