Il
contachilometri è fermo da giorni a 230.557 km.; quindi il viaggio
su strada percorsa autonomamente posso affermare ufficialmente che è
terminato dopo km. 12.307 dal via, nel più profondo sud del Marocco,
questo è un dato che ormai non può più cambiare: è stato come ha
voluto chi decide delle nostre vite, usano sempre dire i musulmani,
inch'Allah, o, come la vedo io, l'usura di in componente meccanico
con circa 22 anni di vita.
Vivere il
momento presente, essere il regista della propria vita, usare la
flessibilità necessaria per effettuare gli opportuni aggiustamenti
senza alcuna recriminazione quando qualche cosa va in modo diverso da
come previsto: questa è un'altra sfaccettatura dei molteplici modi
di affrontare la vita, ma è quella alla quale sono approdato dopo un
lungo percorso, quando il cammino ancora non ti stanca e mantieni la
capacità di sentire gli stimoli che ti fai muovere al tuo interno.
Forse non è
una sfaccettatura completamente contrapposta, ma sicuramente è molto
lontana da quella dominante nell'Africa che ho potuto conoscere.

Stamane ho
usufruito della cortesia della Fiat per una connessione via cavo che
mi ha consentito di aggiornare il blog e la posta; successivamente,
quando hanno capito che la mia scelta non sarebbe stata utile ai loro
interessi, mi è sembrato di percepire un atteggiamento di minor
disponibilità, come quando ho chiesto di sollevare con il crik il
Nomade onde sistemare delle parti meccaniche che toccavano terra a
causa della mancanza degli ancoraggi: in tutta la giornata ciò non è
stato possibile! In ogni caso debbo dire che tutto il personale ha
cercato di agevolare la mia sosta così come quella di tutti gli
altri VR (veicoli ricreazionali) che giornalmente qui approdano:
questa organizzazione Fiat funziona come l'area box del pit stop, c'è
un via vai continuo, oltre a quelli che devono forzatamente sostare
in attesa dell'arrivo di qualche pezzo di ricambio.

Un fatto che
mi ha colpito in quest'angolo di mondo, dove si vive la religiosità
come una regola quotidiana, anche un pò stressante, con le sue
plurime chiamate nelle diverse fasi della giornata, è la presenza
ovunque di muri di cinta, di finestre protette, di guardiani diurni e
notturni; attraverso questo aspetto ho percepito la mancanza di
fiducia fra individui, anche all'interno della grande famiglia
(tribu), dove il rispetto della gerarchia impone ancora oggi ad un
maturo quarantenne di seguire i consigli, leggi le scelte, imposte
dal genitore in primis, dai parenti maschi anziani in secundis: mi
sembra una civiltà dove non si cresce mai sia perchè tutto è
deciso sempre e comunque dalla volontà di Allah, sia perchè il
concetto di autonomia è soppresso dalle forme mentali autorizzate.
Il che vole
anche dire: assunzione di responsabilità personale pressocchè pari
a zero!
Nel
pomeriggio, dopo aver eseguito un giro ad ampio raggio con la bici,
alla ricerca della Medina Politzi (in realtà il nome le deriva da
quello dell'architetto italico che la progettò ai tempi della
ricostrzione della città, tale Polizzi), mancata per un soffio, ho
poi fatto sosta da Marjane, a causa di inesattezze riscontrate sulla
ricevuta relativa agli acquisti di ieri; mentre stavo dipanando la
matassa sono stato contattato prima dal centro assistenza in Italia,
poco dopo da quello marocchino. Praticamente sono stato messo al
corrente circa il fatto che il camion del soccorso destinato a
portarmi a Tangeri era già per strada! Sono rimasto sorpreso dalla
notizia, dopo che, soltanto due giorni fa, mi era stato anticipato un
lungo periodo di attesa: meglio così, anche se sono stato preso
leggermente in contropiede.
Quindi niente
Essaouira, nè Sidi Ifni, nè Marrakech: "a la prochaine fois",
inch'Allah!
E niente
Valencia, Malaga, Granada, Barcellona, tutte località che mi ero
riproposto di visitare nuovamente durante l'itinerario di rientro.
