mercoledì 25 dicembre 2013

Loop in 3 gg.: Pakse - Bolaven Plateau - Pakse

Nel tardo pomeriggio di ieri sono stato invitato dai canadesi (attualmente vivono in Germania a Kolon) a partecipare ad un meeting poi tenutosi presso Jasmine Indian Restaurat alle 6 p.m.. Era presente anche una ragazza tedesca che avevo già notato durante gli ultimi trasferimenti in bus ed una giovane coppia di australiani; io mi ero presentato con la mappa della zona procacciatami presso il motorbyke rent così è stato più semplice definire l'itinerario ed i giorni necessari a compierlo senza stress.


Lunedì alle 8.30 ci siamo tutti e sei accomodati su un minivan Hyundai condotto da un professionista ed ha avuto origine una nuova avventura.
Bisogna dire che in questo caso la consistenza del numero ha dato la forza per poter affrontare il costo di USD 100 al giorno del vettore personalizzato, senza il quale non sarebbe stato possibile visitare confortevolmente l'altipiano, Bolaven Plateau, noto per le piantagioni di caffè della miglior qualità, Arabica e Robusta.




Questo modo di muoversi da ricchi rappresenta per me una nuova esperienza di viaggio all'interno del "Viaggio"; inoltre mi ha consentito di dialogare su temi anche impegnativi, arrangiandomi con il mio survival's english in maniera da trovare soddisfazione.







L'area geografica che sto visitando è meravigliosa, le cascate incontrate piacevoli alla vista, in particolare la seconda, dalla quale non mi sarei staccato così in fretta.









La visita a Katou village (Ban Kandon), situato ad una quarantina di km. da Sekong, 3,5 km. nell'interno, raggiunto percorrendo una sterrata, da sola ha dato valore al viaggio.




Lì abbiamo avuto accesso pagando una tassa al villaggio; ciò ci ha consentito di girare liberamente prendendo foto, alle persone dopo aver avuto la loro approvazione, approvazione che per la maggior parte ci è stata accordata senza difficoltà.








Sono rimasto stregato da ciò che ho potuto vedere: la condizione di vita, il ritmo della vita, le persone, i bambini, timorosi e al tempo stesso pronti a giocare con me, la religione animista, i colori, incluso quello rossiccio del terreno, le donne intente alla tessitura di meravigliosi tessuti in cotone dai disegni elaborati, scene fuori dal tempo, ai miei occhi una diversa affascinante "Africa". 







E poi quel loro "tempio" decorato dove vengono tenute le adunanze e consumati i riti: uno spettacolo!
Avevo proprio bisogno di un incontro come questo del quale potrei scrivere a lungo perché ciò che ho memorizzato nella mente mi ha donato l'entusiasmo delle grandi occasioni, anche se l'unica parola che ho condiviso con questa gente è stata "Sabaidee", il saluto che il popolo laotiano è sempre pronto a dare a chiunque.












Successivamente, raggiunta Sekong, al secondo tentativo abbiamo trovato ospitalità per la notte: in questo caso si è rivelato essenziale il contributo del driver nello svolgere la funzione di traduttore in quanto la struttura presso la quale ci siamo appoggiati normalmente ha ospiti indigeni.




A cena, consumata in un ristorante verso il centro città, la tavolata, incluso il driver, ha toccato vari argomenti; ho potuto così assumere diverse informazioni inerenti al Lao direttamente dal driver, originario di Vientiane e stabilitosi a Pakse una decina d'anni fà. 



La guest house utilizzata per la notte era priva di connettività WiFi, e questo particolare mi ha alleviato dallo stress che il caricamento delle foto nel blog comporta a causa del segnale sempre scadente.


Il primo stop odierno è avvenuto a Sekong market per la curiosità di vedere e poter comparare i tessuti che le varie etnie dei villaggi confezionano; Purtroppo non c'è stato molto da osservare e quindi si è predisposto il secondo stop, avvenuto a Tad Hua Kon dove l'attuale stagione secca mi ha fatto solo intuire la bellezza della cascata.





In questo paese di cascate ce ne sono veramente tante, molte sono quelle sparpagliate in questo comprensorio.
Terzo stop al vicino villaggio Hua Kon (sul nome ho qualche riserva) dove alcune donne mi hanno intercettato per offrirmi i tessuti da loro confezionati; poco oltre altre donne stavano offrendo altri tessuti, agli altri componenti del gruppo, assai più belli e ad un prezzo assolutamente da acquisto immediato.





