giovedì 9 agosto 2012

Washington State - Cascades N.P.


Prima di lasciare la postazione vado per il rifornimento di H2O: l'area è riservata ai R.V., ma io trovo il posto occupato da un pick up che nel cassone ha un serbatoio da 2.000 lt in fase di caricamento. Pazienza, intanto faccio dell'altro, ma non è che al cow-boy sia passato per la testa l'idea di lasciarmi caricare i miei 100/150 lt. prima di terminare la sua rapina! Alla fine sono su strada e mi dispiace lasciare questa area dell'Idaho, precedentemente appartenente al Montana, dal clima giusto per me.
La mia direzione inizialmente è Sud, ma effettuo subito una sosta per connessione: quale sorpresa trovare una mail da parte di Lynn:
Dear Friend,
My friend Salinda (who volunteers at the tourist information center) and I enjoyed visiting with you onThursday evening in Bonners Ferry, Idaho. I hope the best to you in your travels. Attached please find a few good words that are shared from a famous American traveller, Peace Pilgrim. For almost forty years --from 1953 -1981 --she walked alone, back and forth, across America for the sake of Peace.
Although English may be difficult for you, I trust that you will still benefit from reading about Peace Pilgrim.
She has a website --which, after her death, has been created and maintained by friends of Peace Pilgrim. I think if you will go to <www.peacepilgrim.com> you might find access to an Italian translation of her "Steps to Inner Peace." Again, I wish you the best in yourt ravels. May God bless you. Lynn --whose families come from England, Germany, and Bohemia !
Quando riprendo la temperatura è già diventa diversa. 



Punto su Bayview (Lake Pend Oreille) perché attratto dalle sue case galleggianti, come quelle di Vancouver; purtroppo il luogo è uno di quelli smorfiosi, senza spazi utili alla sosta, così me la cavo in fretta e punto a Coeur d'Alene. 

Qui fa ancora più caldo e, a causa di una manifestazione in corso, vengo deviato; in pratica lascio anche questo luogo senza alcuna soddisfazione, mi infilo sulla beneamata I.U.S.90 e viaggio sino a Spokane, località dello Stato di Washington dove trovo subito il Visitor Center e vengo aiutato da una solerte addetta che mi ha adocchiato mentre prendevo del materiale in maniera mirata. 



Così comincia una lunga conversazione, mi fa accomodare in un salottino di consultazione mentre lei si prodiga per trovare risposte ai miei quesiti. In pratica non mi molla più, e quando ormai sono in piedi per uscire coinvolge anche una collega la quale aggiunge una brochure a quelle già fornite. 



Quando lascio il mio nominativo nel registro avviene la cosa più divertente: la prima resta affascinata dal suono del mio first name, la seconda fa un riferimento al mio family name. Infatti avevo già saputo che qui in U.S.A. è nota una ditta che fabbrica non mi ricordo che tipo di macchinari, il cui nome è Zamboni. Allora spiego che probabilmente l'origine è la stessa, ma nel Veneto i nomi vengono troncati; così spiego anche l'etimologia del mio cognome, e da lì si parla di Padova, i motivi per i quali è famosa. Negli U.S.A. non si sa nulla né della sua Università né di Galileo Galilei, ma è più facile trovare persone devote che conoscono S.Antonio, detto da Padova, anche se lui era un Portoghese. Insomma, lascio le due deliziate da tutte queste spiegazioni e dico loro che sono le uniche in tutto il vasto territorio ad esserne informate!




Cerco di organizzare una visita alla città, ma qui non è come a Washington D.C. dove il sabato e la domenica si può parcheggiare liberamente, inoltre fa un caldo boia per pensare di esplorare il parco pubblico alla ricerca delle statue sparse qua e la. Così per un po' mi muovo con il Nomade sulla base di un percorso cittadino incentrato sugli edifici storici, quindi trovo da parcheggiare e mi faccio qualche incrocio di strade a piedi, entrando al famoso Davenport Hotel, considerato ancora oggi il migliore del West. 



Si sta facendo tardi ed io vorrei cucinare per cena, ma non considero bene quanta verdura ho acquistato, così sono costretto a fare due turni di pentola a pressione e a rimanere temporaneamente fermo in un parcheggio che non può essere quello della sosta notturna. 
Così mi muovo con il buio andando un po' alla cieca, pur seguendo il solito criterio. Mi metto in direzione West, ma mi sembra che invece nella direzione opposta ci fossero maggiori possibilità: dopo una ventina di km., più o meno all'altezza dell'aeroporto, la situazione all'improvviso si vivacizza e, al secondo tentativo, mi indirizzo su uno Starbucks pensando che domattina ne potrò usare la rete wi fi. Cerco di parcheggiare come si deve, così, svoltato un angolo, mi vedo un WalMart contiguo con altri R.V. Sparpagliati: prendo le misure e vado a sistemarmi.