Giusto il
tempo di completare gli acquisti, di caricare il tutto, bici inclusa,
su una specie di porter e, in men che non si dica sono arrivato a
casa, dove ho trovato il camion già pronto per operare. Riposte le
cose in tutta fretta, rimessa la scatola del cambio nel garage,
immediatamente il cavo d'acciaio si è teso cominciando a trainarmi
lentamente sulla piattaforma destinata a sorreggere il Nomade durante
il trasferimento.
Una gioviale
coppia francese con amici a Lucca, con la quale avevo già avuto modo
di dialogare, è venuta a salutarmi fin che poi il camion si è
staccato dal marciapiede.
Il veicolo è
lo stesso che mi ha soccorso a Dakhla, l'autista, da domani mattina,
sarà pure lo stesso, mentre ora stanno operando altri due che mi
hanno portato a sostare per la notte su un bel piazzale autostradale
della Total, ove sono parcheggiati altri mezzi della loro ditta, in
modo da essere pronto nella direzione di Marrakech che si imboccherà
domattina.
Mi è stato
indicato come buono l'orario delle 8.00, ma ormai sono consapevole
dell'elasticità contenuta in questi tipi di affermazioni.
Il luogo mi è
subito sembrato il posto giusto per effettuare alcune operazioni
tecniche senza dare fastidio a nessuno; poi è calato il buio e non
mi è rimasto altro da fare che cucinare qualcosa da avere pronto
durante il viaggio.
Nel
trascorrere l'ultima notte nella zona di Agadir, che ho trovato ben
organizzata e con tanto verde attorno, mi trovo a pensare che
mercoledì verso mezzogiorno sarò già sulla nave che mi riporterà
a casa, perchè una casa ancora ce l'ho! O forse non ce l'ho più da
tempo, a Sestri mi è rimasto solo un pò di terreno con degli ulivi
e quattro mura.
Spesso ho
sostenuto di essere una persona "déracinés", affermazione
che per me ha sempre avuto una valenza positiva, anche se ho visto
altri inorridire al mio dire; ora credo di aver accresciuto questo
tipo di sensazione: sono trascorsi pochi mesi, sicuramente senza
pause, vissuti intensamente sia per gli incontri con le persone, sia
per la curiosità di spaziare lo sguardo su luoghi dalla natura così
forte e primordiale, rendendomi conto di come sia sempre la
componente umana a determinarne il degrado, e tutto questo mi ha
fatto comprendere come la modificazione nel mio modo di sentire fosse
già in lavorazione da tempo, quest'ultimo periodo lo ha solo
maggiormente evidenziato.
Qualcuno che
mi legge sul blog mi ha fatto presente che dopo questa esperienza
avrò meno argomenti di critica verso l'italico modo di vivere; ma
per me esiste principalmente il personale, individuale e responsabile
modo di vivere, pertanto rifiuto la generalizzazione, pur prendendo
atto della realtà corrente.
In questi
giorni mi sto dedicando alla lettura di un testo scritto da Tara
Bennet-Goleman dal titolo: "Alchimia Emotiva", sottotitolo
"come la mente può curare il cuore", con prefazione del
Dalai Lama. Si tratta di un libro innovativo e profondo, nel quale le
ultime scoperte delle neuroscienze e della terapia cognitivistica si
fondono con gli antichi insegnamenti del buddhismo.
La scelta di
questo tomo è venuta a cascata dopo aver già letto "Intelligenza
emotiva" scritto da Daniel Goleman, marito di Tara.
Vi sto
trovando dei passaggi utili ed interessanti, e delle conferme
relative al mio personale percorso, ancora in corso, indirizzato ad
un possibile elevamento spirituale; come sempre quando riscontro in
teorie attuali delle corrispondenze con il passato, rimango
affascinato dalla capacità della mente, per come nei secoli ci sono
state persone capaci di utilizzarla, disponendo della necessaria
libertà per farlo.
Mi sembra che
qui ciò non sia oggi possibile, e non so dire se lo potrà essere in
futuro, visto che i sistemi di comunicazione consentono di essere al
corrente di molte informazioni, peccato che questi stessi mezzi
diffondano anche il peggio di quanto la "nostra" civiltà
ha saputo realizzare, e questo ha una presa incredibile sui popoli
che passano così da una schiavitù ad un'altra, quella dei bisogni
inesistenti, principalmente in mano alle multinazionali.
