mercoledì 6 febbraio 2013

Guatemala - Tikal


Lunedì 04.02 – La situazione del terreno stamane non era cambiata, però la pioggia aveva smesso di cadere.
Ad un certo punto Rudi, Volvo camperizzato Alemania, mi ha avvicinato per impostare l'operazione del recupero mentre Rita, la moglie, riprendeva alcune immagini che mi verranno poi girate via mail.
Per chi volesse sapere di più dei miei salvatori segnalo di seguito il loro sito www.menrad-international.com
Come immaginavo solo con un veicolo del genere a disposizione è stato possibile ottenere un risultato positivo.
Devo riconoscere che questi tedeschi non solo sono ben organizzati, ma in più usano materiali di qualità.
Inizialmente avevamo collegato un cavo d'acciaio in mia dotazione garantito per poter tirare 5.000 kg. ad una delle lunghe cinghie di R&R, ma appena queste sono andate in tensione è saltato il cavo d'acciaio collegato allo chassis del Nomade.
La stessa operazione è stata allora ripetuta con due cinghie collegate fra loro da un gancio, tutto in dotazione R&R: questa volta, pur continuando a sentire girare su se stesse le ruote anteriori del Nomade, con la forza del potente traino finalmente sono riuscite a guadagnare terreno un po' più solido.
Una volta sciolto l'aggancio il Nomade ha proseguito in retromarcia sin quasi a raggiungere l'asfalto della strada, ma ancora una volta si è messo a pattinare: in questa circostanza è bastato aiutarlo a spinta per venirne fuori.
Grandi abbracci sia con Rita che con Rudi i quali hanno voluto minimizzare l'evento come si fa fra persone che condividono qualcosa: ciò normalmente basta a sentirsi partecipi e vicini.
Libero dall'affondamento nel prato ho subito deciso di avvicinare la frontiera, consapevole che sarebbe stato preferibile iniziare la trafila di primo mattino ed oramai ciò non è più possibile se non attendendo un altro giorno.
Prima di raggiungerla ho ripercorso in parte la strada che Ford Explorer con il gruppo dell'anello a bordo aveva percorso pochi giorni fa, rivivendo con i ricordi quei brevi attimi.
Per uscire dal Belize è stato semplice (pagando una tassa all'immigration di 37,50 B$) mentre per il veicolo si è trattato di lasciare negli uffici doganali il documento che aveva autorizzato il Nomade a circolare, annullandone il suo carico nel mio passaporto.
I confini sono sempre luoghi degradati, ed anche questo lo è, anche se forse meno di altri.
In Guatemala, dopo il lavaggio dei pneumatici avvenuto in maniera tecnologicamente più avanzata rispetto a quello effettuato all'entrata in Belize, ho parcheggiato per poter svolgere tutte e pratiche senza subir l'assalto dei vari tirapiedi che qui non ho proprio visto.
L'immigration ha riscosso subito la propria quota, quindi mi sono accinto ad effettuare la temporanea importazione con dei funzionari che non ne avevano tanta voglia. Procurate le fotocopie che mi sono state richieste sia del passaporto che della patente e del libretto di circolazione, finalmente uno dei due ha prima effettuato una leggera ispezione a bordo, quindi ha lavorato al computer mentre io compilavo un modulo; prima di andare alla banca a pagare ho voluto controllare i dati stampati rilevando un errore sul V.I.N. così l'addetto ha potuto sistemare la cosa ristampando il modulo.
Successivamente ho ritirato i documenti mentre lo stesso addetto è risalito a bordo per appiccicare personalmente sul parabrezza l'autorizzazione.
Circa la copertura assicurativa dovrò recarmi a Flores per vedere di ottenerla, ma non è detto, e ciò a causa dell'età del Nomade.
Prima che venisse alzata la sbarra per farmi passare un altro controllore ha voluto i documenti appena ottenuti per una registrazione manuale effettuata su un tavolinetto lì a fianco: passare il confine guatemalteco è costato complessivamente 230 Quetzales (1 USD = 7 Q) e meno tempo di quanto potessi immaginare.
Ancora pochi metri e da una garitta è uscita una tipa informandomi che il ponte da superare ha un costo: mi ha sparato 50 Quetzales ma la ricevuta che mi ha messo in mano era relativa ad un importo inferiore.
Quando l'ho fatto notare, facendo finta di non aver capito mi ha regalato altre due ricevute per raggiungere l'importo complessivo già pagato, esattamente come mi era capitato in Senegal al porto di Dakar: luogo che vai usanza che ...ritrovi!
Il primo approccio con le strade è stato positivo, salvo la solita mancanza di slarghi ove poter effettuare anche una breve sosta, essendomi imposto di cercare di non mettere mai più le ruote sul prato che talvolta si trova di fianco.


L'orario sarebbe stato quello giusto per una pausa pic nic ma ho dovuto attenere sino a El Cruce per trovare la possibilità di sosta: arrivato alle 13.55 sono ripartito alle 14.10 convinto di trovare strada pessima da lì in avanti.
Invece è stato prima che ho trovato dei tratti non asfaltati e molto mal messi, dopo è stato un sogno.


A circa 20 km. da Tikal sito archeologico inizia il Parco Nazionale che lo contiene: qui si tratta di pagare un biglietto per potervi accedere, ma le guide in servizio alla sbarra mi hanno invitato ad attendere le 15.30 per poter accedere al costo del biglietto valido già per domani.


All'interno del Parco non c'era movimento a quest'ora, salvo rari minibus rientranti alle loro basi di partenza; la strada in salita è immersa nella vegetazione ed i segnali evidenziano il possibile attraversamento di serpenti, racoon, jaguari e similtacchini (qui chiamati Pavo Ocelot).
Giunto a destinazione ho cercato di capire dove potrebbe trovarsi il campeggio che so, dalla lettura del libro di Church, trattarsi giustappunto di un prato.


Sbagliando mi sono invece trovato al Tikal Inn e lì ho chiesto di poter parcheggiare; il giovane Abner, 21 anni, in servizio alla reception, mi ha risposto in italiano avendo avuto un insegnante sardo!


Una volta accordatomi prima mi sono deciso a mettere un po' d'ordine riponendo tutti i cavi utilizzati in mattinata, poi ho voluto sgranchirmi le gambe effettuando un giretto quando ormai non c'era in giro proprio nessuno, salvo dei similtacchini dai colori sgargianti ed una coppia tedesca che avevo notato al confine perché sta effettuando il proprio viaggio su un cavallo d'acciaio.



Entrare in un paese sconosciuto passandone il confine come deve fare il Nomade, con tutti gli annessi e connessi, è sempre una prova laboriosa che la pigrizia mentale non vorrebbe affrontare, tendendo a rimandare; in questi casi è una certa forma di pragmatismo che aiuta, e poi, quando si è scesi in pista si è costretti a ballare anche se non si è tanto bravi!


Da oggi quindi è cominciata una nuova avventura. 

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