Qui ho fatto bene a dormire con le finestre aperte! Cerco la connessione e la trovo, ma è assai debole e mi crea problemi nel carico delle foto del blog. Ciò mi ruba tempo, ma alla fine ce la faccio e mollo gli ormeggi. Questo Stato, che trova la sua origine in uno smembramento dal confinante Oregon, è ricco di sotto aree climatiche: va da un clima desertico nella fascia centrale sino alle Rocky, ad un clima opposto al di là delle Rocky, sull'Oceano. Oggi mi tocca il clima desertico, che spero finisca in fretta visto che sono diretto al Cascades N.P. dove ci sono picchi attorno ai 3.000 mslm..



La strada è di quelle noiose, e mentre mi avvicino alla Grand Coulee Dam (ha imbrigliato il Columbia River che ho visto alla sua origine al Glacier N.P.) mi sembra proprio di essere nelle strade del Centro Sud del Marocco, ed anche la temperatura a bordo lo conferma (40° con umidità dal 25% sino a non rilevabile).



Speravo di trovare il verde, gli alberi, il riparo dal sole, invece l'invaso è attorniato da montagne brulle come la collina di S.Anna dopo l'incendio, e non tira un alito di vento. In questo contesto artificiale, solo per il fatto che qui si è formato un lago, si è creato anche un luogo di villeggiatura tuttora in sviluppo.




Mi aggiro per un po' nel V.C. all'uopo creato a fianco alla Dam (qualsiasi cosa venga qui proposta trova subito e sempre il suo pubblico), ma non trovo nulla di interessante per me, quindi mi decido a ripartire:




l'itinerario è quasi tutto su ByScenicWay, per un bel tratto all'interno della Riserva Indiana di Colville, dove oggi il rischio Fire è segnalato moderato, ma per un bel po' di scenic non vedo nulla.



Inizialmente il paesaggio è arido desertico, poi, improvvisamente, vira sul verde e con foresta, quindi torna desertico sino a che non arrivo ad Omak, località che vista dall'alto sembra quasi un'oasi.





La strada continua a salire e scendere, quasi senza curve, e proprio la pendenza costante della quale non si vede la fine mi mette in sofferenza. Mi dico, la quota del passo che sto scalando è solo di 1250 mslm, forse sono partito da un valore di quota negativo per non arrivare mai al top.



Quando ci arrivo sono circa le 18, sono accaldato e non ho voglia di scendere per poi risalire un'altro passo, quindi mi metto fuori dai piedi e attendo qui che rinfreschi, all'ombra degli alberi, sperando di poterne godere i benefici al più presto, ma all'una meno venti ci sono ancora 24°!


Nottata silenziosa come quelle di casa. Scendendo dal Loup Loup il paesaggio torna a farsi arido, ma nel fondo valle, dove si bagna a più non posso, viene coltivato di tutto, in particolare frutta di vario genere. Mi lascio attrarre dall'indicazione della base di addestramento dei pompieri che si lanciano dall'aereo, quelli che intervengono nelle situazioni peggiori, quando vanno a fuoco foreste intere, ma ritorno presto sulla retta via.



Incontro farm in ordine (mai come quelle danesi) ed altre che si presentano come un vero casino: lì dipende dalla mentalità del proprietario, che nel West mediamente non è tanto attento a questi particolari. Qui, dove si considera essere casa dove ci sono le condizioni per fare il fieno, tutto il resto conta poco o niente.



Incrocio cavalli a colazione nella valle del Methow River, dove incontro anche una bella struttura di ponte, ma non è di quelli sospesi.




Raggiungo Winthrop con cielo coperto, ma il pericolo Fire è indicato a livello High!





La località desta in me un certo interesse, anche se so che tutta l'apparenza è frutto di una brillante idea messa in atto quando il luogo, a causa della fine di un travolgente ciclo economico, stava per morire; oggi si presenta come una città al tempo dei pionieri, con frontali Western posticci.




Finalmente la strada prende connotazioni alpine, e le montagne sembrano più innevate che al Glacier N.P.. Scollino il Washington pass senza dover soffrire come temevo, e mi godo la passeggiata to overlook perfettamente organizzata.





