martedì 14 febbraio 2012

08 & 09.02.2012 Faidout & Mbodiène


Al risveglio dopo una notte "bien dormi", prima di apprestare il Nomade al viaggio, metto in pratica ciò che mi frullava nella mente sin da ieri sera: scrivo due dichiarazioni a favore di Babacar, la prima per investirlo della tutela dei miei interessi casomai la gendarmeria dovesse riuscire in qualcosa, la seconda per consentire a Babacar di detenere la panca, ma nel caso arrivasse del denaro, lasciando indicazioni su come suddividerlo e cosa farne (nominando destinataria di una metà Ndeje – l'indecifrabile decifrata).
Babacar suggerisce di ripassare alla Gendarmeria per aggiornamenti, ma giunti sul posto il responsabile, con il quale avevo parlato precedentemente, non si è ancora presentato. Così avvicino una boutique orange per sistemare il telefono perché da ieri sera gli è scaduto il credito; poi altro giro alla gendarmeria dove nulla è mutato, quindi, nell'accompagnare Babacar, questi mi dice:
a) che rifiuterà l'eventuale restituzione di quattrini per lasciare in cella il falegname;
b) che sa che si dovrà battere con Samba la prima volta che si incontreranno.
Specifico che lui non è autorizzato a rifiutare il denaro perché il credito mi appartiene, salvo farne uso per come ho disposto. I saluti sono pieni di auspici ed auguri, la stretta di mano è forte, ma non c'è trasporto. 
Ogni volta che si saluta qualcuno si dicono un sacco di cose che sarà poi difficile mantenere, così come anche in questa occasione. Inoltre, prima di lasciarci, è come se Babacr avesse fatto il ripasso di queste giornate trascorse insieme, elencando tutte le vicende negative che lo ha visto protagonista, dalla scelta dell'ingordo meccanico (ha subito l'indicazione di Mattar, lui mi avrebbe portato alla missione cattolica dove ci sono validi meccanici e avrei potuto dialogare fra bianchi), per finire alla vicenda con Samba, da lui consigliato come capace e onesto.
Non ne è stata azzeccata nemmeno una, visto che lui è convinto che il meccanico abbia esagerato
nella richiesta per la sua prestazione, che la panca, alla luce dei fatti, sarebbe stata da acquistare al
volo e che l'episodio “Samba” si è rivelato essere quanto di peggio potesse accadere.
Ma nonostante tutto ciò, capisco che l'uomo ha una sua rigida dirittura morale, ereditata dal sangue paterno, che lo fa diverso dagli altri, al punto da aver scelto di vivere isolato perché in Senegal pochi accettano e/o condividono il suo modo di pensare.
Alla fine il mio comportamento è risultato in linea con quello che sono, forse troppo fiducioso negli altri, specialmente in questa parte del mondo dove mi trovo, ma per me è anche l'unico modo per vivere, senza dover temere costantemente qualcosa che impedisce di cogliere ciò che ti circonda.
Circa Ndeje, mi sono soffermato a pensare a lei dopo le varie conversazioni; forse è solo una persona che si aspetta, in linea con le sue credenze religiose, soluzioni per la propria vita provenienti dall'esterno, per volontà di Allah, così come tutte le persone che abbracciano la stessa fede. Mi sono convinto che sia proprio anche la religione a condizionare l'evoluzione di queste popolazioni, le quali hanno un comportamento come se non fossero mai cresciute al loro interno, come se non avessero autonomie, sempre dipendenti dalla gerarchia della grande famiglia.
Prima di lasciare Kaolack ho visto gruppi di ragazzini a piedi nudi, sporchi e mal vestiti, circolare con una ciotola in mano; ho voluto chiedere espressa conferma della mia ipotesi a Babacar, il quale ha confermato: si tratta dei piccoli di famiglie povere affidati ai Marabout per l'istruzione, da questi tenuti come piccoli schiavi al proprio servizio, inviati per le strade ad elemosinare avendo imposto ad ognuno un minimo giornaliero da portare a casa per non subire punizioni di qualsiasi tipo. Ero informato di ciò, e sono anche a conoscenza dell'impegno di certe ONG per sottrarre i piccoli a quel modo di vivere, con il costante pericolo di accendere la miccia della guerra di religione.