Alle 8.00 non
si vede nessuno così mi metto a riprendere qualche immagine
fotografica; ben dopo le 9.00 arriva il conducente, ma siamo in
ordine di marcia solo alle 9.45.
Inizialmente
il percorso è tortuoso, deve scalare delle montagne e poi
discenderle, i colori della terra sono diversi e sempre attraenti, la
vegetazione è costituita essenzialmente da piante di Argan;
poi il
paesaggio diventa più desertico per ritrovare i colori del verde
attorno a Marrakech.
Sosta pranzo
alle sue porte, quindi si effettua un tratto di strada su viabilità
ordinaria in mezzo ad una urbanizzazione assai decorosa ma esagerata,
sfiorando l'antico palmeto per il quale la città è nominata ancora
oggi; quando mi accorgo che il conducente, che non dorme da giorni le
ore necessarie, si agita sul sedile di guida esattamente come capita
di fare anche a me quando cerco di contrastare il colpo di sonno,
propongo immediatamente una pausa caffè.
Il percorso
ora è pianeggiante e molto verde;
superata l'area di Casablanca ci
si indirizza nella direzione Rabat e poi Fes Tanger; arrivo a
destinazione attorno alle 22.00: una bella tirata di circa 900 km,
tutta autostradale, anche se a Rabat il collegamento con Tanger è
stato difficoltoso sia per traffico che per lavori in corso.
Ora gestisco
le scorte in modo da tenere spento il frigo durante l'imbarco, quando
non è possibile caricare le batterie tramite i pannelli
fotovoltaici; quindi, dopo cena, preparo quasi tutto ciò che mi
dovrò portare a bordo della nave.
Qui sento
tirare un forte vento e la temperatura a bordo è già sotto i 17°.
Nottata più
temperata del previsto; alle 08.00 sono pronto per l'ultimo trasporto
al di qua del mediterraneo, ma il tempo scorre e non vedo nessuno.
Penso velocemente a tutte le operazioni che devono essere svolte
prima dell'imbarco; mi sembra che siamo già sul tempo limite, perciò
mi decido a chiamare il centro assistenza italico alle 9.15. Poco
dopo vengo richiamato ed inserito in un sistema di conferenza a tre
costituito dal centro italico, quello locale ed il sottoscritto;
vengo così a scoprire che l'imbarco è si per oggi alle 11, ma
quelle della sera, cioè le 23!

Equivoco a
parte, vorrei uscire da questa prigione, ma qui il guardiano non
parla alcuna lingua per me comprensibile, inoltre mi sembrava d'aver
capito che sarebbe venuto qualcuno dall'esterno a liberarmi onde
consentirmi un breve tour in città. Dopo un'altra ora di attesa
ripercorro la stessa trafila; ora apprendo che il guardiano è
autorizzato a liberarmi e ad accompagnarmi dove poter fare qualche
acquisto di base. Mi trovo in una zona di tipo
artigianale/industriale, con tante costruzioni in fase avanzata di
realizzazione; si trova a circa 15 km. da Tanger, ma ci sono anche
palazzi ad uso abitativo dotati di boutiques = modesti negozietti e
ristoranti.
Dopo gli
acquisti decido di restare ancora in libertà, sicchè mi metto ad
esplorare l'area; capisco così che sono alle spalle di Tanger free
zone, ecco spiegato il perchè di tanta security, security che mi ha
fischiato perchè stavo riprendendo delle foto innocue a delle
bandiere ben stese dal vento.
Evidentemente
ogni tipologia di forza dell'ordine qui in Marocco è investita del
compito di dire che va tutto bene, ma deve invece seguire un
protocollo di allerta di un certo grado per ciò che si paventa possa
accadere da un momento all'altro.
Eseguita la
mia perlustrazione torno a casa pensando che oggi ho fatto gli ultimi
acquisti a prezzi che mi dovrò dimenticare in fretta: due grossi
pani tondi e piatti, 6 uova giganti ed una barra di cioccolato con le
mandorle da 150 gr. per 17 D., meno di € 2,00!