Da qui in avanti è quasi tutta discesa, con soste continue per riprendere immagini di laghi alpini, frutto del lavoro umano: qui sono state create varie dighe che hanno generato diversi laghi dai colori affascinanti a causa del materiale proveniente dai ghiacciai che resta in sospensione.











Quando credo di essere arrivato al Visitor Center del N.P., mi rendo conto che è qualcosa di simile, ma non è legato al N.P.. Il vero V.C. é poco lontano e riesco a raggiungerlo pochi minuti prima della chiusura, ottenendo alcune informazioni che valuterò per il programma di domani.


Praticamente questa è una vasta area costituita di foreste e ghiacciai che prende diversi nomi passando da una realtà all'altra, ma la parte più a Nord che mi ero messo in mente di poter visitare, in realtà è priva di strade ed è raggiungibile esclusivamente con lunghi percorsi da effettuare a piedi, quasi tutti di un certo impegno. Capito questo sono quasi le 19, ed io trovo che il parcheggio è talmente bello e defilato che decido di fermarmi qui, contando su un'altra notte silenziosa.


Martedì 07.08 S.Gaetano - Nottata stupendamente trascorsa; mi ha fatto decidere di raggiungere Marblemount dove c'è un distaccamento di Rangers specializzati in Wilderness: a loro chiederò quale itinerario percorrere fra i due che ho in mente.
Il Ranger al quale pongo il mio quesito non ha dubbi, anzi, ne sconsiglia apertamente uno, il che mi fa decidere agevolmente di indirizzarmi verso il Cascades pass, consapevole che dopo 10 miglia di asfalto metterò le mie Michelin su pista, e pertanto valuterò al momento come comportarmi.





La strada parte inforestata che più non si può, stupenda, per intenditori, qua e la qualche squarcio lascia intravvedere vette e ghiacciai, ed io sono felice di esserci dentro.
All'inizio la pendenza è modesta, poi la larghezza ha una prima diminuzione, fino a che si raggiunge lo sterrato, ed allora, in caso di incroci, si usano i turnout.





Intanto la pendenza si fa via via più impegnativa, ci sono dei tornanti, spesso è necessario scalare andando di prima. L'entusiasmo per l'ambiente nel quale mi sono calato è grande, ma non mi impedisce di valutare la situazione, anche se penso al ritorno, con la mia massa, su queste pendenze e con un grip ridotto.





Così comincia un dialogo interiore fra quella parte di me che vuol proseguire e quella che comincia a percepire i rischi del percorso: minchia, signor tenente, ci siamo incasinati ben bene! Strada sempre più stretta, impossibilità ad invertire la marcia, baratro permanente sulla destra. Varda avanti e tasi, sino ad oggi si è sempre trovata una soluzione a tutto. Signor tenente, non vorrei mancarle di rispetto, ma può sempre accadere che una situazione non presenti soluzioni immediate. Tu stai concentrato e pensa a compensare con lo sterzo lo scarrocciamento che evidenzia in maniera drammatica, specialmente sui tornanti, con questa consistenza del fondo stradale, un allineamento ormai imperfetto del treno anteriore.



Ad un certo punto ci rendiamo conto che non stiamo più percorrendo la strada non pavimentata, ormai siamo entrati nella parte a mulattiera che porta allo scollinamento! Minchia, signor tenente, e adesso? Accidenti, ha ragione lui, e adesso? Comincia a fermarti appena puoi. Si, ma non è semplice come dirlo! Ascolta, ti ho portato in ogni dove, ti porterò fuori anche da questo paradiso infernale. Ed è così che Il Nomade si ferma in una posizione assai precaria, meravigliosa per ciò che lo attornia, ghiacciai, picchi aguzzi, cascate, torrenti impetuosi, vegetazione di vario genere, ma al tempo stesso rischiosa per la pendenza che introduce direttamente al fondo valle: ce la farà il freno a mano e la marcia inserita a tenerlo fermo mentre scendo a prendere delle misure? Ce la deve fare! Sul posto è troppo rischioso tentare la manovra, ma poco prima mi era sembrato di vedere uno spazio più favorevole, quindi vado a controllarlo. Si, ci stiamo a pelo, dipende da come si riuscirà ad arrivarci perché sul lato a valle si sa che c'è il baratro, invece su quello a monte ci sono massi di varia misura sistemati in ordine sparso.