Mi allontano da Kaolack in una mattinata che presenta le stesse caratteristiche delle ultime,con il vento che soffia dal sahara rendendo tutto nebbioso. La direttrice di marcia è quella per Dakar, il traffico si fa sempre più intenso più avvicino Mbour, la presenza di police e gendermarie non indifferente. Sono invitato a fermarmi più volte, anche se poi tutto si risolve senza alcun controllo, ma devo stare molto attento per non incorrere nella benché minima infrazione onde non dare adito ad interventi che possono sfociare in richieste personali (quattrini,mance), la parte di questo viaggio per la quale mi sento meno portato.
Intuisco di essere giunto a Mbour, anche se non ne ho visto il cartello, e mi metto alla ricerca della direzione per Fadiout; intuitivamente avevo capito dove avrei dovuto girare, ma la fiducia nella cartellonistica che non c'è mi fa fare un percorso più lungo. Becco uno spazio ombroso a fianco ad una missione cattolica e mi metto in pausa; credo di aver capito che il 5% di cristiani del Senegal deve essere concentrato in questa zona a vedere le chiese e le congregazioni dislocate in maniera consistente lungo questa costa, chiamata “petite cote”.
Quando riprendo a viaggiare sono deciso ad arrivare direttamente a Joal per concentrare la mia attenzione alla visita dell'isola di Fadoiut, raggiungibile a piedi attraverso un bel ponte in teck. L'isola è formata interamente da conchiglie di molluschi che qui vivevano migliaia di anni addietro, ed ancora adesso ce ne debbono essere parecchi dai contenitori pieni che ho visto in giro e dalle donne a mollo intente nella relativa pesca.
Prima però devo parcheggiare, operazione che riesco ad effettuare poco lontano dal cul de sac dove inizia il ponte; evidentemente sono stato notato da qualcuno che mi avvicina appena sceso cominciando con varie proposte, tutte rifiutate, accontentandosi di guardare il veicolo mentre sono assente. In realtà mi propone anche di sostare per la notte poco lontano da lì, dove sostano normalmente i camping car; chiedo se ora ce ne sono e la risposta è negativa, pertanto la soluzione non mi convince del tutto e non accetto.
In realtà non è semplice raggiungere in autonomia la località in quanto bisogna superare la postazione delle guide e delle piroghe organizzate dove Boubacar Kamara, uno dei tre coordinatori, fa di tutto per riuscire a vendermi qualcosa, poi le postazioni sparse delle guide autonome e le altre dei piroghieri autonomi. Sono riuscito a rifiutare tutti gli “aiuti”che mi sono stati proposti con grande forza di persuasione dai vari interlocutori utilizzando l'altrettanto forte mia convinzione che senza filtri vai dove preferisci, incontri chi vuoi e parli con chi vuoi, ti senti capace di scoprire le cose, se ne perdi qualcuna, pazienza. 
Capisco che questa gente deve lavorare, ma il loro campo di caccia sono i turisti con budget di spesa più o meno ricco, quelli che frequentano le realtà alberghiere costruite apposta per loro, numerose in questa parte della costa, mentre io sono un viaggiatore a piedi con budget di spesa povero: si tratta di riuscire a trasferire il concetto, ed oggi mi è pienamente riuscito, avvalendomi anche del fatto che il lavoro che sto eseguendo è di tipo giornalistico e che l'eventuale libro che alla fine potrebbe uscirci non può prendere forma se non dalle esperienze dirette e personali, le uniche che possono far trasparire i miei sentimenti.
Ed è così che, superato il lungo ponte che la collega a Joal, metto piede a Fadoiut; l'atmosfera che percepisco mi affascina immediatamente, l'ambiente è ricco di uccelli marini di varie dimensioni e di gente attenta alle proprie occupazioni. 