Alla fine l'unico che ha effettuato acquisti è stato il driver, segno che i tessuti erano validi ed il prezzo molto economico.
Lasciato il villaggio, dopo non troppa strada è arrivato il quarto stop a Tad Faek, un'altra cascata.


Onde cercare di riprenderla da una posizione migliore mi sono incamminato lungo il bordo del fiume; proprio quando avevo trovato il posto giusto per prendere delle foto, eseguendo l'ultimo passo su un terreno accidentato e scivoloso mi sono trovato a terra.
L'impatto non è stato violento, quindi nessun danno, ma quando mi sono rimesso in piedi ricomponendomi c'era qualcosa che non andava: mi sono così accorto di aver perso gli occhiali.
Senza le lenti agli occhi non è facile cercare gli occhiali per nessuno, tanto meno su un terreno come quello sul quale mi trovavo.



Come fare? ero isolato dagli altri e quindi non mi sarebbe stato impossibile chiedere il loro aiuto.
Ho così deciso di eseguire mentalmente gli ultimi movimenti, quelli che mi avevano lasciato a terra; così facendo mi è stato possibile identificare il prezioso oggetto temporaneamente andato perduto.
Appena tornato vedente, ripulitomi dal fango rossiccio, ho eseguito quelle foto che rischiavano di costarmi care, tornando poi sui miei passi con la massima attenzione a dove stavo mettendo i piedi: il fatto è che il terreno rossiccio e compatto è completamente umido e ci vuole un niente a far scivolare la suola della scarpa lasciandoti senza più grip.









Il successivo stop è avvenuto dopo un lungo percorso: si è trattato del villaggio Ban Kok Pung Tai di credenza animista.
Qui, a differenza del villaggio di ieri, oltre al pagamento della tassa una guida è stata sempre con noi mettendo in chiaro sin da subito ciò che avremmo potuto fare e ciò che invece è proibito fare.
Le foto ai bimbi si, agli adulti no per un rispetto che i più piccoli ancora devono guadagnarsi.





La visita è stata molto accurata: oltre al villaggio ci è stato concesso di accedere a due cimiteri nella jungla, e poi, con una passeggiata abbastanza lunga, anche alla scarpata dalla quale il panorama sulla jungla è spettacolare anche in una giornata non troppo limpida come quella odierna a causa dell'umidità nell'aria.




La guida parlava un buon inglese ed anche il francese per studi effettuati a Bangkok; ma quando la famiglia lo ha richiamato per sue necessità egli è rientrato al villaggio dal quale era uscito con tanto di cerimonia. Oggi, ventottenne, per ora ha una sola moglie e tre figli, ma in questo ambito dove la poligamia è ammessa le mogli mediamente sono tre.
Qui ogni famiglia vive sotto un unico tetto ed il numero dei suoi componenti può anche arrivare a superare le cinquanta unità.
Il villaggio è composto da oltre 750 anime e, per quanto ho capito, al di la dei bambini nudi o seminudi circolanti ovunque e sempre un pò sporchi, la gente starebbe piuttosto bene.
Villaggi come questo sono un mondo a se, dove tutto avviene al proprio interno senza interferenze: gli animisti di questo particolare ceppo, accuditi da uno sciamano, hanno regole e taboo rigidissimi.



Durante la visita è stato offerto di provare una certa cosa che a me era sembrato del cibo; avevo capito male. Infatti sono stato l'unico a provare a fumare attraverso quel cannone di bamboo che qui i bambini iniziano ad armeggiare si dai tre anni; l'operazione non ha avuto successo perché non sono riuscito ad eseguire le manovre di aspirazione come sanno fare costoro, e non me ne sono dispiaciuto affatto.




Infine è avvenuto il trasferimento a Tat Lo, luogo ricco di cascate e pregno di calma, serenità e bei paesaggi.
Dopo aver provato diverse soluzioni, proprio di fronte alla prima cascata una guest house aveva camere libere in numero adeguato al nostro gruppo.
Non avendo pranzato, tutti eravamo più o meno affamati; così mi sono ritrovato a tavola in un orario del tutto inconsueto per me, alle 4.30 p.m..
Sarebbe stato da chiamarla merenda, ma in realtà è stata la cena, quella che a qualche migliaio di chilometri da qui si sarebbe chiamata "cena della vigilia".



