sabato 1 settembre 2012

Oregon Columbia River-Mt. Hood-Portland Downtown



Oggi è lunedì, ed in prima mattinata mi dedico a cucina e connessione: oggi ben quattro conversazioni grazie a Skype!
Con non troppo entusiasmo (la giornata è grigiastra) mi dirigo poi verso Troutdale, dove inizia Historic Columbia River Highway Scenic Byway (it has been called “King of Roads”).


L'avvio mi lascia perplesso, ma al primo overlook (Crown Point) ritrovo lo smalto dei momenti migliori: questo fiume, che ho visto nascere a Glacier N.P., percorre qualcosa come 2.000 km. per giungere a destinazione, e la spedizione degli esploratori Lewis & Clark - voluta dal Presidente T. Jefferson nel 1805 - arrivata al suo estuario, lo scambiò per l'oceano per quanto apparve ampio! 



Con tutto che gli umani lo hanno sfruttato ingabbiandolo con diverse “dam”, in questo tratto che ho sotto agli occhi più che un fiume mi è sembrato un lago, ricco di fiordi e isolette (solo 1/3 ne sono rimaste visibili dopo la realizzazione delle dam).
Ogni volta che mi capita di trovarmi di fronte ad uno spettacolo della Natura, in automatico retrodato le immagini al periodo in cui dell'uomo bianco qui non c'era ancora traccia; le popolazioni native ebbero un atteggiamento molto amichevole con i nuovi arrivati, ai quali fornirono ogni cosa per farli sopravvivere al primo inverno, quando non si erano ancora organizzati, ricevendo in cambio coperte e vestiario in generale, e anche, perché così era scritto, le malattie che le decimarono in poco tempo!


Durante questa sosta sono stato avvicinato da diversi interlocutori; fra i più interessanti  ci sono stati un anziano canadese di Vancouver impegnato a condurre la sua bici da corsa su questo percorso che, ve lo assicuro, non è per niente facile, e tre alternativi su due H.D., addobbati secondo la consuetudine di quella tipologia di motociclisti: questi si sono rivolti a me in Italiano! Sì, perché la signora è Svizzera di Berna, il marito, conosciuto in Mexico, e di qui e non parla l'italiano, ma il figliolone, che è cresciuto e si è formato in Svizzera dove ha studiato anche l'italiano, ora ha deciso di stabilirsi qui.




La sosta successiva avviene a Vista House, costruzione che mi ha ricordato Il Sommo Vate abruzzese, ma che non va valutata tanto architettonicamente quanto per il luogo dove è posta: sublime!
Dopo vengono una serie di cascate; io ne ho tralasciate alcune e mi sono impegnato sui trails che mi hanno condotto a Bridal Vail, Wahkeena, Multnomah e Horsetail: sono tutte dello stesso tipo, a getto unico con grande salto perpendicolare.


L'acqua scendendo impatta la roccia in vari punti e la sua polverizzazione va a vantaggio del muschio che cresce lateralmente: complessivamente, l'una per l'altra, sono tutte uno spettacolo!










Lasciate le cascate il percorso si interrompe per riprendere alcune miglia più avanti, e nel breve tratto di circa 20 km. cambia lo scenario: si passa dall'umido e lussureggiante Western Gorge al dry Eastern Columbia River Plateau, a mio avviso entrambi affascinanti, il secondo anche più del primo per il contrasto dei suoi colori.





Ho modo di riprendere Memaloose Island, “a traditional burial site of Native American Peoples”: la loro usanza prevedeva di collocare il defunto, avvolto con delle coperte, dentro ad una canoa che veniva poi lasciata nel luogo sacro.
Nel momento in cui mi sto dedicando alle riprese fotografiche transita un battello a vapore che mi porta alla fine del 1800 o a Eurodisney! Intanto, sul versante Washington State, un treno merci condotto da quattro locomotori si sta tirando al seguito chilometri di vagoni sui quali sono posti dei containers.
Ultima tappa della giornata è Rowena Crest: offre immagini simili a quelle di Crown Point, ma con dei colori diversi: qui ci sono delle colline che appaiono simili a dune!







Fatto 30 decido di fare anche 31 e così mi dilungo verso The Dalles, antico luogo di incontro dei vari commerci fra Est ed Ovest, ma non trovo alcuna traccia di ciò se non una sede museale che, a causa del mio tardo orario di arrivo, è già chiusa.



Pensavo di potermi immettere sull'itinerario a seguire, quello del Vulcano Mount Hook, ma la cosa si fa complicata, così decido di tornare sui miei passi per un tot. di miglia, e ciò facendo comincio ad adocchiare eventuali possibilità per la sosta notturna. Alla seconda opzione che mi si presenta emetto giudizio positivo: Rest Area alle porte di Hood River, la località dalla quale parte The Mt. Hood Scenic Byway.


Diversamente da ieri, oggi la giornata è soleggiata sin dal mattino: giusto quel che ci vuole per andare in quota. Nella fase di avvicinamento il vulcano non è completamente visibile, ma sicuramente lo sarà più tardi, quando il sole sarà riuscito a diradare le nuvole che attualmente impediscono di coglierne la vetta.


