Giovedì
18.10-Mollo gli ormeggi verso le sette dirigendomi a Yossèmiti
(scritto come viene pronunciato localmente)Valley; forse commetto un
errore a non dirigermi a Glacier Point, ma le info acquisite mi
dicono che è da raggiungere al tramonto, e poi ho sempre l'incubo degli
scricchiolii su strade di quel tipo.
Superato il tunnel effettuo una
lunga sosta a tunnel view, ancora frequentata dai “professionisti”
in attesa dell'arrivo dei primi raggi di sole, tutti in postazione
con cavalletti aperti e cannoni orientati; perché il sole e sì
sorto, ma prima di riuscire a scavalcare i picchi che si trova
davanti ci vuole del tempo!
Da
lì in poi è tutto un susseguirsi di soste, alcune più
entusiasmanti di altre: manco a dirlo, sono quelle dove non c'è
alcuna indicazione, ma soprattutto non c'è nessun umano; è così
che le incursioni prendono una connotazione di avventura, di
scoperta, come quando ho intercettato casualmente le immagini delle
rocce di El Capitan riflesse nella poca acqua del Merced River.
Dopo
tunnel è la volta di Bridalveil Fall (praticamente asciutta), poi
Cathedral Rocks, Cathedral Beach, Sentinel Beach, (forse ho
dimenticato qualcosa) sino a raggiungere Visitor Parking:
da metà
ottobre sono chiuse alcune strade e parecchie facilities, ma è
ancora in funzione il servizio Shuttle in una vasta area che va da
Yosemite Lodge a Nature Center/Happy Isles, effettuando un bel
numero di fermate in posti strategici, + o - tutti posti a quota
1.200 m.s.l.m..
Raggiunto
a piedi il Visitor Center, mi dedico subito al film proiettato nel
teatro: The spirit of Yosemite (il narratore si esprime in un'ottima,
lenta dizione-suona come musica alle mie orecchie- che, combinata con
le scritte su un display, rende molto comprensibile ciò che sta
raccontando), poi visito Indian Village ed Indian Cultural Museum;
da qui esco con un groppo alla gola per aver appreso come furono
trattati i Nativi-Tribe Ahwahnee della famiglia Miwok e Paiute- dalle
ondate di euro americani calati in valle alla ricerca di oro
(incendiando sistematicamente i loro villaggi, distruggendo le
provviste alimentari, uccidendo per indurli ad abbandonare l'area).
Luoghi
come questo, posti sotto tutela già prima della fine del 1800,
esistono perché ci sono stati uomini che si sono battuti per
raggiungere questo obiettivo, uomini che hanno trovato nei Presidenti
U.S.A. dell'epoca terreno fertile pronto ad essere lavorato: qui su
tutti si eleva il nome del Naturalista John Muir.
Nato
in Scozia e trasferito nel Wisconsin, stava viaggiando studiando la
botanica dell'Amazzonia quando contrasse la malaria; avendo bisogno
di un clima adatto per curarsi, arrivò in valle e se ne innamorò,
restando a viverci per diversi anni.
Per
mantenersi lavorò in diversi settori, trovando il modo per
continuare ad esplorare ed osservare la natura, scrivendo articoli
per giornali e conoscendo persone influenti che poi gli furono
alleati nella battaglia condotta per preservare varie aree del paese
dalla distruzione apportata dall'uomo (all'epoca dei cercatori d'oro
le sequoie millenarie furono abbattute senza scrupoli).
Quindi,
usando lo shuttle, prima ho raggiunto Lower Yosemite Fall (asciutta),
poi Mirror Lake già sapendo che sarebbe stato impossibile ritrarre
Half Dome riflesso nell'acqua portata dal Tenaya Creek.
Infatti
ho trovato solo qualche pozza, il lago chiuso per ferie riaprirà
primavera prossima; al suo posto è cresciuta una erbetta brucata da
una famigliola di Mule Deer (in realtà ho notato che preferivano le
foglie secche del sottobosco).
Quando
sono ripassato a Yosemite Village ormai c'era aria di disarmo,
praticamente era già tutto chiuso, così ho dovuto rinunciare a
visitare Anselm Adams Gallery:
velocemente ho riguadagnato il
parcheggio ed avviato il Nomade sulla strada sempre più buia che
conduce ad Hodgdon Meadow, dove sono arrivato senza sorprese in modo
da sistemare il bivacco all'interno di un altro rustico campground,
che poi sono quelli che preferisco perché mi fanno il servizio
essenziale di un parcheggio.