Certo, ci sono i venditori di ogni cosa ideata per il turista, e sono numerosi, ma tendenzialmente pacifici; 

ho trovato piacevole parlare con alcuni ricevendone indicazioni utili e storie della loro vita, come quella di Edouard, apparentemente giovane e invece già quarantatreenne, due figli di nove e sei anni, una moglie che lo aiuta predisponendo quei monili che espone a terra, indossa una t shirt del Milan; 
alla mia domanda se il lavoro va bene mi racconta della sua vita, attualmente residente qui, ma in precedenza imbarcato per 12 anni su navi da pesca battenti diverse bandiere e operanti al largo della Mauritania. 
Ora non c'è abbastanza pesce e non lo ingaggiano più, quindi se la cava occupando il suo tempo al meglio, ora venditore, in altri orari pescatore, al momento opportuno agricoltore. 


Mi sembra appagato della vita che conduce, si accontenta di quello che ha. Mi conferma che la presenza dei missionari cattolici si è concentrata qui perché a Dakar non era stato loro possibile resistere, pertanto l'area è abitata da molti seguaci di Cristo che qui convivono pacificamente con i seguaci di Allha, svolgendo le varie quotidiane attività fianco a fianco. 

La conversazione è stata di reciproca soddisfazione, e lui, prima del congedo, ha voluto prendere due monili dalla sua esposizione e farmene dono: è la prima volta da molto tempo che ricevo un omaggio quando meno me lo sarei aspettato, penso sia stata la manifestazione della forza del cuore di due individui entrati in contatto profondo con grande facilità e naturalezza, dandosi reciprocamente fiducia! E questo per aver conversato per un po' di tempo senza prevenzioni.





 


Anche sul ponte, che raggiungo percorrendo altre stradine di conchiglie, ho modo di scambiare un bel dialogo con un ex piroghiere; 
Alfred Sarr è il suo nome, è un ultra quarantenne quando al massimo gli avrei dato trentanni, parla un buon italiano e mi spiega che lo ha imparato da solo, dopo la conoscenza di truppe italiane venute qui per un'esercitazione tempo addietro. Ha mantenuto i contatti con alcuni, scambia lettere, è felice di poter parlare con me perché è da tempo che non gli capita, mi chiede di scrivergli affinché lui possa rispondermi.
Non ne ho incrociati molti, ma tutti i turisti che ho visto erano rigorosamente tenuti al guinzaglio e pilotati come i ragazzini oggi in Europa sono abituati a comandare i loro modellini giocattolo.
Mi sento in dovere di tornare all'ufficio del turismo per comunicare quanto sia rimasto contento della visita eseguita a modo mio; lo chef, sorridendo e chiamandomi per nome, mi saluta calorosamente. 



Salito sul Nomade mi rendo conto che mi sono trattenuto quanto basta, ma il tempo è volato e devo trovare in fretta dove sostare per la notte. Lungo la strada e sulla guida ci sono solo indicazioni di alberghi, dai prezzi mediamente per ricchi, quindi, appena adocchio una pattuglia di gendarmi sotto il solito albero dove usano sistemarsi, li avvicino ponendo il quesito. Non sono molto informati, alla fine mi dicono di portarmi verso il Laguna Beach, virando a sx un po' più avanti. 
In effetti è ciò che faccio, ma questo Laguna Beach non suona bene alle mie orecchie; arrivato in zona vedo l'indicazione anche di un altro insediamento, Plain Soleil, che mi sembra più adatto; appena imboccata la strada un tale mi chiede se sto cercando il luogo per la notte. Lui è guardiano di alcune delle case che i francesi detengono fronte laguna, mi informa che spesso ha fatto parcheggiare sotto la sua sorveglianza veicoli come il mio e mi invita a verificare la posizione.
In effetti, fronte laguna con uccelli acquatici all'opera e barchetta all'ancora, giovani mangrovie sullo sfondo, la postazione si presenta tutta all'ombra , fresca e leggermente ventilata: una delizia.
Prima di decidere desidero verificare le altre possibilità , contando sulla possibilità di connessione wifi. Il tipo, tale Mamadou Djim Dieye, in maniera molto educata, da persona abituata a trattare con il bianco, si offre di accompagnarmi. 
Primo stop al Laguna Beach, luogo improponibile: mi offre il parcheggio e la cena, escluso bevande, a 30.000 CFA. Secondo stop al Plain Soleil, anche questo improponibile perché non accessibile dal Nomade. Ecco effettuata la scelta, accetto la sua soluzione. Prima di ritirarmi parliamo un po', così vengo a sapere che pure questo non è giovane, ha quarantaquattro anni, si è fatto un periodo nell'esercito e perciò ora può svolgere questa professione, non è sposato, la famiglia è numerosa per il rientro di una sorella divorziata con tutti i suoi figli, sorveglia 10/12 case guadagnando 40.000 CFA mese, ciò che rappresenta l'unica entrata per tutto il nucleo.
Ci lasciamo per la notte, notte che, dopo tanto tempo, risulta così fresca da aver bisogno di una copertina verso mattina.

Il luogo è veramente tranquillo, il risveglio è accompagnato dai richiami delle varie specie di uccelli e sono tentato di sostare ancora una notte, anche se devo fare i conti con le esigenze tecniche del Nomade.