Più tardi e sino all'oscurità ho ammirato, mentre percorrevo un itinerario in salita, Tat Hang,  la prima delle varie cascate che l'amena località offre ai suoi visitatori;


inizialmente ero rimasto perplesso quando ho visto un elefante uscire dalle acque, ma Danko, il canadese di Serajevo che mi stava accompagnando, mi ha spiegato che si trattava del rituale del lavaggio che, come  in India, viene effettuato verso quest'ora crepuscolare.



Non è la prima volta che ho il privilegio di trovarmi lontano dai rituali che si consumano in questo periodo nel suolo natio: forse la prima volta risale al 1981 (Rio de Janeiro), ma in epoca più recente ricordo Dakhla dove il Marocco è già quasi Mauritania, Teotihuacan poco distante da Ciudad de Mexico, tutte località dal clima piacevole in questa stagione.



La mattinata è volata in un attimo con il trekking a Tat Lo waterfall e poi a Hor Khuan Ban Khiang Tanglae, un villaggio Ngae dove i residenti erano pigramente attenti alle loro attività, parte delle quali li vedono protagonisti attorno alle cascate.







Si è accodata a me la tedesca residente  a Berlino ma con origini greche - Tessaloniki - così ho saputo un pò più di lei: lavora nel sociale con gente uscita di prigione e altra succube delle droghe, un mestierino che le da soddisfazione ma che non deve certo essere come quello di un medico da pronto soccorso, che già non è uno scherzo.




Rientrando alla Guest House ho visto una famiglia speciale che si stava apprestando a lasciare la camera e si stava predisponendo alla partenza: di lingua francofona, la famiglia era composta di padre e madre, una ragazzina sui dieci anni ed un bimbetto sui tre/quattro.



Sono rimasto colpito dal loro modo di viaggiar: un tandem montato da madre e figlia si tirava al seguito un carrellino coperto riservato  all'altro figlio, mentre il padre montava una bici normale con aggangiato un carrello dove era allocato il bagaglio.


Mi è sembrata gente veramente tosta, ma al tempo stesso mi sono chiesto se a questi bambini verrà poi il rigetto per questo sistema di viaggio che ora sicuramente apprezzano così come accadde ai miei figli circa il muoversi utilizzando il motor home.




                         (la grigliata nella foto mi è sembrata composta da sorci di media dimensione) 

La partenza era prevista per le ore 1 p.m., e così è stato; solo che a partire non eravmo più in sei come all'arrivo in quanto gli australiani-newzelandesi avevano deciso di trattenersi alcuni giorni.
Questi due sono in movimento già da qualche mese; stanno girando con calma il sud est asiatico ponendo molta attenzione alle spese. Non ho capito se contemporaneamente svolgono anche un lavoro via internet o semplicemente si sono presi una lunga pausa; ciò che invece ho capito è che non amano così tanto la gente che vive nei loro paesi, in particolare la ragazza mi ha parlato di Sidney.




Insomma, le insoddisfazioni sono ormai ben presenti nelle giovani leve; questi due le alleviano viaggiando per le varie parti del modo rigenerandosi.
Lasciata Tat Lo la Hyundai ha effettuato il primo stop a Laongam, località nota per un piccolo ma ricco mercato dove interagiscono differenti etnie; i più attivi qui sono stati Jasmine ed il sottoscritto, entrambi attratti dai tessuti in seta e cotone realizzati dalle donne dei villaggi (ci è stato possibile ammirarle con i nostri occhi).
Successivamente lo stop è stato effettuato al villaggio Ban Hoay Houn Tai dove le donne si sono organizzate: qui vi è un edificio dove alcune tessitrici svolgono anche l'attività di venditrici dei prodotti realizzati sia nello stesso villaggio che in villaggi vicini.



Purtroppo questo è un punto di sosta per turisti così i prezzi sono più elevati (però anche la qualità è superiore) ed i bambini si prestano graziosamente a posare per essere ripresi in foto, incitati anche da madri o sorelle più grandi, reclamando poi denaro.




L'ultimo stop prima di arrivare a Pakse è stato effettuato in una specie di parco dove l'accesso è a pagamento: questo include un paio di cascate e, sparpagliate ad ampio raggio, case tipiche di varie etnie.




Quando è stata raggiunta la sede per il riposo notturno ho voluto provare una sistemazione diversa da quella già qui sperimentata; costa meno, ma vale molto meno della precedente!
Tanto si tratta di una sosta di poche ore: domattina ore 8.00 minibus per Si Phan Don, luogo conosciuto come Four Thousand Islands, l'arcipelago di isolette che trova la sua allocazione nell'ultima parte del Mekong Laotiano prima di Cambodia.


   

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