Non mi resta
che attendere le 15 per essere caricato su un altro camion che mi
trasporterà a Tanger Port med, il nuovo grande porto dove sono
sbarcato circa tre mesi addietro.

In realtà le
cose si sono poi sviluppate diversamente. Vedendo che non succedeva
nulla, mi sono rimesso alla lettura del libro già citato; solo verso
le 16.30 è arrivato l'operatore il quale, disponendo di un camion
assolutamente inadeguato al trasporto del Nomade, ha dovuto sudare le
fatidiche sette camice per caricarlo, combinando anche un piccolo
inconveniente a causa delle dimensioni troppo contenute del camion.
Niente di grave, ma comunque qualcosa che lo ha subito preoccupato;
si, perché già qui vige un sistema in cui tutti devono sapere di
tutti, ma in un rapporto subordinato è il patron che deve sempre
essere messo al corrente del minimo particolare. Per questo qui i
telefoni mobili sono tanto diffusi, perché la gente sente la
necessità di comunicare in continuazione. Per farla breve, in una
delle varie comunicazioni operatore-patron-operatore, questi aveva
comunicato del piccolo inconveniente accaduto; visto che ad
operazione di carico completata non si partiva, ho chiesto
spiegazioni. Mi è stato risposto che il patron sarebbe arrivato per
constatare il danno causato, lasciandomi intendere che ne sarebbe
andato di mezzo personalmente. Ho così garantito che non avrei
preteso nulla, scrivendolo sulla nota, ma che avrei gradito partire
subito e non attendere le 19.00 come mi era stato anticipato. Altra
telefonata fra i due e poi via.

Il percorso
per raggiungere il porto è di circa 60 km., totalmente autostradale;
la luminosità è ormai quella che precede il calare del sole, mi
consente di vedere quanto è verde questa zona, ma non mi da la
possibilità di riprendere foto di qualità.
Le procedure
di controllo al porto avvengono in maniera abbastanza scorrevole,
anche perché mi sembra esserci ancora meno gente che a dicembre, ma
la dogana impone la verifica allo scanner a tutti i veicoli; ho avuto
così modo di dialogare con il conduttore circa l'altezza alla quale
il braccio dello scanner sarebbe passato sopra ai veicoli, m. 4.65,
praticamente al limite per il Nomade caricato sul camion; infatti
l'operazione si è resa possibile perché il camion è stato fatto
mettere in una posizione dove il terreno si trova ad una quota più
bassa, così da avere più spazio utile per la manovra.

Dopo aver
completato tutti gli obblighi burocratici arriviamo sul piazzale per
l' imbarco dove mi preoccupo di informarmi come deve avvenire
l'operazione di salita a bordo; vengo indirizzato ad un capo
responsabile al quale spiego la situazione, ottenendo una risposta
poco piacevole: i mezzi in panne normalmente non vengono imbarcati,
ma c'è disponibilità a fare un'eccezione, solo che il Nomade deve
essere scaricato dal camion sul piazzale per poi essere trainato da
un muletto, intervento che ha un costo indicato in € 500,00!
Al contrario
di quanto riteneva l'operatore del soccorso e la sua organizzazione,
che probabilmente si atteneva ad una prassi consolidata nel
comunicarmelo, al camion non è concesso entrare nella nave di questa
compagnia. Inoltre, anche se ci fosse stata la disponibilità di GNV,
la testa al toro l'avrebbe tagliata l'altezza massima del varco di
accesso, pari a m. 4.20, assolutamente insufficiente.
Sto correndo
il rischio di non partire, quindi decido di mettere al corrente della
novità l'assistenza italica, mentre il conduttore ha già effettuato
almeno cinque scambi telefonici con il suo patron: quello che dovevo
fare l'ho fatto, ora tocca ad altri impegnarsi per trovare una
soluzione, così, sentiti i morsi della fame, nell'attesa di novità
ne approfitto per addentare quel bel paninone tondo imbottito di
un'ottima frittata con carciofi da me personalmente elaborata poche
ore fa.