Per cominciare mi reco al villaggio in compagnia di Djim per acquisti, lì effettuo anche una breve escursione constatando che l'85% della popolazione è cattolica, ogni quartiere dispone di un altare su strada con una madonna esposta, regna la tranquillità, donne espongono principalmente verdure e pesci in vendita, il villaggio è caratterizzato da proprietà cintate da canne di miglio intrecciate e da moltissimo ondulato metallico, spesso arrugginito. Vi sono alberi di diverse essenze, molti da frutto, inclusi degli agrumi. 


Vengo a sapere che il terreno è molto fertile e tutto cresce con facilità. Riposizionato il Nomade mi do alla cucina, offrendo quanto cucinato anche a Djim e ad altri due soci, così come il successivo caffè.


Nel durante squilla inaspettatamente il portatile; è Babacar che si interessa di me e mi informa che non ci sono novità da parte di Samba, esattamente come mi attendevo. 


Mi comunica che mi chiamerà tutti i giorni per sapere di me; è certamente un'attestazione di amicizia, ma a me sembra si possano celare altri scenari dietro a questo.

Ora sto scrivendo queste note di fronte alla laguna, all'ombra, con un venticello che sta diventando freddo, mentre gli uccelli continuano la loro attività, seduto, per la prima volta da che sono in viaggio, sulla sedia da regista trasportata nel garage, in piena armonia con ciò che mi circonda.


Più tardi torno al villaggio per acquisti, questa volta parcheggio dove avevo acquistato stamane il pane e poi giro a piedi a largo raggio, ponendo quesiti e ricevendo risposte da Djim; l'uomo mi sembra sveglio, informato sui fatti del mondo, non mi sembra ami troppo la Francia ed i Francesi, è in contatto via internet con amici in vari paesi d'Europa, oltre al francese parla l'inglese e forse un po' di spagnolo: mi sembra sprecato nel lavoro che svolge, anche se la mia è più un'impressione che altro, e poi bisogna tener presente di ciò che offre la zona e se mi ha raccontato tutta la verità quando mi ha raccontato di se.

I ragazzi che sono presenti quando riprendo il Nomade, se ho capito bene quasi tutti figli della venditrice del pane, mi osservano e, fra questi, una ragazzina molto graziosa e intraprendente mi chiede di poterlo visitare; 
forse in Senegal la gente è più curiosa rispetto ai paesi precedentemente toccati, ma qui è un susseguirsi continuo di visite e di apprezzamenti, anche se a nessuno comunico quanto mi è costata questa maison su ruote, informando esclusivamente sul fatto che è il risultato di tanti mesi di lavoro eseguito anche con le mie mani.
Dopo il villaggio raggiungiamo la laguna; qui mi è spontaneo chiedere, vedendo le case dei francesi, grandi e con parecchio terreno attorno, cosa costerebbe oggi fare qualcosa di simile, mi risponde che servono 100.000.000 CFA = € 150.000,00. 


Replico che con quella cifra dalle mie parti si possono comprare esclusivamente dei boxes, allora il discorso si amplia e mi informa che il terreno fronte mare costa immensamente di più di qualsiasi altro disponibile nel villaggio, dove tutto è più comodo da raggiungere. 


Dopo averlo messo al corrente che il villaggio ha suscitato il mio interesse, per curiosità gli chiedo quali sarebbero le quotazioni nel villaggio; mi parla di 6.500.000 CFA per terreno e costruzione = € 10.000,00 (una frazione del costo del Nomade), tutto più piccolo rispetto a ciò che sto vedendo fronte laguna, corrisponde ad un importo inferiore anche a quello indicato da Davide per una casa nel deserto del Marocco, fronte dune. 
In proporzione all'Italia, per un residente che si comporti come ho fatto io stamane, cioè che si avvalga dei prodotti del posto, qui la vita costa poco. 

Mi parla di francesi che vivono qui tutto l'anno, altri che vivono qui per lunghi periodi, affittando a terzi nei mesi in cui non ci sono, mi spiega che d'estate la temperatura non è così elevata (mi ha parlato di 30° che a me sono sembrati pochi), che la stagione delle piogge non procura danni, insomma, quasi un paradiso in terra per il quale fare qualche riflessione.
La giornata è in fase di conclusione, mi riguardo le foto odierne mentre fantastico su un piccolo sub-villaggetto, tipo Mbodiène 2, elaborato su piccole dimensioni individuali, ma sviluppato verticalmente su tre piani fuori terra in modo che quello più alto, ricoperto in paglia, ma dotato di un sistema per poterlo chiudere in caso di necessità, funga da soggiorno con vista, meglio se con vista verso la laguna.


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