Il paesaggio delle colline è molto ingentilito dalla coltivazione della vite e dai frutteti: questa è una zona fertilissima, molto ambita dai pionieri, che si impegnavano in un avventuroso viaggio della durata di un anno pagando cifre non indifferenti agli organizzatori del trasporto (mutandis mutanda, questo mi ricorda un po' il passaggio dall'Africa all'Italia operato dagli scafisti) per potersi accaparrare un lotto di terreno in quest'area.



Appena incrocio la postazione dei Rangers mi fermo per chiarimenti: il mio quesito verte sulla possibilità di avvicinare i ghiacciai come ho potuto fare negli altri luoghi visitati. La tipa con la quale parlo, quando le spiego con che veicolo sto viaggiando, dato che la strada non è pavimentata per i 2/3 del percorso, interpella il suo capo. Questi esce per visionare il Nomade e non esita a buttarsi a terra per verificare la distanza dal suolo dello chassis e la consistenza delle coperture: dopo essersi accertato se ho la gomma di scorta ed il necessario per effettuare una eventuale sostituzione, mi comunica che, prestando molta attenzione ai numerosi Bump e guidando lentamente, dovrei farcela.
Lascio i Rangers con qualche perplessità, e visto che il tempo non sta migliorando decido di percorrere comunque la parte pavimentata e poi vedere le possibili evoluzioni.




Da quando mi immetto sulla Spur che consente l'avvicinamento massimo al ghiacciaio denominato Eliot, Mt. Hood resta fuori dal campo della visibilità; incoraggiato dal fatto che alla mia quota c'è il sole e che non c'è nessuno sul percorso, terminato il tratto pavimentato affronto quello solo battuto.


Avanzo utilizzando il secondo rapporto non tanto per la pendenza quanto perché il fondo è veramente insidioso. Negli ultimi 5 km. i Bump si fanno molto più frequenti: con questo termine sono qui chiamati gli invasi che consentono all'acqua di scendere a valle, hanno una profondità variabile e vanno presi di taglio, praticamente da fermi! Mentre salgo mi rendo conto che un incendio ha danneggiato un'area enorme di foresta in tempi a me sconosciuti, anche se alla vista sembrerebbe cosa accaduta abbastanza di recente.
Per coprire i 15 km. non pavimentati impegno parecchio tempo, ma questo non ha oggi giocato a favore perché, come arrivo in cima e posso vedere il vulcano, esso resta assai coperto: comincio quindi a comprendere il perché del nome che porta, ma sono fiducioso e quindi mi impegno in altre attività, osservando ogni mezz'ora la situazione.




Tira un forte vento con folate che fanno ballare il Nomade, quindi resto fiducioso sino alle 14, quando capisco che oggi non è giornata: infatti la situazione va peggiorando!



Con più attenzione che all'andata affronto la discesa, ed una volta a valle continuo nella direzione Portland in quanto, dopo 30 km., vi è la strada ufficiale e comoda per raggiungere Mt. Hood da un altro versante. E' incredibile come a valle ci sia un bel sole caldo mentre il vulcano rimane “incapucciato”.



Persistendo questa situazione proseguo direttamente per Downtown raggiungendo l'area urbana attorno alle 17: il grande traffico in uscita mi fa ben sperare, purtroppo GPS non recepisce l'indirizzo che inizialmente imposto: SW Sixt Av., allora gli passo 6th Av. SW e questa la accetta. Dopo circa un'ora nel traffico che in realtà c'è anche nella mia direzione di marcia, quando manca poco all'arrivo mi rendo conto che non sono stato indirizzato dove volevo arrivare. Non gli do tutti i torti, perché Portland ha una ripartizione stradale che è semplice (penso e spero) per chi ci vive, ma non è così semplice per il viaggiatore.



Impostando una via del centro diversa, GPS accetta e riconosce subito l'indirizzo, così, muovendomi sempre in un bel traffico (eppure questa città non è abitata da più di 500.000 anime!) arrivo a destinazione: girando su strade limitrofe trovo un parcheggio (qui si paga dalle 8 am alle 7 pm; ora sono le 7 per cui qualche spazio si trova).




Intendiamoci, la città descritta da L.P. È differente da quella che ho visto io, ma devo anche dire che in diverse occasioni ho trovato Lonely Planet completamente inattendibile.



Mi sono limitato a pattugliare Downtown e a cercare di sentire gli umori: non ho trovato questo modello urbanistico tanto decantato, e i grattacieli ci sono, anche se decentrati rispetto a Downtown, così come non mi è assolutamente sembrata una città da girare in bici a causa delle salite ardite che il Nomade ha dovuto affrontare con il primo rapporto!






La gente che ho visto muoversi era di tutti i tipi, con una buona presenza di quella apparentemente un po' sballata, quella che va a rovesciare i contenitori alla ricerca di qualcosa, lasciando tutto il rovistato a terra, segno di un disagio sociale piuttosto marcato che caratterizza ormai diffusamente le civiltà del benessere.



Nel contempo ho visto anche i giocatori di scacchi, i gruppi musicali di strada, i famosi “ristoranti etnici”, alcune vetrine interessanti, la tecnologia delle pale eoliche applicata sul tetto di un quasi grattacielo, ma non ho messo piede nella zona più commerciale, anzi, ho deciso che quanto visto mi sarebbe bastato e mi sono allontanato alla ricerca di posti più quieti, trovando la soluzione adatta per la sosta notturna verso le 20.30  a Cedar Mill, sulla strada che ho imboccato per raggiungere Oregon Pacific Coast.


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