Il conduttore,
da buon nordafricano, non ci stà a subire la penalizzazione prevista
da una regola, peraltro assai opinabile, così comincia a lavorarsi
tutto il personale marocchino presente sul piazzale per cercare di
superare l'ostacolo, mentre l'assistenza italica mi tranquillizza
informandomi che si sta cercando di raggiungere telefonicamente il
comandante della nave per trovare una soluzione.
Nel frattempo
il conduttore sembra aver ottenuto il risultato sperato consistente
nello scaricarmi davanti alla nave per poi spingermi al suo interno;
io sono perplesso, anche perché il servosterzo ed il servofreno sono
al momento inattivi nelle condizioni in cui si trova la meccanica del
Nomade. Intanto tutto il personale operativo addetto all'imbarco è
al corrente della problematica, e fra questi ci sono due commissari
di bordo, Rosario e Stefano, che mi avvicinano e gentilmente mi
incoraggiano dicendomi che sicuramente non sarò lasciato a terra
(successivamente, incrociati a bordo, mi hanno comunicato di aver
visto lo scoramento nei miei occhi e hanno pensato che il Nomade, per
il quale hanno manifestato ammirazione sin dal primo momento in cui
lo hanno visto, aveva titolo per essere caricato in tutti i modi),
così come avviene da parte di altri, tutti marocchini dotati di
furgoni che rientrano in Italia carichi di merce da vendere.
Viene il
momento di muoverci per scaricare il Nomade dal camion; è a questo
punto che il capo da me precedentemente interpellato, senza fare
alcun "plissé", mi chiede conferma del fatto di poter
essere agganciato sul davanti, comunicandomi che mi farà entrare
trainato dal muletto. Ricevo anche comunicazione dal centro
assistenza italico che il problema ha trovato una soluzione e che non
si ripeterà allo sbarco la stessa spiacevole situazione.
Bene, dopo
aver personalmente agganciato la corda del muletto al Nomade, mi
metto al posto di guida stando attento a non fare danni. Quando la
corda è in tensione non ci sono problemi, ma quando si rilassa devo
essere pronto sia con freno a mano che con quello a pedale, onde
evitare che la massa del Nomade mi faccia finire contro il muletto.
Alla fine sono entrato e sono stato allocato in una buona posizione:
il triller, così come si era presentato all'improvviso, altrettanto
improvvisamente si è risolto.
Quale
sorpresa, poco dopo, nel rendermi conto che sono stato alloggiato in
una camera che può ospitare sino a tre persone, dotata di finestra
vista mare, roba da ricchi.... tutta per me; e così è spiegato
anche il fatto che il costo di questo passaggio nave è superiore a
quello dell'andata di un buon 50%!
Devo risalire
alla metà degli anni ottanta-sino agli inizi degli anni novanta per
trovare traccia, nella mia "terza" vita, di episodi simili,
che comunque allora avevo vissuto ritenedoli "oltre" la mia
dimensione in quanto coerenti esclusivamente con quella economica del
momento, ma assolutamente incoerenti con quella del mio essere.
Quel periodo è
ormai andato, è stato il viatico per poter passare alla mia "quarta"
vita; ed è così che mi coglie un flash, sento di avere qui
utilizzato la metafora ben raccontata da Kim ki-duk in "primavera
estate autunno inverno".
In realtà lui
ci aveva aggiunto ancora un quadro, a simboleggiare la continuità.
Nella
parabola esistenziale delineata nel film, le cui
tappe di dieci anni in dieci anni sono scandite dallo svolgersi delle
stagioni, l’individuo,
rispondendo di se stesso e di ogni suo atto, emerge come centro
morale assoluto; il regista parla, in contrasto all’immota bellezza
del paesaggio, di una natura umana fallace, violenta e sofferente che
nel processo verso la maturazione trova il suo senso e il suo
riscatto: vien da chiedersi se questa che percepisco come la mia
quarta vita abbia a che fare con quel processo di maturazione così
ben descritto da K k-d., consapevole che nell'ignoto che mi attende
continueranno a non esserci tacche di misurazione. Come questo
viaggio, è andato così come è andato; l'importante è stato
viverlo.