E' già il pomeriggio inoltrato di domenica 27 maggio: sono circa le
18 ed ho appena terminato il lungo, faticoso e complesso lavoro
tendente a mettere Il Nomade in condizione di muovere per quella
parte di mondo normalmente identificato come America.
Sì,
è arrivato il momento di questa partenza contrassegnata da segnali
di profonda ambivalenza, sia generati al mio interno che provenienti
dall'esterno.
Perché
è vero che il progetto del grande viaggio è stato cullato
amorevolmente da anni, tanto da considerarlo l'evento significativo
di quella parte di vita che ancora mi verrà concessa, ma è
altrettanto vero che prima di iniziarlo ho fortemente voluto andare
in Africa Nord Occidentale.
I
tre mesi impegnati lì, vissuti come per un appuntamento stabilito
dal destino già negli anni settanta per una manifestazione di
fantasie ancora giovanili, si sono impadroniti di una parte di me
tenuta più o meno latente; questa ne ha approfittato per svilupparsi
rapidamente, espandendosi sia nel cuore che nella mente dell'anziano
prototipo umano frutto di darwiniana evoluzione costantemente
perseguita.
Ecco allora concretizzarsi quella che si potrebbe chiamare l'apertura di una finestra su uno scenario inatteso, l'opportunità di dare un senso più nobile alla propria aspettativa di vita residua, la possibilità di rimanere vivacemente attivo sviluppando un progetto nel quale impegnare le proprie inesplorate capacità, la propria volontà, la propria conquistata essenzialità al servizio di chi, pur disponendo di altrettanta capacità, volontà ed essenzialità, si è trovato suo malgrado a vivere in luoghi attualmente dotati di minori risorse da offrire all'individuo per la propria sopravvivenza: il riferimento è a quelle genti che vivono nella “brousse”, il deserto del Sahel, sparpagliate in territori distribuiti in varie nazioni dell'Africa Nord Occidentale, accomunate da una cultura piuttosto incontaminata incentrata in un sistema di vivere la vita attimo per attimo, nella speranza quotidiana di poter disporre di quanto basta per sopravvivere, spinte a guadagnarsi un altro giorno per guardare l'altro negli occhi capendone l'anima.
Ecco allora concretizzarsi quella che si potrebbe chiamare l'apertura di una finestra su uno scenario inatteso, l'opportunità di dare un senso più nobile alla propria aspettativa di vita residua, la possibilità di rimanere vivacemente attivo sviluppando un progetto nel quale impegnare le proprie inesplorate capacità, la propria volontà, la propria conquistata essenzialità al servizio di chi, pur disponendo di altrettanta capacità, volontà ed essenzialità, si è trovato suo malgrado a vivere in luoghi attualmente dotati di minori risorse da offrire all'individuo per la propria sopravvivenza: il riferimento è a quelle genti che vivono nella “brousse”, il deserto del Sahel, sparpagliate in territori distribuiti in varie nazioni dell'Africa Nord Occidentale, accomunate da una cultura piuttosto incontaminata incentrata in un sistema di vivere la vita attimo per attimo, nella speranza quotidiana di poter disporre di quanto basta per sopravvivere, spinte a guadagnarsi un altro giorno per guardare l'altro negli occhi capendone l'anima.
Rientrato
alla mia base ai primi di marzo, sono stato preso da dubbi circa il
mio viaggio attorno al mondo: da una parte ho percepito l'attrazione
che continua a ingenerare in me ciò che ho trovato in quella parte
di Africa, dall'altro parte ho incontrato una serie di difficoltà
quasi quotidiane per riuscire a portare Il Nomade oltre Atlantico,
tanto che sino a pochi giorni fa, in carenza di una soluzione ad uno
dei tanti problemi, sono stato sul punto di gettare la spugna e
modificare l'itinerario.
Poi
ho riflettuto ancora ed ho pensato che eventualmente avrei potuto
semplicemente utilizzare una nave successiva per l'imbarco
nell'attesa della maturazione della soluzione.
Mercoledì
scorso, dopo che tutte le ricerche di aiuto da me indirizzate ovunque
si erano rivelate vane, ho avuto un primo segnale di disponibilità
dal New Jersey che ho coltivato immediatamente, sino poi a
raggiungere l'obiettivo: a quel punto anche l'ultimo cerchio si è
chiuso ed ho così potuto decidere di mollare quella catena che mi ha
tenuto all'ormeggio.
Ora
mi sono convinto che è meglio non avere programmi definiti, in modo
da poter scegliere con maggiore selettività il da farsi in ogni
momento, senza dare una costanza di continuità alla mia permanenza
in un continente piuttosto che saltare in un altro, continuando
intanto a portare avanti il lavoro impostato con Bambini nel Deserto,
ma mantenendo la giusta distanza, quella che ti consente di dare il
meglio conservando un'ottica realistica, senza subire le pressioni
emotive: capisco che queste sono solo parole ragionate, il resto si
vedrà!
Anche
in occasione di questa partenza, a testimonianza del fatto che il
nome che si è data la ONG non comporta esclusivamente interventi di
soccorso in Africa, trasporterò del materiale sanitario destinato ad
un piccolo ospedale organizzato in Nicaragua da due medici volontari
italiani poco tempo fa: mi auguro soltanto di poter ricambiare la
fiducia rappresentata tangibilmente dal materiale affidatomi
riuscendo a portare a buon fine la missione entro termini di tempo
ragionevoli.
Dovrò
compiere un lungo itinerario per raggiungere Zeebrugge, il porto di
Brugge (patrimonio UNESCO) che si trova nel Belgio.
Da
lì Il Nomade partirà alla volta del porto di New York - che poi è
Newark in NJ.
Una
volta espletate le pratiche di spedizione e assolte le formalità
doganali esso sarà affidato alla compagnia Wallenius Wilhelmsen
Logistic che provvederà ad imbarcarlo sulla propria nave Turandot
che effettua servizio ro.ro (roll in roll out), in partenza il giorno
3 giugno, previsto arrivo a NY il 13/14 giugno.
Quindi
il primo pit stop avverrà presso la sede di Bambini nel Deserto a
Modena.
Seguirà
un altro pit stop a Paderno Franciacorta per piccoli interventi da
effettuare in officina e rimasti sempre in sospeso.
L'itinerario
ottimale consigliato da google per arrivare alla meta prevede
l'attraversamento della Svizzera con proseguimento in Francia, per
poi raggiungere la meta: la mia scelta sarà un'altra.
Quindi
via per il Nord attraversando l'Austria, entrando in Germania da
Reutte e risalendola sino ad Aachen, girando a sinistra in direzione
Eindhoven, entrando poi in Belgio per arrivare a destinazione dopo
almeno 1.750 km. al costo del solo gasolio, in quanto è ormai per me
consolidata da tempo la scelta di evitare il salasso dei pedaggi.
In
realtà penso che mi consentirò la Vignette per l'Austria (minimo 10
gg. per € 8, escluso il tratto Brenner-Innsbruk che eviterò con
cura in quanto escluso dalla Vignette), mentre in Germania ed in Belgio è risaputo che non esistono.
Il
tutto dovrà avvenire entro mercoledì, in modo da sbrigare ogni
pratica giovedì in mattinata e, se non ci saranno intoppi, poter
correre all'aeroporto Charleroi per essere accettato sul volo Raynair
della sera in partenza per Orio al Serio.
Ciò
che avverrà dopo sarà la prenotazione del volo che mi ricongiungerà
con il Nomade, la prenotazione di un albergo funzionale a ciò che
dovrò affrontare laggiù, e poi ...on the road, nel vero senso della
parola.
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