Da una parte vorrei togliermi subito dall'impaccio, dall'altra temo le difficoltà oggettive che la manovra presenta e tardo a prendere la decisione. Poi viene il momento: richiamo tutta l'adrenalina disponibile, torno al volante, inizio a manovrare. Essendo molto tortuoso il percorso da effettuare rinculando, il campo visivo degli specchi non basta. Cerco di tenermi il più possibile a monte, ma così facendo in due circostanze vado a toccare i massi: fortunatamente la manovra con il freno a mano e la prima riesce agevole in entrambi i casi, in modo da recuperare rapidamente la traiettoria desiderata. Lui ora tace, ha capito perfettamente che ci stiamo muovendo sul filo sospeso senza avere il telo di protezione sottostante, perciò è in tensione. Lo sai quante volte hai dovuto superare delle difficoltà, questa è solo una in più, mi dico mentre porto il retro del Nomade a filo con il baratro: ora si tratta di avanzare senza far scendere le ruote anteriori nella canaletta contenente i massi. Il motore risponde obbediente lavorando al numero di giri giusto, la prima parte è fatta. Ora altra piccola retromarcia e vediamo quanto siamo riusciti a guadagnare in termini di rotazione; sin qui tutto bene, adesso ancora avanti quel tanto che si può, sempre cercando di mantenere un margine adeguato di sicurezza. La manovra si ripete per il numero di volte necessario, ma ce l'abbiamo fatta anche senza il miracoloso aiuto dell'equipe dell'amaro lucano! La discesa avviene congiuntamente utilizzando il primo rapporto ed il freno a pedale, cercando di non arrostire il ferodo né di rovinare i dischi.



Sarà per tutta quell'adrenalina che mi è entrata in circolazione, fatto sta che mi sono ritrovato con le Michelin sull'asfalto in un tempo che mi è sembrato passare molto più in fretta rispetto a quello impegnato per la salita, soddisfatto per il fatto che le due parti di me che sembravano non trovarsi in accordo si sono nel frattempo riunificate, sotto il segno del mio Santo Patrono, che forse ci ha messo del suo!
Ora qui ho voluto raccontarla così, ma ne è valsa assolutamente la pena: la ripetizione di questo percorso non mi capiterà più, ma mi resterà il ricordo di come è andata. Fra le tante domande che avevo posto al Ranger era mancata quella sul limite di percorribilità, pur avendogli fornito le misure del mio veicolo, né lui mi aveva avvisato che dallo sterrato si sarebbe passati ad una mulattiera, che per un qualsiasi pick-up 4x4 fra i tanti che girano in queste zone è un giochetto da ripetere quando si vuole, ma per Il Nomade, con 100 cv e 4.300 kg., è tutta un'altra cosa.

E passato il mezzogiorno e non sento ancora lo stimolo per una sosta; solo quando l'adrenalina si è riassorbita, verso le 13.15, mi fermo per una pausa. Ormai sono fuori dal N.P., Skagie è il nome della valle ampia e ben curata, le coltivazioni sono diverse, incluse quelle della vite e degli alberi da frutta, i centri che incontro in questo versante, peraltro molto vicino a Seattle, risultano tutti gradevoli al mio sguardo.
Ho deciso che punto direttamente ad Anacortes, sull'isola di Fidalgo, collegata alla terra ferma da un ponte, dal cui porto partono i Ferry per l'arcipelago, ed io ho intenzione di raggiungere San Juan dove trova sede un National Historical Park.

Il nome è spagnolo, come De Fuca, quello dello stretto che separa l'Isola di Vancuver-Canada dagli U.S.A., perché sono stati navigatori spagnoli a veleggiare qui prima degli altri.
Atterro al piccolo Visitor Center ed ottengo una serie di delucidazioni, ma qualcosa non mi convince sulla tariffa del passaggio A/R per cui raggiungo il porto dei ferries ed apprendo la verità dalla fonte: la tariffa che mi è stata detta non corrisponde, praticamente è il doppio. Rapida valutazione e decido che andrò in giornata lasciando il Nomade al parcheggio del porto, in modo da pagare una cifra irrisoria in quanto passeggero over 65.


Mi informo con l'addetto al parcheggio e la cosa sembra fatta, ma la pioggia che comincia a scendere ed il fatto che, se vado da pedone, pur essendo nella stagione di maggior affluenza, non ho bisogno di escludere i giorni del fine settimana, mi fanno tenere il discorso aperto sino a domattina: o completerò il giro alpino raggiungendo la strepitosa area del Mt. Baker cercando anche una connessione a Bellingham, località dotata anche di WalMart, o posticiperò questo e allora farò la traversata.



Sono le 23.30 ed ha ripreso a piovere, ma si sa, qui non c'è da farci caso, domattina potrebbe essere un sunny day!


In ogni caso il Nomade si è qui conquistato in maniera egregia il primo Coast To Coast di questo viaggio, e non è stata cosa da poco!

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