Venerdì
19.10-Anche oggi in piedi presto perché ho da percorrere la Tioga
Road, strada che già di per se è lunga e tortuosa, con un summit a
9945 feet, il passaggio stradale più alto della California, e non so
ancora se farò anche il ritorno o proseguirò uscendo dal N.P. in
direzione Nevada.
Intanto
parto; inizialmente è solo una strada nella foresta con un andamento
altimetrico costantemente variabile, ma arrivato ad Olmsted Point lo
scenario si amplia e si modifica.
Intanto
c'è Half Dome piazzato in bella mostra, e poi è tutto questo
granito grigio a pareti lisce - da la sensazione di neve ghiacciata - sul quale sono abbarbicate diverse
piante, comprese quelle di alto fusto che, con uno sforzo grandioso,
per poter continuare a vivere, hanno sviluppato un apparato radicale
che da solo vale lo studio per una tesi di laurea in botanica.
Il
nome del overlook deriva da quello degli architetti naturalisti,
padre e figlio, che furono incaricati di occuparsi di Yosemite e che
ebbero un ruolo rilevante nel promuovere la salvaguardia di vari
ambienti naturali del paese.
Da
li in avanti le soste sono state effettuate di frequente: Tenaya
Lake, Toulumne Meadows, Lembert Dome, Dana Meadows, Tioga Pass, Tioga
Lake, Ellery Lake, sino ad arrivare a Mono Lake, ormai fuori dal
parco, posto nella Basin Scenic Area.
In
realtà avevo nutrito dello scetticismo su questo percorso in quanto
il periodo più interessante per effettuarlo è rappresentato
sicuramente dalla primavera inoltrata e dall'estate, quando i prati
in quota si ricoprono di una fioritura variegata.
Arrivare
sui 3000 m. di quota e trovare un altipiano circondato da alture
granitiche, costellate di vegetazione dalle varie altezze, è stato
come aprire una porta al buio e trovare il sole: anche così come si sono presentati oggi, questi prati sono riusciti ad ammaliarmi.
E poi il cielo, terso e luminoso, e l'aria che si respira: nelle prime ore della giornata mi sono trovato da solo a godermi l'immensità nella quale mi stavo muovendo; più tardi, quando ho incominciato ad incrociare qualche altro umano, si è trattato di un numero limitato di esemplari.
Da questo punto di vista una situazione assai diversa da quella della Valley, anche se, per come mi sono mosso ieri, sono sempre riuscito a tenermi ai margini dei grandi numeri.
E poi il cielo, terso e luminoso, e l'aria che si respira: nelle prime ore della giornata mi sono trovato da solo a godermi l'immensità nella quale mi stavo muovendo; più tardi, quando ho incominciato ad incrociare qualche altro umano, si è trattato di un numero limitato di esemplari.
Da questo punto di vista una situazione assai diversa da quella della Valley, anche se, per come mi sono mosso ieri, sono sempre riuscito a tenermi ai margini dei grandi numeri.
Arrivato
alle 14 a Mono Lake ho impegnato un'oretta fra il Visitor Center e
una puntata alla zona ove, in riva al lago, si sono create delle
caratteristiche forme a base di tufo, simili a faraglioni in scala
ridotta.
Quindi
mi sono avviato sulla 395: forse non ho precisato mai che questa e la
Sierra Nevada, ed anche Yosemite ne fa parte. Personalmente sono
rimasto colpito dalla progressione di grande variabilità che ho
incontrato. A volte bastano pochi chilometri per trovarsi in una
situazione inattesa sulla base di ciò che era venuto prima.
La
strada è sempre in movimento, inizialmente corre in una valle
circondata da alture di tipo desertico, poi la situazione muta quando
la valle prende il nome di Antelope, e successivamente, quando si
chiama Carson, è tutto un rigoglio di verde punteggiato
principalmente da capi di bovini.
A
questo proposito, è incredibile come questi, impegnati a brucare
verzura, sembra che percepiscano la tua presenza, anche se sei
lontano, ed interrompono la loro attività principale fermandosi a
fissarti.
In
avvicinamento alla città il traffico si fa più sostenuto e diventa
semaforizzato.
Sono le 18 quando incrocio uno dei due Walmart dei quali dispone la città; non perdo tempo e mi fermo.
Sono le 18 quando incrocio uno dei due Walmart dei quali dispone la città; non perdo tempo e mi fermo.
Ho
bisogno di connessione e la trovo, ma il forte vento ne condiziona
l'utilizzo e non saprò mai se il lavoro effettuato è andato a buon fine.
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